Stop a certificazioni Iso Uk per gli appalti europei
Sciolti i dubbi interpretativi su una questione molto dibattuta, e non a caso decisa con esito opposto in primo grado dal Tar Veneto
di Alessandro Galimberti
I punti chiave
2' di lettura
Negli appalti pubblici europei i certificati Iso emessi da società britanniche non possono essere più utilizzati in conseguenza della Brexit. La quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza depositata il 21 aprile scorso (Rg 5072/22, presidente Lotti, estensore Santini) scioglie i dubbi interpretativi su una questione molto dibattuta, e non a caso decisa con esito opposto in primo grado dal Tar Veneto.
Le motivazioni
Secondo i giudici di Palazzo Spada non è in discussione tanto l’affidabilità delle certificazioni emesse da organismi ex unionali che, fino a tutto il 2020, erano pienamente riconosciute - e che continuano ad esserlo nell’ambito della contrattazione tra privati - quanto piuttosto è dirimente la natura «chiusa» delle certificazioni di qualità previste dal codice degli appalti del 2016.
Appalto in materia aeroportuale
La questione risolta dalla V Sezione riguardava un appalto in materia aeroportuale per la fornitura del servizio di controllo di accessi e uscite in uno scalo veneto, in cui una società concorrente era in possesso di una «certificazione sicurezza delle informazioni Iso 27001» rilasciata da «soggetto accreditato presso un ente inglese». Il punto in graduatoria riconosciutole a termini di bando su questo specifico capitolo era valso alla società l’aggiudicazione dell’appalto, innescando l’inevitabile ricorso della prima esclusa.
Il Tar Veneto
In prima battuta però il Tar Veneto aveva respinto la doglianza, statuendo che la certificazione di origine Uk «continua ad aver valore nonostante la Brexit, in quanto l’organismo accreditante è tuttora parte del sistema europeo di regolazione». La questione, nelle more del secondo giudizio, è stata così rimessa al parere dell’European accreditation - assorbito poi in toto dal provvedimento del Consiglio di Stato - a cui è stato chiesto se il semplice status di membro dell’Ea sia abilitativo come «organismo di accreditamento nazionale» previsto dal regolamento 765/2008 per settori speciali, e se quindi «le certificazioni di qualità così ottenute siano spendibili nelle pubbliche gare». L’Ea ha escluso in relazione al primo quesito l’equiparabilità tra soggetti «anche se siano stati sottoscritti accordi con altri organismi di accreditamento nazionale della Ea» e ha negato pure la spendibilità del titolo ottenuto da un “semplice membro” dell’Ea che non sia anche «organismo nazionale».
Il regolamento 765/2008
Secondo il regolamento 765/2008 «l’organismo nazionale di accreditamento è l’unico autorizzato nello Stato a svolgere tale attività», e siccome Uk ha cessato di essere parte dell’Ue, il suo organismo di accreditamento «ha cessato di essere l’organismo previsto dal regolamento 765/2008 per gli scopi in esso previsti». Pertanto i certificati e i rapporti emessi dagli organismi di valutazione della conformità accreditati dall’ente britannico non sono più riconosciuti dal sistema normativo Ue a partire dal 1° gennaio 2021.
Il parere legale
Secondo l’avvocato Silvio Carloni, che ha patrocinato la società ricorrente «questa decisione del Consiglio di Stato avrà un notevole impatto, in quanto molte società si sono sin qui avvalse di certificati Iso emessi da società accreditate da Ukas, l'Ente certificatore inglese, e non potranno ora più farlo. Chiunque sia dotato di questi certificati, dovrà inoltre sostituirli con altri emessi da società accreditate dall’ente europeo (Accredia, per l'Italia) per poter proseguire nei rapporti con le pubbliche amministrazioni che hanno fatto richiesta delle certificazioni richieste».
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