Storie dal paese in cui nevica sempre dove ha già nevicato
Salmi pentecostali e canzoni dei Ramones, racconti da bar e grandi storie bibliche: l’ode di Levi Henriksen alla pallida grazia delle cose piccole è nella migliore tradizione della letteratura norvegese
di Emanuele Zoppellari Perale
3' di lettura
A Skogli, al confine tra Norvegia e Svezia, le notti che precedono il Natale durano quasi 13 ore. Non solo: alle ore di buio totale si sommano un’aurora e un crepuscolo ciascuno della durata di circa tre ore. Non sono informazioni da cui prescindere quando si legge un romanzo come Il lungo inverno di Dan Kaspersen, il primo successo di Levi Henriksen, uscito nel 2004 e ora tradotto in italiano. È quasi, infatti, «un’unica lunga notte» nordica, gelida e ostile, quella che il suo protagonista è chiamato ad attraversare in cerca di redenzione.
Subito dopo essere uscito di prigione, dov’era finito per contrabbando di stupefacenti, Dan Kaspersen apprende che suo fratello Jakob si è tolto la vita. Vessato dai sospetti e dalle maldicenze dei suoi paesani, ossessionato dalle domande sulla morte di suo fratello e dalle incertezze sul suo fragile futuro, Dan è costretto così a intraprendere un viaggio dentro se stesso e la sua oscurità. Era Jakob il forte, il sicuro di sé, lo stimato da tutti. Bastava a se stesso, coltivava la terra nella storica fattoria di famiglia, era meritevole d'amore. Era il biondo, il capace, il responsabile dei due, laddove tutto, nello scuro Dan, sembrerebbe cedevole, inaffidabile e precario. Reduce e superstite esclusivo di una lunga serie di tragedie familiari, Dan, pietra scartata dai costruttori, si interroga perciò sul perché della propria sopravvivenza, apparentemente ingiustificata. Grandi storie bibliche – Caino e Abele in primis – si fanno piccole, nella prosa di Henriksen, come fatti di cronaca locale, e prendono i nomi e i volti di una contea periferica della Norvegia. Racconti da bar, concezioni se non immacolate quantomeno misteriose, sparute epifanie di bellezza. È un'ode alla pallida grazia delle piccole cose, un'attenzione che nella letteratura norvegese ha una forte tradizione, dalla lirica di Rolf Jacobsen fino a Norwegian Blues, sempre di Henriksen e già uscito per Iperborea.
Bastano così pochi elementi essenziali a Snø vil falle over snø som har fallet («Nevicherà dove ha già nevicato», questo il senso del titolo originale) per imbastire un racconto di mistero e iniziazione dal sapore locale e dalla portata universale. Bistrattato da Kristian, il vecchio compagno di malefatte, e dalla sua gemella, la dissoluta Kristine, Dan viaggia fino al termine della notte braccato dai suoi demoni e alla ricerca del bene – in sé e nel mondo. Eterno scontro infinitamente riproducibile, Henriksen traspone il mito nel romanzo con bravura, intrecciando sacro e profano. Salmi pentecostali e citazioni dei Ramones, umorismo e introspezione compongono infatti il contrappunto dell'interminabile notte di un'anima in cerca di sé.
Tra le domande che rubano il sonno, la morte, la fede e la vita si pongono come abissi insondabili. Albert Camus sosteneva che il suicidio fosse l'unica vera domanda filosofica. D'altronde, tutte le altre dipendono dalla sua risposta, talora indistinguibile dall'azione. È così che Jakob, andatosene inspiegabilmente, diventa, agli occhi di suo fratello, il punto nevralgico del mistero del male che si dirama nel mondo, luogo in cui luce e buio si confondono.
L'amante dai capelli rossi, Mona Steinmyra, perfetta Anima junghiana, è il canale attraverso cui si manifesta la promessa di una nuova vita, in tutte le sue accezioni. Sembrerebbe insostenibile, tuttavia, restare a Skogli, dove qualcosa «avrebbe dovuto essere diverso» mentre tutto «era come prima». Kristian e l'intero villaggio dove questi spadroneggia lo preferirebbero lontano, o estinto. E Dan, abituato a muoversi per «deviazioni», a tentoni nell’oscurità, questa volta deve fare la sua scelta, che sia anche il viaggio senza ritorno di chi sceglie la fuga incessante.
Raccontare il piccolo per dare voce all'universale è la cifra di Henriksen. Jakob e Dan e la loro storia di peccato e redenzione offrono il pretesto per una riflessione sul riscatto dalle tenebre che ci portiamo dentro. E non a caso la comunità religiosa in cui sono cresciuti i personaggi predicava che «paradiso e inferno erano sempre stati vicini». Gioiosa verità – forse più vera che mai a quelle latitudini – è in fondo che è sempre più buio e freddo prima dell'alba.
Levi Henriksen (Il lungo inverno di Dan Kaspersen, Iperborea 2020, 356 pagine, 17,50 euro, traduzione di Andrea Berardini)
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