il disastro ferroviario

Strage di Viareggio, 10 anni fa l’esplosione che uccise 32 persone

di Raffaella Calandra

Strage di Viareggio, per Moretti condanna a 7 anni in appello

5' di lettura

VIAREGGIO - È successo proprio qui. Qui dove ora un treno fischia, prima di entrare in stazione. Dove un muro, che prima non c’era, ora separa la ferrovia, dalle case. La memoria della strage, dalla ricostruzione della nuova vita. È successo proprio qui, in via Ponchielli, dove tutto ora è diverso da allora. Anche i residenti. Ma in questa stradina a ridosso della stazione, tutto continua a rimandare a quella sera del 29 giugno 2009, quando il cielo di Viareggio all’improvviso si tinse di fuoco. L'esplosione e le fiamme, innescate dal gpl uscito da un carro merci deragliato, inghiottirono 32 persone.

SCHEDA / Strage di Viareggio, la ricostruzione di un disastro con 32 vittime

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«Abbiamo trasformato il dolore in determinazione, in nome della sicurezza. Io poi ho la mia personale battaglia, per la salute». Ogni estate, da quell'estate, Marco Piagentini esce di casa quasi solo di sera. Quando il sole è ormai tramontato e i raggi non possono più colpire la sua pelle, che non è più pelle da dieci anni. Da quando, la sua vita non è più la stessa, dopo aver perso la moglie e due dei tre figli, in quell’incidente ferroviario e dopo aver imparato a convivere con i segni di quella «bomba al napalm », come la chiama lui. Da allora, insieme all'associazione “Il Mondo che vorrei”, Piagentini si batte nei tribunali - dove sono state confermate anche in secondo grado le condanne per gli ex vertici delle Ferrovie - e si batte nei palazzi della politica, per trasformare il «lutto in miglioramento. Vogliamo che qualcosa cambi, per le nuove generazioni. C'è da migliorare la sicurezza per il trasporto merci pericolose. Questa missione ha dato un senso alle cose».

Via Ponchielli, Viareggio: 10 anni fa la strage che fece 32 vittime

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Quando si è ritrovato, dopo mesi di ospedale, con l'unico figlio Leonardo, Marco Piagentini ha deciso di restare a vivere a Viareggio, ma non più nei dintorni della stazione, da cui in tanti sono andati via in questi dieci anni. «Anche per tutto quello che è emerso, con la deposizione dei periti in aula», commenta.

E anche per tutto questo, un lato di via Ponchielli, quello più a ridosso dei binari, non è stato più ricostruito. E prima di aprire le nuove case, in questa strada che quella notte divenne un tizzone ardente, gli abitanti hanno chiesto l’istallazione di un muro, ora decorato da dieci artisti di strada, e la rimozione del binario 10.

«L’abbiamo chiesto, per avere maggiore tranquillità. Dovevano mettere anche la barriera sopra al muro», racconta Renata Girarda, mentre continua a lucidare i vetri della sua villetta, in questa «via che non mi sembra più la mia. Anche se ora è più bella, col parco, la ciclabile e i 32 alberi in memoria delle vittime». Ma anche con l’eco dei fischi dei treni, che «ogni volta – sospira - è come se ti sbranassero dentro». Ora in via Ponchielli, c'è anche questo muro, che «se ci fosse stato in quell'estate 2009 – lamenta l’amica Rossana, mentre porta a spasso il cane – avrebbe ridotto la portata della strage: il gas, essendo pensante, sarebbe rimasto a livello del terreno. Invece è entrato nelle case e ha trovato un facile innesco». E questo è un pensiero ricorrente e un rimpianto tra i sopravvissuti, che hanno vissuto ogni passaggio anche del lungo percorso giudiziario.

Se ci fosse stato il muro in quell'estate 2009 avrebbe ridotto la portata della strage: il gas, essendo pensante, sarebbe rimasto a livello del terreno. Invece è entrato nelle case e ha trovato un facile innesco

Ora la stazione, esplosa quella notte, è stata in gran parte ricostruita. Ma senza quella passerella, da cui Antonio Cerri, vigile del fuoco, per primo capì perché c'erano fiamme anche a distanza. E quali rischi esistevano ancora. Ferrovie, attraverso la propria assicurazione Generali, ha liquidato «almeno 2 milioni e 800 mila euro di danni», ci fanno sapere dal Comune, che all'epoca non si costituì parte civile nel processo, istruito contro i proprietari dei carri del treno merci Trecate-Gricignano deragliato, contro chi aveva il compito della manutenzione, le società tedesche e austriache Jugenthal e Gatx Rail, e contro tecnici e manager di Rfi, Trenitalia e Ferrovie dello Stato, a cui facevano capo i controlli per la sicurezza.

A tutti gli imputati, ora i familiari delle vittime chiedono «di rinunciare al ricorso in Cassazione, visto che dicono di voler fare un gesto forte», raccontano. E chiedono di migliorare «la sicurezza delle merci pericolose su rotaie».

«Le condanne sanciscono precise responsabilità e visto che non sono cambiate le misure di sicurezza, nei confronti di treni che continuano a viaggiare tra le case, abbiamo cercato di istituire un tavolo tecnico negli ultimi 5-6mesi », ricostruisce il sindaco, Giorgio Del Ghingaro: «Ma per ben due volte, il Ministero delle Infrastrutture non si è presentato, mentre le Ferrovie sì. Ci proveremo per la terza volta, nel frattempo ho informato il ministro Danilo Toninelli».

Le richieste della città di Viareggio sono molto precise: sapere quanti treni con merci pericolose la attraversano, cosa portano e quali tutele sono state adottate. E altrettanto preciso è la sforzo di questa comunità ferita: «Diventare la sede di una discussione sulla sicurezza, per portare il nostro contributo di dieci anni di processi». Dieci anni, in cui la capitale della Versilia, città del Carnevale e delle vacanze, è invece come sprofondata in quel cratere di dolore, «ripiegata su se stessa, ha dovuto fare i conti col lutto per la strage e la difficoltà di un grave dissesto finanziario: tre commissariamenti e un buco – stima il sindaco - da circa 250 milioni tra Comune e partecipate».

Ora, almeno dal crac, Viareggio può dirsi fuori, ma ogni giorno continua ad elaborare il suo lutto. Qui, nella “casina dei ricordi”, com'è stata ribattezzata, dove ora una passante si fa il segno della croce e in tanti continuano a lasciare pupazzi, per le piccole vittime, accanto ad un telefono e ad una formaggiera che erano in quelle case e che per le alte temperature si sono liquefatte. E lasciano soprattutto messaggi. «Ho rilegato cinque diari, fitti fitti: chi entra avvia un dialogo con chi non c'è più», racconta Giuliano Baldoni, dell'associazione Tartarughe Lente, mentre continua a tosare l'erba nel giardino della memoria. Un dialogo con le vittime, come nello spettacolo, messo in scena dal Teatro Rumore, con gli stessi ragazzi di Viareggio. «Un modo anche per tramandare la conoscenza di quello che è successo», riflette Ilaria Lonigro, che insieme a Davide Moretti ha scritto e diretto la pièce. Un dialogo, come quello che avvia chiunque raccolga l'invito posto all'ingresso di questa casina di legno. L'invito al silenzio, per «udire il grido sordo delle pietre». Proprio qui, dove tutto è successo dieci anni fa.

Domenica 30 giugno, sulla strage di Viareggio su Radio24, il Reportage alle 7.10. E alle 21, una puntata de “I Racconti di Storiacce” di Raffaella Calandra

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