Straniere in calo, 12 sottoposte al 41 bis, 6 su 10 fanno uso di psicofarmaci: la condizione delle donne nelle carceri
È quanto emerge dal primo rapporto di Antigone sulla detenzione femminile. Al 31 gennaio 2023 erano 17 i bambini di età inferiore a un anno che vivevano in carcere con le loro madri detenute
di Andrea Carli
I punti chiave
- Dodici le donne sottoposte al 41 bis
- Una donna su due lavora
- Il 71% è analfabeta
- I reati delle donne: in primo luogo quelli contro il patrimonio
- Condannate a pene inferiori rispetto agli uomini
- Più donne che uomini ai domiciliari
- Diminuiscono le detenute straniere
- 17 bambini reclusi con le loro mamme
- Solo due le case famiglia protette
6' di lettura
L'affollamento delle sezioni femminili è del 115%, contro il 113,7% degli uomini. Le donne, con il piccolo peso numerico che arrecano al sistema penitenziario, non sono responsabili del sovraffollamento carcerario ma lo subiscono più degli uomini, quando non soffrono al contrario di isolamento. È quanto emerge dal primo rapporto di Antigone sulla detenzione femminile, pubblicato l’8 marzo, il giorno della festa della donna.
Sono in trattamento per tossicodipendenze il 14,9% delle donne detenute, contro il 20,8% del totale dei detenuti. Le donne con diagnosi psichiatriche gravi sono il 12,4% delle presenti, contro il 9,2% dei presenti in tutti gli istituti visitati nel 2022, e fanno regolarmente uso di psicofarmaci il 63,8% delle presenti, contro il 41,6% del totale. Il disagio psichico appare dunque più significativo tra le donne.
Dodici le donne sottoposte al 41 bis
Le dodici detenute sono tutte presso l'istituto penitenziario presente all'Aquila. Sono lo 0,5% del totale della popolazione femminile reclusa. Una percentuale circa tre volte inferiore a quella maschile. 8 sono le donne nel regime AS2 (detenuti appartenenti ad associazioni terroristiche nazionali e internazionali) e 218 nell'AS3 (organizzazioni criminali di stampo mafioso). Circa il 10% delle donne è in regime di AS. Nel caso degli uomini la percentuale sale al 16,8%, segno di un profilo criminale più alto. Le donne sono ristrette a Piacenza, Latina. Lecce, Santa Maria Capua Vetere, Vigevano, Roma Rebibbia, Reggio Calabria.
Una donna su due lavora
Le donne in carcere sono inserite in percorsi lavorativi in percentuali maggiori rispetto agli uomini. Alla fine del 2021, ultimo dato disponibile, la metà delle donne in carcere risultava avere un impiego (ma si tenga presente che per essere conteggiati tra i detenuti lavoratori può bastare che la persona lavori anche solo poche o pochissime ore settimanali, con conseguente scarsa o scarsissima remunerazione). Le donne lavoratrici erano nel complesso 1.118, pari al 5,8% del totale delle persone impiegate. Di queste, 925 (l’82,7%) lavoravano alle dipendenze dell’Amministrazione e 193 (il 17,3%) per esterni. Negli ultimi quindici anni la percentuale di donne sul totale dei detenuti lavoratori è oscillata sempre attorno a queste cifre, non superando il 6,6% e non scendendo al di sotto del 5,4%.
Il 71% è analfabeta
Per quanto riguarda i percorsi di istruzione, gli ultimi dati disponibili (ancora una volta sono quelli al 31 dicembre 2021) ci dicono che il titolo di studio era stato rilevato per i due terzi delle donne presenti in carcere, ovvero 1.515 su 2.237. Il numero maggiore di donne (667), pari quasi alla metà del dato rilevato, era in possesso di licenza di scuola media inferiore. Le donne detenute prive di alcun titolo di studio erano 39 mentre addirittura 108 le analfabete, pari al 7,1% del totale delle donne recluse. 59 sono le detenute laureate.
I reati delle donne: in primo luogo quelli contro il patrimonio
I reati contro il patrimonio per le donne pesano il 29,2% su tutti i reati ascritti alla popolazione detenuta femminile, mentre per gli uomini pesano il 23,7% sui reati ascritti alla popolazione detenuta maschile, con uno scarto di 5,5 punti percentuali. Gli uomini pesano maggiormente nella legge sulle armi (4,7 punti percentuali di più), a indicare probabilmente che nei reati contro il patrimonio effttuati dagli uomini le rapine rispetto ai furti semplici pesano più che per le donne. Anche l'associazione di stampo mafioso vede 2,5 punti percentuali in più tra gli uomini detenuti sulle donne, mentre i reati contro la pubblica amministrazione ne vedono 2,2. Le altre tipologie di reati presentano percentuali più o meno analoghe tra gli uomini e tra le donne in carcere.
Condannate a pene inferiori rispetto agli uomini
Gli uomini, rileva l’indagine, si addensano percentualmente nelle condanne a oltre dieci anni di reclusione o all'ergastolo ben più di quanto non accada per le donne. Viceversa, queste ultime si addensano percentualmente nelle condanne fino a sette anni di carcere ben più di quanto non accada per gli uomini. Le ergastolane sono trenta. Le detenute che devono scontare meno di un anno di pena sono 65. 72 oltre i 20 anni.
Più donne che uomini ai domiciliari
Per quanto riguarda la detenzione domiciliare, le donne che sono interessate da questa soluzioni sono più degli uomini. In particolare, 2.113 sono le donne in affidamento, delle quali il 74,2% proviene dalla libertà, il 19,7% da una detenzione già iniziata in carcere e il 6% dalla detenzione domiciliare o dagli arresti domiciliari. Sulle 1.185 donne in detenzione domiciliare, invece, regna una suddivisione più equilibrata tra coloro che sono state condannate dalla libertà (il 40%) e coloro che sono state condannate dalla detenzione (il 46%), a cui si aggiungono le donne in attesa della decisione ex art. 656 c.p.p. (il residuale 14,2%). Nel caso delle donne l’affidamento in prova supera di poco le cifre relative alla detenzione domiciliare, rapporto che invece soggiace a uno scarto più ampio nella sfera maschile, dove gli uomini in affidamento svettano in maniera nitida, dimostrandosi quasi sempre in numero decisamente superiore rispetto al numero degli uomini in detenzione domiciliare. «Una statistica che si potrebbe spiegare con il più facile accesso di madri e donne incinte a quest’ultima misura - si legge nel report -, ma anche con un substrato culturale che tende a relegare la donna nel solo ruolo domestico, smorzandone ogni afflato lavorativo e professionalizzante, che invece avrebbe la possibilità di sviluppare in condizioni di maggiore libertà e attraverso lo svolgimento di attività risocializzanti». Solo 33 sono le donne in semilibertà.
Diminuiscono le detenute straniere
La presenza delle donne straniere sulla totalità delle donne detenute è del 30,5%. Nel 2013 la percentuale delle donne straniere sul totale delle donne era del 40,05% Negli ultimi 10 anni le donne straniere detenute nelle carceri italiane sono diminuite sia in termini assoluti che percentuali. Rispetto ai paesi di provenienza delle donne straniere, la nazionalità più presente è la Romania, che parte da numeri molto alti nel 2013 (con 287 presenze) e diminuisce nel corso degli anni fino a stabilizzarsi negli ultimi tre intorno alle 180 unità. La seconda nazionalità più presente è quella nigeriana che fra il 2013 e il 2015 si attesta intorno alle 90 unità, sale progressivamente fino a un picco di 204 persone e torna a scendere fino alle 111 nel 2022. La terza nazionalità più presente segue a considerevole distanza e varia molto a secondo degli anni. Nel 2022 sale al terzo posto la nazionalità bulgara con 66 persone. Nel caso delle donne straniere i reati più presenti sono quelli contro il patrimonio (376), quelli contro la persona (285) e le violazioni della normativa sulla droga (142). Queste tre sono le principali tipologie di reato anche per il totale dei detenuti stranieri. Seguono a una distanza significativa violazioni della legge sugli stranieri (73), prostituzione (71), reati contro l’amministrazione della giustizia (57) e contro la pubblica amministrazione (57).
17 bambini reclusi con le loro 15 mamme
Al 31 gennaio 2023 erano 17 i bambini di età inferiore a un anno che vivevano in carcere con le loro 15 madri detenute.L'andamento della presenza dei bambini in carcere, viene sottolineato nell’indagine, ha continuato a oscillare negli ultimi trent'anni in alto (fino a superare le 80 unità) e in basso senza essere particolarmente influenzato neanche dalle modifiche normative introdotte nel tempo a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori. È stata invece la pandemia, con la paura per le carceri che ha comportato e le conseguenti azioni intraprese, a ridurre drasticamente i numeri, passati dai 48 bambini della fine del 2019 ai 29 della fine del 2020, fino a raggiungere i 17 che oggi si trovano all'interno di istituti di pena. Segno di come - osserva Antigone - al di là delle norme, per risolvere il problema dei bambini in carcere si debba e si possa lavorare nella prassi della magistratura agendo caso per caso sulle singole situazioni.
Solo due le case famiglia protette
Sono solo due in tutta Italia le case famiglia protette previste dalla legge n. 62 del 2011 per andare incontro alle difficoltà incontrate nell'accedere ad alternative al carcere da detenute madri prive di un domicilio ritenuto adeguato dalla magistratura. A Milano accoglie questo tipo di utenza (dal 2010, ancora prima dell'entrata in vigore della legge) la casa famiglia protetta dell'associazione “Ciao ....un ponte tra carcere, famiglia e territorio”, che attualmente ospita quattro madri con cinque bambini. Alcuni anni dopo, nel 2017, è nata a Roma la “Casa di Leda”, che può ospitare sei donne con otto bambini fino ai dieci anni di età.
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