danza

Storia di Anthony. Che dall'Africa potrebbe diventare una étoile

A raccontarci della sua bravura è Mara Galeazzi, fondatrice di Dancing for the Children

di Silvia Poletti

3' di lettura

L'immagine è forte. In un cortile desolato e fangoso, sotto la pioggia battente, un bambino scalzo esegue alcuni volteggi. Gambe lunghe da gazzella, volto concentrato e intenso. Ma, soprattutto, una qualità di movimento che rivela talento – di quelli rari. L'impatto è ammaliante: circondato da una realtà miserevole questo piccolo danzatore sta comunicando un frammento di bellezza assoluta.

Il bambino nigeriano

Tanto più straniante e commovente perché il bambino, nigeriano, sta interpretando aristocratici passi di danza classica. Il web si è impossessato subito della clip postata qualche settimana fa e l'onda lunga della rete ne ha fatto subito un cult. Che come molti altri rischierebbe di sgonfiarsi all'apparire di un altro ‘fenomeno' social se non ci fosse chi, sensibilità accesa e generosità umana, non fosse passato all'azione.

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Dancing for the Children

“Quando ho visto questo video, ne sono rimasta colpita” – racconta da Muscat, dove vive la bresciana Mara Galeazzi, già amata prima ballerina del londinese Royal Ballet, impegnata in attività di charity in Africa con la sua fondazione Dancing for the Children ( www.dancingforthechildren.com). – “In un mondo così difficile come il nostro, in una situazione aggravata da questa terribile pandemia, vedere come sia vitale custodire una passione anche in condizioni inadeguate mi ha molto toccato. Così ho condiviso il video sulle pagine della nostra Fondazione e in seguito ho scoperto che Anthony, così si chiama il bambino è un allievo dodicenne della Leap on Dance Academy a Ojo e che il suo maestro ha creato questa scuola per tenere i ragazzi lontano dalla strada.

Anthony

La cosa eccezionale è che nonostante questo maestro sia autodidatta, sta facendo un lavoro di grande qualità e rigore, anche grazie a contatti professionali e di sostegno dagli Stati Uniti. Nel frattempo una accademia inglese, la King's International Ballet Academy mi ha fatto sapere di essere disposta a dare ad Anthony una borsa di studio. Si tratta di una scuola molto selettiva che accetta solo studenti con evidenti potenzialità. Inutile dire che per lui potrebbe aprirsi un futuro, umano e professionale, impossibile in Africa in queste condizioni.

Stiamo dunque lavorando per offrirgli concretamente questa possibilità.“Per Mara l'attività di Dancing for the Children è diventata fondamentale quanto danzare. “Nel 2007 ho vissuto un momento difficile: mi era stata diagnosticata una malattia renale e mi avevano detto che avrei smesso di danzare nel giro di due anni. La cosa fortunatamente non è successa, ma in quei giorni ho avuto bisogno di rivolgere la mia mente a qualcosa di costruttivo. Aiutare gli altri, soprattutto in Africa, è sempre stato un mio desiderio, e così insieme ad un piccolo ma agguerrito gruppo di persone abbiamo creato la fondazione. Cerchiamo di essere presenti continuativamente. Operiamo prevalentemente in Sud Africa, supportiamo scuole e orfanotrofi. Non potevo però trascurare l'occasione offertami da Anthony.”.È affascinante il fatto che un ragazzo africano resti ‘catturato' dall'aristocrazia del balletto classico, piuttosto che dalle esuberanze dell'hip hop: “Sempre più nel mondo, in realtà, in situazioni sociali e politiche inimmaginabili e culturalmente lontane dall'estetica del balletto classico stanno nascendo esperienze che invece ne attestano non solo la vitalità ma anche la presa che ha sull'immaginazione e la passione dei giovani. Io li capisco bene – ricorda ancora Mara- La danza mi ha dato un mezzo per esprimere tutto il mondo interiore che non avrei forse saputo tirar fuori altrimenti.”

Non è questione di cultura, dunque, né di etnia. Del resto smaglianti ballerini classici di colore sono sempre più presenti in grandi compagnie: dall'americana Misty Copeland alla sierralionese Michaela de Prince, al caraibico Carlos Acosta, all'afromericano Brooklin Mack. “Ad unirci è la passione per quest'arte. Per questo quando ho visto la danza di Anthony mi sono detta: dobbiamo aiutarlo. La danza è il suo destino


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