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Stretta sugli istituti, credito a rischio: servono moratorie e stabilità normativa

«Per la resilienza di fronte alle tante sfide della grave crisi in atto e per sostenere la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione, le banche hanno bisogno innanzitutto di una stabilità anche prospettica delle normative europee e nazionali»

di Antonio Patuelli* e Giovanni Sabatini**

3' di lettura

Aumentano le preoccupazioni per l’avvenire e le raccomandazioni alla lungimirante prudenza che vengono alle banche da parte delle Autorità di Vigilanza europee e italiane in una fase di alta inflazione e di crescita dei rischi di credito, operativi e di mercato per le banche e più in generale dei rischi per la stabilità finanziaria.

Non bisogna, infatti, illudersi che il positivo incremento dello 0,5% del Pil in Italia nel terzo trimestre di quest’anno possa ripetersi nei prossimi trimestri, poiché esso è dipeso soprattutto dalla ripresa del turismo dopo i terribili anni della pandemia e da un clima estivo lunghissimo, addirittura da maggio ai primi di novembre.

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Peraltro la Nadef, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, appena approvata dal Governo italiano, prevede per il 2023 un incremento del Pil annuo solo dello 0,3%.

I recenti rialzi dei tassi d’interesse anche della Bce, più limitati e tardivi rispetto a quelli di quasi tutto il resto del mondo, favoriscono parzialmente i recuperi dei ricavi e della redditività delle banche (per i prestiti a tasso fisso nulla, invece, cambia), ma le penalizzano, con forti minusvalenze patrimoniali, per i titoli da esse detenuti e per i crescenti rischi di crisi di imprese affidate con prestiti, con conseguenti necessità di cospicui accantonamenti e rafforzamenti patrimoniali per le banche, come sollecitano ora le autorità di Vigilanza.

Peraltro il più recente aumento dei tassi della Bce è stato accompagnato, in modo inedito e addirittura retroattivo, dal penalizzante cambiamento delle condizioni dei finanziamenti della Bce alle banche, rendendoli più onerosi per esse.

Il buon andamento del Pil nel 2021 e nei primi mesi del 2022 ha evitato massicci crisi di imprese e i relativi deterioramenti dei crediti bancari, ma la prolungata fortissima crescita dei costi energetici favorisce la recessione che già si intravede nella forte riduzione dei noli per i trasporti via mare che evidenziano cali dei commerci internazionali.

Peraltro i più gravosi costi dell’energia gravano direttamente anche sulle banche che sono imprese che operano soprattutto con imponenti strumenti informatici.

Inoltre, nelle Istituzioni europee sono ormai in conclusivo esame le nuove norme di “Basilea 3+” che appesantiranno ulteriormente i requisiti di capitale che dovranno essere garantiti dalle banche, con ulteriori necessità di accantonamenti e rafforzamenti patrimoniali per gli istituti di credito.

Oltre a “Basilea 3+” possono avere impatti sui requisiti di capitale e sulle loro possibili future redditività altre misure, ora in discussione, come l’integrazione dei fattori Esg nelle attività bancarie, nuove regole di gestione delle crisi bancarie e del quadro macro prudenziale ed anche per le cosiddette cripto-valute, nonché nuovi orientamenti dell’Eba, l’Autorità europea preposta alle normative bancarie, sui rischi di tasso e creditizi per le banche.

Peraltro, proprio pochi giorni fa, Moody’s ha rivisto le prospettive delle banche europee e ha modificato la valutazione sulle banche italiane e di altri cinque paesi europei da “stabile” a “negativo”, prevedendo deterioramenti delle condizioni operative, indebolimenti della qualità dei crediti, della redditività e dello stesso accesso ai finanziamenti delle banche.

Pertanto le banche debbono affrontare le nuove problematiche con rinnovata prudente lungimiranza per contribuire alla resilienza e alla ripresa economica ed occupazionale, evitando nuove massicce crisi di imprese e nuove fasi di crisi bancarie.

Peraltro sui bilanci del prossimo 2023 delle banche operanti in Italia graverà ancora anche una cospicua rata di oneri per i salvataggi bancari del 2015, mentre sui patrimoni delle banche graveranno le ultime rate degli oneri poliennali relativi a crediti deteriorati e connessi all’introduzione del nuovo principio contabile internazionale IAS IFRS 9 e, ovviamente, gli investimenti in tecnologie e sicurezza informatica.

Insomma, la capacità di erogare credito bancario ad imprese e famiglie è quanto mai legata a molteplici fattori esterni ed alla solidità patrimoniale e prospettica delle imprese bancarie, alle loro capacità di generare profitti e accantonamenti prudenziali, alla possibilità di attirare investitori che sottoscrivano stabilmente titoli da loro emessi.

È necessario ed urgente che l’Italia recepisca ed adotti le recentissime misure di cosiddetti nuovi “aiuti di Stato” per le imprese, permessi dall’Unione Europeo fino a fine 2023, a seguito dell’emergenza energetica: si tratta in particolare della possibilità per le imprese di contrarre nuovi prestiti più o meno garantiti dallo Stato.

Ma occorrono ancor più sforzi convergenti per convincere le Istituzioni europee che non hanno ancora autorizzato le banche a concedere alle imprese nuove moratorie e ristrutturazioni dei crediti, quando, invece, le imprese hanno bisogno innanzitutto di più tempo per superare le difficoltà e per restituire i debiti contratti.

Insomma, per la resilienza di fronte alle tante sfide della grave crisi in atto e per sostenere la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione, le banche hanno bisogno innanzitutto di una stabilità anche prospettica delle normative europee e nazionali, per una più stabile certezza del diritto.

*Presidente dell’Abi
**Direttore generale dell’Abi

Riproduzione riservata ©

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