Stop al riciclaggio: Bank secrecy Act sul mercato delle antichità
La nuova regolamentazione contenuta nel National Defense Authorization Act che estende le previsioni del Bank Secrecy Act al mercato dell'arte e avvia una nuova era di controlli
di Giuditta Giardini
4' di lettura
I tempi d'oro dei trafficanti, Giacomo Medici e Giovanni Franco Becchina che gonfiavano le aste londinesi e newyorkesi con beni archeologici etruschi, greci, romani e punici illegalmente esportati dall'Italia non sono poi così remoti. In pochi anni cioè dagli anni ‘70 agli anni ‘90 il mercato delle antichità era schizzato alle stelle. Piccole anfore che andavano a 200 dollari erano battute a più di 1.000 dollari, realizzando un +500% in un arco temporale limitatissimo. Lo schema era semplice, i trafficanti vendevano e compravano in aste “vendute” creando provenance fittizia per pezzi che non l'avevano e, allo stesso tempo, assicuravano valori astronomici a beni di provenienza clandestina. I musei erano più inclini ad acquistare beni che avevano già nello storico qualche passaggio in asta, ma se residuava dello scetticismo, i curatori si appoggiavano ai grandi collezionisti che acquistavano l'opera a prezzi spropositati per poi, dopo qualche anno, donarla al grande museo di turno ottenendo grandi sgravi fiscali pari al valore di mercato (nel frattempo maggiorato), in un sistema, quello Usa, che allora come oggi, favorisce la filantropia e la ripaga bene.
Nel “tentacolare” National Defense Authorization Act , su cui il presidente uscente Donald Trump aveva apposto il veto, sono contenute una serie di disposizioni che rafforzano i controlli del mercato. Camera e Senato hanno ritenuto queste misure così importanti da arrivare ad annullare, tra lunedì e venerdì, il voto del primo cittadino mediante una procedura prevista dall'ordinamento, ma che denota una chiara discordia ordinum. Da anni si lavorava al testo di questo Atto, da quando cioè il legislatore aveva preso coscienza dell'opacità del mercato in cui acquirenti e venditori possono celarsi dietro i classici: “collezione privata europea”, “ex collezionista New York”, “ex collezione privata italiana” e così via. La nuova legislazione autorizza i regolatori federali a progettare misure che rimuoverebbero il velo di segretezza dalle transazioni rendendo noti nomi, cognomi, importi e conti. L'avvocato John Byrne ha spiegato al «New York Times» che questa novella del sistema americano è in ritardo sui tempi, perché sono anni che “la criminalità organizzata, i terroristi e gli oligarchi utilizzano beni culturali per spostare fondi illeciti”. In barba a tutti gli scettici dell'opera d'arte come bene rifugio!
Il legislatore ha anche segnalato che il Bank Secrecy Act potrà essere ulteriormente esteso al mercato dell'arte, “devi sapere chi sta comprando e vendendo” chiarisce Byrne al NYT, “l'argomentazione secondo la quale non si ha l'obbligo di segnalare attività sospette perché si lavora nel settore privato non funziona. Le banche hanno perso questa discussione trent'anni fa”. Si tratterebbe pertanto di ampliare la Legge sul Segreto Bancario del 1970 , che ha aumentato il controllo federale delle transazioni finanziarie, per includere il commercio di beni archeologici. Per capirci, oggi, un banco di pegni a gestione familiare è soggetto alla Legge e quindi a controlli su mercato nero e riciclaggio di denaro, mentre case d'aste come Sotheby's o Christie's non lo sono.
I dettagli sul funzionamento delle nuove misure verranno resi noti nel corso del 2021 dal Financial Crimes Enforcement Network , un ufficio all'interno del Dipartimento del Tesoro, in consultazione con il settore privato, le forze dell'ordine e il pubblico. Possiamo però già ipotizzare che le nuove norme rispecchieranno quelle già in essere per metalli preziosi e gioielli. dove le transazioni sospette sono segnalate alle autorità competenti. Lo stesso vale per quelle transazioni effettuate a mezzo di società di comodo per nascondere la vera identità di acquirenti e venditori (un recente rapporto del Senato ha già delineato come almeno due oligarchi russi abbiano sfruttato l'opacità del mercato e società di comodo per aggirare le sanzioni statunitensi).
Chi sono i contrari?
Il mercato esce sconfitto da questo braccio di ferro. Secondo alcuni galleristi americani questa riforma non era dovuta in quanto alcune transazioni, quelle ad importi elevati, sono già gestite attraverso istituzioni e strumenti finanziari coperti dal Bank Secrecy Act. Carolyn B. Maloney, democratica eletta per lo Stato di New York, che ha contribuito ad adottare, nel 2019, il Corporate Transparency Act , racconta al «New York Times» come l'Atto sia nato da un lavoro di squadra tra pubblico e privato, e come inizialmente abbia incontrato la fiera opposizione dei mercanti d'antiquariato che non volevano divulgare le informazioni sui clienti. Anche per il nuovo disegno di legge non sono mancati gli scontri. Il mercato dell'arte ha combattuto questa estensione del Bank Secrecy Act. Secondo il «New York Times»: “rapporti federali mostrano che la casa d'aste Christie's abbia pagato più di 100.000 dollari a lobbisti negli ultimi due anni per influenzare i risultati” ed evitare questa riforma del sistema.
L’Europa e la V Direttiva
Le maggiori case d'aste hanno già dei meccanismi interni di protezione contro il riciclaggio di denaro adottati per uniformarsi dal 10 gennaio 2020 agli obblighi europei entrati in vigore con la direttiva 2018/843/UE del 30 maggio 2018 (quinta direttiva antiriciclaggio) che ha esteso l'onere della verifica sugli scambi sospetti anche a gallerie e antiquari. Spetta, infatti, all’operatore effettuare l'adeguata verifica sia sugli acquirenti che sui venditori di opere d'arte quando il valore dell'operazione, anche se frazionata, supera i 10mila euro; soglia che ricomprende la maggior parte della compravendita di opere d'arte, quantomeno nel mercato secondario. Sempre a galleristi, antiquari e alle case d’asta spetta predisporre e inviare alla Banca d'Italia le segnalazioni delle c.d. “operazioni sospette”, vale a dire le operazioni per le quali “sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa“.
L'Italia ha anticipato il legislatore europeo di un anno specificando gli indicatori di anomalia da monitorare: da quelli legati all'identità o all'atteggiamento del cliente alle modalità di esecuzione delle operazioni, fino ai mezzi di pagamento utilizzati.
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