Stuart Lewis: «Deutsche Bank ha dato un taglio drastico all’esposizione in derivati»
di Isabella Bufacchi
7' di lettura
Deutsche Bank non ha preso un euro da iniezioni di capitale dallo Stato federale tedesco durante la Grande Crisi scoppiata nel 2008. Il prossimo 15 settembre cade l'anniversario del decimo anno dalla bancarotta della Lehman brothers. Dieci anni fa, la Grande Crisi devastò il mondo bancario con una violenza senza precedenti: tra il 2007 e il 2009 fallirono Bear Stearns, AIG, Fannie Mae e Freddie Mac, Northern Rock, Landesbank Sachsen, Washington Mutual, Wachovia, Fortis, tutte le grandi banche islandesi e irlandesi, Bradford & Bingley, Dexia, Abn-Amro, Hypo Real Estate. Bank of America acquisì ML e Commerzbank si fuse con Dresdner bank.
Molte banche furono nazionalizzate, molte altre rimasero sul mercato ma rafforzate con poderose iniezioni di capitale di denaro pubblico. E DB? Il colosso tedesco, senza garanzie pubbliche ma puntellato dalla vigilanza bancaria europea, è andato avanti per la sua strada. Dal 2008 DB ha ridotto il bilancio e i rischi che monitora sul suo bilancio in oltre 150 tipi. In dieci anni dalla crisi ha tagliato le esposizioni proprio verso quei rischi che portarono al collasso tanti colossi bancari, come i derivati OTC (over-the-counter) e gli asset illiquidi. Nessuna sforbiciata invece sui NPLs (1,27% il rapporto NPLs/total assets contro la media dell'Eurozona del 4,92%): il rapporto crediti deteriorati NPE/total assets è sempre stato basso in Deutsche Bank ed ora è allo 0,8%. “Posso certamente affermare che DB è una banca sicura”, dice senza esitare Stuart Lewis, chief risk officer e membro del Board dal 2012, in un'intervista esclusiva rilasciata al Sole24Ore nel suo ufficio che sovrasta la City, nei quartieri generali londinesi della Deutsche Bank. Lewis è anche presidente di Deutsche Bank Spa, alla quale in Italia non concede di accumulare sofferenze e tiene al rapporto NPE/total assets che è al 4,7%.
Prima della crisi nel 2008 il titolo DB valeva oltre €40 euro. Nel novembre 2008 toccò un minimo vicino a €14 ora viaggia attorno a €10. Il mercato, gli stakeholders, gli investitori guardano a DB con occhio critico, redditività, costi, utili ma anche ai rischi, alle esposizioni sui derivati, agli asset poco liquidi e illiquidi come Level2 e Level3. Rispetto agli eccessi di dieci anni fa, DB oggi è una banca più sicura?
DB è una banca sicura, non esito a dirlo. Dieci anni fa la nostra esposizione lorda in derivati ammontava a più del 50% della nostra totale attività ora è il 24% dei total assets. Dal 2008 anche il nostro bilancio si è ridotto pesantemente: da €2.200 miliardi nel 2008 agli attuali 1.400. E nel periodo 2013-2014 abbiamo effettuato un'enorme operazione di “compressione” dell'esposizione in derivati.
“Comprimere” un derivato”: che cosa significa comprimere un derivato?
Bisogna sapere come funziona il trading in derivati. I traders, invece di chiudere un derivato, erano soliti fare un nuovo derivato con il flusso (cash flow) opposto: in seguito a questo, con il netting (ndr. operazione accettata da SSM/Bce che consiste nell'annullare operazioni identiche reciproche tra due controparti) risultava una posizione con zero rischio ma nel bilancio in termini di valore nozionale lordo, la dimensione del portafoglio in derivati aumentava. Ebbene, il nostro bilancio nel 2013 e 2014 è stato ripulito, compresso, da operazioni di questo tipo che raddoppiavano il volume lordo delle posizioni in derivati.
I numeri sui derivati spaventano sempre, compressi e non. Mettiamo da parte il valore nozionale del sottostante dei derivati OTC, quei US$ 530mila miliardi dato Bri a fine 2017. Guardiamo invece al valore di mercato: qual è l'esposizione di DB sui derivati?
L'esposizione al valore nozionale lordo dei derivati non riflette il rischio di credito né il rischio di mercato. I derivati altro non sono che i flussi (cash flow) generati su asset sottostanti. Il rischio dei derivati è infatti dovuto alla sensitività del prezzo degli asset sottostanti, il mark-to-market delle posizioni e il rischio controparte, cioè la valutazione della probabilità che la controparte non sia in grado di rispettare i suoi obblighi contrattuali nel contratto derivato. Non facciamo mai riferimento al valore nozionale di un portafoglio derivati, quel che conta è il flusso. Le dimensioni lorde del nostro portafoglio trading in derivati, al valore di mercato in base ai criteri contabili europei IFRS, è composto dai valore attuale (present value) dei flussi futuri in due direzioni: €348 miliardi è quanto ci vedono le nostre controparti, €276 miliardi è quanto dobbiamo noi alle nostre controparti. In seguito al netting di questi due valori di cash flow opposti la nostra esposizione totale netta scende a €72 miliardi.
Le sofferenze bancarie, i NPLs, sono garantiti da asset collaterali: c'è chi sostiene che i derivati sono più pericolosi perché non hanno quel tipo di garanzia collaterale, è così?
La maggior parte del nostro portafoglio in derivati OTC (over-the-counter) è collateralizzata: noi chiediamo collaterale alle controparti e loro lo chiedono a noi. I derivati OTC sono collateralizzati da una ventina d' anni e le recenti regole sui mercati finanziari EMIR e Dodd Frank hanno aumentato il livello della collateralizzazione. Fin dove possibile, noi utilizziamo anche le casse di compensazione e garanzia, le clearing houses (controparti centralizzate) per le transazioni in derivati OTC. In questo modo abbiamo un beneficio per mitigare il rischio di credito attraverso il sistema dei margini delle clearing houses e i contributi versati dai membri delle casse di compensazione e garanzia al fondo per i default.
Come funziona il sistema del collaterale con le vostre controparti, senza la clearing house?
Per ogni controparte dei nostri derivati OTC, valutiamo giornalmente il valore di mercato (mark-to-market) dell'esposizione del cash flow e chiediamo alle controparti il versamento del collaterale quando abbiamo un'esposizione di credito. La nostra esposizione netta in derivati pari a €72 miliardi ha €49 miliardi di collaterale: €40 miliardi in cash (soprattutto dollari Usa ed euro) e €9 miliardi in titoli di Stato (US Treasuries e Bund tedeschi).La nostra esposizione netta in derivati senza collaterale scende quindi a €23 miliardi e questa le assicuro non è una grande cifra. Va detto che le controparti del portafoglio da 23 miliardi sono essenzialmente quelle che non danno collaterale a nessuno nei derivati: sono le banche centrali dei Paesi con economie avanzate, gli enti sovrannazionali.
Qual è l'impatto dell'esposizione DB in derivati sul CET1?
La nostra posizione in derivati ha una ponderazione per il rischio di credito di 29 miliardi, equivalente all'8% del nostro RWA totale.
A che tipo di rischi di mercato si espone DB attraverso i derivati?
Il nostro portafoglio in derivati è soprattutto su tassi d'interesse (60-65%) poi valute (20-25%) e una quota minore equities (8%) e derivati di credito (8%) (ndr. per esempio i credit default swaps).
Il RWA delle banche europee vigilate dall'SSM è mediamente suddiviso 85% rischio di credito, 11% rischi operativi, 3% rischio di mercato. DB è diversa. Come si spiega?
Da quel che sento i nostri azionisti e gli investitori nei nostri bond sono tranquilli sulla nostra solidità in termini di capitale e rischi. DB sembra diversa perché una quota significativa dei nostri servizi alla clientela è CIB ( corporate and investment banking). E ci sono due motivi che spiegano questo. Innanzitutto per i rischi operativi utilizziamo un approccio avanzato, il cosiddetto “advanced model approach” (AMA) che ci posiziona su valori più elevati rispetto alla media delle altre banche europee che non utilizzano questo modello (ndr. usano lo standard). Inoltre in passato, come è accaduto ad altre banche come la nostra attive nell'investment banking, abbiamo avuto notevoli perdite e accantonamenti a causa della regolamentazione prudenziale e i contenziosi, le cause civili, che hanno un impatto significativi sul calcolo del rischio dovuto al nostro modello. (ndr tra i rischi operativi oltre a quello legale e dei contenziosi, delle multe, della compliance c'è anche cybersecurity, riciclaggio di denaro sporco, conosci-il-tuo-cliente, IT inteso come sistemi di controllo). Il nostro RWA è dato per il 64% rischio di credito, il 9% rischi di mercato e il 27% rischi operativi. Se confrontiamo DB con le banche d'investimento svizzere, inglesi o americane i loro rischi operativi sono tra il 20% e il 30%. In quanto al rischio di mercato, il nostro 9% si spiega prevalentemente per la composizione del nostro portafoglio titoli. Il nostro bilancio è esposto a circa 150 rischi, di cui 100 non finanziari.
Il mercato si attende una stretta dalla vigilanza europea sulle regole prudenziali che riguardano la copertura dei rischi di mercato, un giro di vite che colpirà di più le banche attive nell'investment banking come DB rispetto alle banche commerciali. Il capitale accantonato per coprire il rischio di mercato in prospettiva potrebbe aumentare se dovesse passare così com'è la FRTB, Fundamental review of trading books. Qual è la posizione di DB a riguardo?
Questa è una nuova regolamentazione e non è finalizzata quindi non sappiamo esattamente come sarà. Potrebbe essere implementata a partire dal 2022 e si impiegheranno diversi anni prima che vada totalmente a regime. Sarà un processo molto graduale, e la nostra stima è che l'impatto sul nostro capitale sarà gestibile.
In quanto agli assets poco liquidi e illiquidi, un'altra fonte di rischio da come la vede il mercato. DB è molto esposta DB agli strumenti Level2 e Level3? C'è chi ne conta €6.800 miliardi nella sola Europa sommando tra l'altro assets e liabilities...
Chiariamo subito: il termine Level2 e Level3 non descrive la rischiosità degli asset ma definisce la capacità di stabilire il fair value di un asset. E' una questione contabile. Gli asset di Livello 1 hanno prezzi quotati in mercati attivi, liquidi, quindi è facile osservare come vengono negoziati e vederne la performance e quindi stabilire il loro fair value: in questa categoria rientrano i derivati negoziati in Borsa, come i futures e le traded options. Il prezzo degli strumenti Level2 è determinato dai prezzi di strumenti simili negoziati in mercati attivi, liquidi. Molti derivati OTC e anche alcuni tipi di CDO rientrano in questa categoria. Il prezzo degli assets Level3 invece non può essere determinato direttamente con informazioni osservabili sul mercato: tuttavia gli strumenti Level 3 sono negoziati, sono traded: in questa categoria rientrano i derivati OTC più complessi, le cartolarizzazioni illiquide, e alcuni CDO. In quanto alle dimensioni di DB, abbiamo €495 miliardi di Level2 e €22 miliardi di Level3. Se sommiamo queste due cifre, il totale dei nostri Level2 e Level3 è pari al 36% sui total assets, un rapporto che è in linea con banche come la nostra, per esempio Barclays e Credit Suisse (38%), Citi (44%), JP Morgan (29%).
E il vostro portafoglio Level3, si è ridotto negli ultimi 10 anni come quello in derivati?
Si, ora è un quarto rispetto a dieci anni fa. Nel 2008 DB aveva €88 miliardi in Level3, ora sono 22 miliardi. E di questi 22 miliardi, solo 8 miliardi sono il valore mark-to-market dei derivati.
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