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Storica, divertente e facile da mantenere: i mille pregi della Fiat 126

Qualsiasi esemplare “recuperabile” è un buon acquisto purché l’investimento complessivo, ripristino incluso, non superi i cinquemila euro

di Vittorio Falzoni Gallerani

3' di lettura

Vogliamo qui occuparci di questa piccola Cenerentola del collezionismo che sembra proprio non voglia conoscere neppure la fiammata di interesse che alcuni anni fa conobbero a loro volta le sue progenitrici Fiat 500 Topolino e Fiat Nuova 500 con le sue derivate; tant’è che pochissimi ricordano che essa rimase in listino in Italia per ben diciannove anni. Le ragioni possono essere molteplici come, per esempio, il fatto di non essere quasi mai stata la prima auto di famiglia con conseguenti minori ricordi di infanzia a lei legati; oppure ugualmente per essere stata molto meno di frequente (rispetto alla 500 che insegnò a tanti la “doppietta” in scalata), la prima auto dei neopatentati negli Anni 70 del secolo scorso.

Sia quel che sia, noi oggi qui siamo più interessati a narrarne la storia: presentata al Salone di Torino nel novembre 1972 presentava una serie infinita di miglioramenti nei confronti della Fiat 500 pur ricalcandone completamente l’impostazione generale. I più importanti furono lo spostamento del serbatoio carburante sotto il divanetto posteriore in posizione molto più sicura e l’adozione del cambio con i rapporti sincronizzati tranne la prima; la cilindrata del motore venne poi maggiorata di quasi 100 cc con una potenza di 23 CV, contro i 18 della 500, con prestazioni sensibilmente migliorate.

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La carrozzeria, certamente meno eccentrica di quella della progenitrice, frutto del solo intento di usare meno lamiera possibile, ci pare però decisamente più bella svelando di essere stata concepita da Stilisti con i fiocchi: abbozzata da Pio Manzù (quello della Fiat 127) e portata a compimento da quel Sergio Sartorelli, autore delle linee della VW Karmann Ghia e della Fiat 2300 S tanto per fare un paio di esempi, che secondo noi con questa macchinina espresse il suo capolavoro.

Sullo stesso passo della Fiat 500 viene infatti allestita una semplicissima ma altrettanto graziosa scatoletta con gli spigoli arrotondati capace, pur con qualche sacrificio, di ospitare quattro adulti; priva di qualsiasi sovrastruttura decorativa, la Fiat 126 è bella come tutti i colpi di genio e infatti le versioni successive, pur migliorandola gradatamente sotto tutti gli aspetti, ne peggioreranno lo stile.

Facciamo un succinto elenco delle fasi salienti accaduti nei diciannove anni e 4.600.000 esemplari di produzione: nel 1974 la versione tetto apribile in tela si ricongiunge alla tradizione delle Fiat 500; nel 1976 appaiono le Personal con paraurti e bande paracolpi laterali in resina e l’abitacolo totalmente rivestito in moquette: la 4 completa di divanetto posteriore e la 2 senza; nel 1977 la cilindrata aumenta a 652 cc per 24 CV e sensibile aumento dell’elasticità di marcia; del 1978 sono le sfiziose serie speciali Black e Silver; nel 1979 cessa la produzione in Italia della Fiat 126 per proseguire in Polonia presso la FSM; del 1980 sono le ancor più accattivanti serie speciali Brown e Red; del 1987 la poco riuscita 126 Bis con motore raffreddato ad acqua di 700 cc e 26 CV.

È stata, quest’ultima, una sorta di ibrido un po’ fuori tempo massimo che non ebbe successo nonostante la presenza di due bagagliai, grazie al motore “a sogliola”, e del portellone posteriore; la ragione principale fu una serie infinita di problemi meccanici che ne compromisero quell’affidabilità che era stata invece una grande dote della versione raffreddata ad aria.

Oggi l’acquisto di una Fiat 126 è forse il sistema più economico per entrare nel mondo collezionistico con una vettura di interesse storico comunque rilevante, divertente e facile da mantenere e da lavorarci sopra; molti giovanissimi appassionati lo stanno infatti facendo. Detto della nostra preferenza per la semplicità della prima serie, qualsiasi esemplare in condizioni di recuperabilità rappresenta un buon acquisto purché l’investimento complessivo, acquisto più ripristino, non superi i cinquemila euro.

Una eccezione si può fare per la cabriolet Pop realizzata in Polonia dalla Bosmal per la quale ci si può sentir chiedere anche ottomila euro ma, soprattutto, per gli esemplari modificati dalla Giannini. Senza un valido motivo concreto non possono vantare lo status delle bicilindriche Fiat elaborate dall’Abarth (la Fiat 126, tra l’altro, non fu mai oggetto di interventi dalla casa dello Scorpione) ma anch’esse hanno corso e vinto e sono state prodotte in versione stradale in varie cilindrate, da 650 cc in su fino ad arrivare agli 800 cc della 126 DC 800 con carburatore doppio corpo capace di 41,4 CV DIN e 140 km/h di velocità massima.

Disponibile in allestimento “unificato”, Personal e Sport è certamente la chicca da trovare ma, essendo forse introvabile anche stanziando diecimila Euro, ci si può senz’altro accontentare delle meno prestanti 650 e 700; vetture comunque molto rare ed a rischio falsificazione non sono più materia per matricole del collezionismo: è assolutamente necessario siano verificate da esperti di sicura fiducia, meglio se già certificate, meglio ancora tutte e due le cose.

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