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Stop alla canapa, a rischio 800 aziende agricole

In pericolo anche 14 milioni di investimento della canadese Canapar: lo stralcio dell’emendamento sulla liberalizzazione della cannabis entro un tetto dello 0,5% di Thc dal Ddl Bilancio, ha provocato molti malumori tra gli operatori del settore

di Silvia Marzialetti

(Science Photo Library RF / AGF)

2' di lettura

Mille shop su tutto il territorio nazionale; 800 partite Iva agricole specializzate; 1.500 nuove aziende di trasformazione e distribuzione, diecimila addetti. Sono i numeri della canapa industriale, elaborati dal Consorzio nazionale per la tutela della filiera.

Lo stralcio dell’emendamento sulla liberalizzazione della cannabis entro un tetto dello 0,5% di Thc dal Ddl Bilancio, ha provocato molti malumori tra gli addetti del settore, che vedono sfumare importanti opportunità di business.

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«Il comparto della canapa industriale non ha nulla a che vedere con gli stupefacenti, o con gli aspetti ludici della cannabis – dichiara Stefano Zanda, presidente e co-fondatore di Mj – . Le esternazioni di alcuni politici, poco informati, stanno arrecando danni incommensurabili al settore e minando il suo sviluppo».

Il giro d’affari
La legge per la promozione della filiera è entrata in vigore nel gennaio del 2017. Il volume d’affari calcolato dal Consorzio al 2018 è di 150 milioni di euro e le stime al 2021 su scala europea parlano di 36 miliardi di euro, visto il crescente interesse da parte di vari settori tra cui farmaceutica, cosmesi, alimentare, packaging, edilizia, design. Sempre nel 2018 in Italia sono stati 2500 gli ettari coltivati a canapa e la previsione di chiudere l'anno con un raddoppio delle superfici.

«MJ – dice Zanda – ha pronti 120 contratti di lavoro che verranno sottoscritti il giorno dell’approvazione di una norma che detti regole certe. Entro i tre mesi successivi altre cento persone saranno assunte». Finanza, marketing, produzione, agricoltura e farmaceutico sono le linee di interesse. «Tutti manager che oggi volano all'estero», conclude Zanda.

Il caso Canapar
Guarda già alla Bulgaria Canapar. La srl nata con headquarter a Ragusa finanziata da una cordata di investitori canadesi guidata da Canopy Rivers, ha già investito 27 milioni di dollari canadesi in Italia (circa 17 milioni di euro), dando lavoro a 54 aziende agricole.

La battuta d’arresto arrivata oggi con la dichiarazione di inammissibilità da parte della presidente del Senato mette seriamente a rischio la nuova tranche di investimenti da 20 milioni di dollari canadesi (circa 14 milioni di euro) già stanziati.

In Italia la Srl gestisce mille ettari coltivati a canapa industriale tra Sicilia, Puglia e Campania: «Se fosse sfruttato a pieno regime, il nostro impianto frutterebbe 90 milioni di euro», dichiara il ceo, Sergio Martines. Il piano industriale prevede 70 nuove assunzioni. Ma è probabile che in assenza di un quadro regolatorio certo, l'azienda decida di ripiegare sulle proprie società bulgare.

«Auspichiamo - conclude Martines - che le ragioni industriali, che con la droga non hanno nulla a che vedere, non vengano pregiudicate da istanze diverse e non attinenti. Chiediamo a tutte le forze politiche di porre rimedio al fine di favorire la crescita economica, la libertà di iniziativa economica ed il made in Italy».

In una precedente versione dell’articolo Stefano Zanda era stato indicato erroneamente come direttore generale del Consorzio nazionale della canapa. Ci scusiamo con i lettori e con gli interessati

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