la crisi

Taglio parlamentari e voto subito? Stop del Colle: è improponibile

di Emilia Patta

Nuovo governo o voto: i possibili scenari della crisi

3' di lettura

Il voto di martedì sera in Senato sul calendario è andato come previsto alla vigilia: il fronte del ricompattato centrodestra a trazione salviniana (Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia) è stato battuto sulla proposta di calendarizzare le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte oggi, 14 agosto: l’Aula si riunirà dunque martedì 20.

Il giorno dopo il probabile voto di sfiducia a Conte (che potrebbe anche non esserci qualora il premier ormai uscente decidesse di salire al Quirinale per le dimissioni subito dopo le sue comunicazioni) si aprirà formalmente la crisi di governo e la parola passerà al Capo dello Stato Sergio Mattarella per le consultazioni e la soluzione della crisi nelle due direzioni possibili: o ritorno alle urne tra fine ottobre e novembre come vuole il leader della Lega o la formazione di un altro governo.
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Fino a quel momento Mattarella non parlerà e attenderà gli sviluppi dei dialogo in corso tra i partiti, segnatamente Pd e M5s, per capire se ci sono le basi per la formazione di un governo che si basi su una maggioranza alternativa a quella giallo-verde andata ormai in frantumi.

MAGGIORANZE ALTERNATIVE / Come si arriva a quota 161 in Senato

Ma almeno un paletto il capo dello Stato, ancora alla Maddalena per qualche giorno di riposo, vuole metterlo per tempo. Il paletto riguarda l’ipotesi di votare subito in Aula alla Camera il sì finale alla riforma costituzionale che taglia di oltre un terzo il numero dei parlamentari, per poi andare subito alle elezioni come proposto pubblicamente da Salvini in Senato. «È improponibile votare una legge costituzionale che modifica il Parlamento e congelarla applicandola alle elezioni tra cinque anni...», fanno sapere fonti del Quirinale. E non a caso in serata la terza carica dello Stato, ossia il presidente della Camera Roberto Fico, si fa quasi portavoce delle preoccupazioni quirinalizie e aiuta a sgombrare il campo dagli equivoci: la Capigruppo calendarizza il taglio dei parlamentari il 22, dopo che Conte si sarà dimesso e quindi il voto sarà sospeso fino alla chiusura della crisi.

La sfida lanciata dal leader della Lega in Aula ai 5 stelle appare dunque ancora di più una sfida tutta elettorale agli ormai ex alleati per non farsi accusare di aver voluto la crisi per evitare il taglio. E val la pena ricordare che uno dei motivi che hanno spinto Salvini ad accelerare sulla crisi è stato proprio l’incastro di tempi che si aprirebbe dopo l’eventuale via libera alla riforma e impedirebbe di fatto il ritorno alle urne fino a primavera inoltrata: da un minino di 7 mesi (tre mesi per dare modo agli aventi diritto di richiedere le firme per l’eventuale referendum confermativo, più due mesi per il ridisegno dei collegi elettorali più due mesi per tornare al voto) a un massimo di 9 mesi (se ai tempi detti si aggiungesse la celebrazione del referendum). Insomma, rilancia la sfida il leader pentastellato Luigi Di Maio, «se Salvini vuole il taglio dei parlamentari ritiri la sfiducia».

Insomma, doppia sconfitta per Salvini: il voto del Senato che prefigura una possibile nuova maggioranza alternativa (161 voti) e lo stop tempestivo di Fico e del M5s alla trappola tesa sul taglio dei parlamentari con l’aiuto indiretto del Colle. Tutti segnali che la trattativa tra i due principali gruppi che potrebbero dar vita a un governo di scopo o di legislatura che dir si voglia, ossia il M5s e il Pd, sono realmente in corso. Passare dalla disponibilità alla stesura di un programma e all’indicazione dell’eventuale squadra non è tuttavia semplice. Ed è per questo che Mattarella attende le mosse dei partiti: occorre non solo avere i numeri in Parlamento, e questo presuppone gruppi uniti, ma anche l’indicazione di obiettivi chiari e credibili. La questione della durata del governo, che tanto appassiona i partiti (governo per votare nel 2020 o per arrivare alla fine della legislatura), non ha invece molto senso dal punto di vista istituzionale: nessun governo può nascere con una data di scadenza, sulla sua vita è sovrano il Parlamento.

Sul tavolo del Quirinale, in caso di fallimento della trattativa ancora allo stato incipiente tra Pd e M5s, resta sempre l’ipotesi per così dire minimal: la formazione di un governo di garanzia elettorale che traghetti il Paese alle urne in autunno in un clima il più possibile sereno e senza gli attuali ministri in carica, Salvini compreso.

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