Stress test, banche italiane promosse a pieni voti: meglio di Francia e Germania
Guida la classifica Cassa Centrale Banca (Cet 1 al 18,9% anche in condizioni avverse), seguita da Iccrea (14%). Anche Mps si salverebbe in caso di bufera, UniCredit la più solida tra le pari livello
di Maximilian Cellino
2' di lettura
Disco verde anche per le banche italiane nel nuovo round di stress test condotto dall’European Banking Authority (Eba) e dalla Bce , i cui risultati sono stati diffusi nel pomeriggio di venerdì. Un esame atteso forse con minor trepidazione rispetto a quello di due anni fa, dove Mps era finita in coda alla classifica europea, grazie all’opera di rafforzamento dei requisiti di capitale che nel frattempo gli istituti italiani hanno portato avanti. Ma anche per la situazione che si è creata con il ritorno di tassi interesse elevati, che hanno beneficiato le banche con margini di interesse maggiori.
L’ideale classifica delle italiane vede primeggiare Cassa Centrale Banca, capace di conservare nello scenario più avverso ipotizzato dagli stress test a fine 2025 un rapporto Cet 1 pari al 18,9% rispetto all’attuale 21,5% anche considerando le regole prudenziali «a regime» (fully loaded). A seguire l’altro gruppo del credito cooperativo Iccrea (14%), che precede i player principali UniCredit (12,5%, il dato migliore fra le pari livello in Europa) e Intesa Sanpaolo (10,8%), mentre Mps si attesterebbe al 10,1% quando nell’esame del 2021 sarebbe addirittura andata incontro all’annullamento del capitale nell’ipotesi peggiore. Il dato del gruppo senese sfiorerebbe addirittura il 12% se si tenesse conto dei benefici della riduzione dei costi del personale derivanti dall’uscita lo scorso dicembre di oltre 4mila dipendenti, che Eba non ha considerato per vincoli metodologici.
Sotto il 10%, ma sempre oltre i requisiti minimi dell’Authority, finirebbero in caso di una frenata dell’economia addirittura peggiore di quanto ipotizzato nei precedenti stress test (-6% cumulato in tre anni per il Pil europeo contro il -3,6% considerato nel 2021) Banco Bpm (9%), Mediobanca (8,7%) e Bper (7,9%). E se quest’ultima sottolinea che «una parte dei risultati ottenuti tramite il processo di de-risking avvenuto nel primo semestre 2023 non ha potuto essere considerata in quanto relativa a eventi non completamente finalizzati al 31 dicembre 2022», Mediobanca (che aveva registrato i risultati migliori due anni fa) ha ricordato che lo stress test è stato condotto senza l’applicazione del Danish compromise, ovvero con la deduzione integrale dell’assorbimento legato alla partecipazione in Generali, che avrebbe garantito ratio patrimoniali più elevati.
Soddisfatto per l’esito degli stress test Giuseppe Castagna: «Abbiamo migliorato la nostra performance rispetto ai precedenti esercizi e vengono confermate le nostre capacità di generare valore, nello scenario base, e di resistere ai forti shock in quello avverso», ha ricordato l’a.d. di Banco Bpm, unico fra i manager a commentare nell’immediato, sottolineando anche che «il capitale che registriamo nello scenario adverse è migliore di due punti percentuali di quello ottenuto nello stress test del 2021 pur a fronte dello scenario più negativo mai utilizzato in un esercizio di stress».
Nel complesso, il risultato delle banche italiane appare lusinghiero, visto che nello scenario peggiore sarebbero in grado di conservare al 2025 un livello di capitale medio superiore a quello delle concorrenti tedesche e francesi, fra le quali si annidano anche alcuni casi difficili come Banque Postale o Dz Bank: 11,5% contro rispettivamente 9,6% e 9,1%, a segnalare come l’opera di rafforzamento effettuata negli ultimi anni stia dando i suoi frutti.
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