Striscioni contro Salvini, il pm non convalida il sequestro: non offese ma critica politica
di Al.Tr.
2' di lettura
Gli striscioni sequestrati a Gioia del Colle, in provincia di Bari, il 21 maggio scorso, in occasione del comizio di Matteo Salvini, non avevano «una portata e idoneità offensiva». Si trattava piuttosto di «esternazioni del proprio convincimento politico» che «possono assumere toni aspri», ma che sono «prive di portata denigratoria del prestigio della funzione pubblica». Per questi motivi il pm di Bari, Iolanda Daniela Chimienti, non ha convalidato il sequestro di due striscioni da parte dei carabinieri e ha chiesto l’archiviazione dell'indagine per vilipendio a carico di ignoti.
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Il fatto di Bari è solo uno dei tanti episodi di protesta contro i comizi elettorali che il ministro dell’Interno ha tenuto in tutta Italia nelle scorse settimane: basti pensare alle “Balconiadi”, ovvero alle centinaia di striscioni appesi ai balconi che nei giorni scorsi hanno accolto Salvini a Milano.
Gli striscioni “incriminati”
Su uno striscione era scritto “Meglio lesbica e comunista che salviniana e fascista”, nell’altro “La Lega è una vergogna, Pino Daniele”. I due striscioni furono rimossi e sequestrati dai carabinieri: uno su un cavalcavia sulla Statale 100 all'altezza di Gioia del Colle e l'altro sul ponte della ferrovia della città. Secondo il pm dire “fascista” a un politico durante un comizio non è reato, ma
«normale critica politica anche se espressa in toni aspri».
Nel decreto con il quale non ha convalidato il sequestro dei militari dell’Arma, il pm scrive che gli striscioni non rappresentano un’offesa, ma « esternazioni del proprio convincimento politico, che notoriamente in tale ambito possono assumere toni aspri ed essere colorate dall'utilizzo di espressioni diffuse nel gergo corrente, prive di portata denigratoria del prestigio della funzione pubblica e dell’istituzione rappresentata». Il pm ha quindi ordinato la restituzione dei manifesti e chiesto contestualmente l'archiviazione della relativa indagine per vilipendio a carico di ignoti.
Il dissequestro e la richiesta di archiviazione del fascicolo sono state motivate dal giudice richiamando diverse sentenze della Cassazionee della Corte Costituzionale, oltre al diritto di critica e libertà di manifestazione del pensiero tutelati dall'art. 21 della Costituzione e dall'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
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