Interventi

Sud, la fiducia degli investitori passa da tempi certi per le opere

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In questi ultimi anni esperti delle politiche di sviluppo sostenibile del Paese: scienziati, umanisti, giuristi, storici hanno promosso in Italia un insieme di ricerche e di incontri sul cambiamento di fronte a una grande indifferenza della politica, preoccupata prevalentemente di annunciare palingenesi. Tra la fine dello scorso anno e l’inizio di questo, un gruppo proveniente dalle diverse realtà accademiche e scientifiche ha partecipato ad alcuni incontri sul tema: “Governare l’Italia oggi”.

Da questo lavoro collettivo è nata una relazione che abbiamo consegnato nelle scorse ore al presidente del Consiglio Mario Draghi e nella quale abbiamo sottolineato il fondamentale riposizionamento del nostro Paese.

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Viviamo in una logica di grandi aree in competizione tra loro, per cui possiamo avvalerci della nostra collocazione nel Mediterraneo e mirare a politiche per l’innovazione e la transizione digitale e ambientale con essa compatibili e, allo stesso tempo, adottare, nella logica Ue, interventi su un sistema di infrastrutture, materiali e immateriali, che rilancino la nostra competitività, tanto del Mezzogiorno quanto del Nord che, da tempo, ha visto decrescere i vantaggi della cooperazione con i Paesi più sviluppati della Ue. Siamo certi che l’effetto crescita degli investimenti da realizzare nel Mezzogiorno andranno a vantaggio dell’intero Paese.

Il Mediterraneo, insieme ai Paesi dell’Africa sub Sahariana, è l’area al mondo a più forte aumento demografico: per i Paesi rivieraschi del bacino si prevede, nei prossimi tre decenni, un aumento di popolazione dagli attuali 593 milioni a oltre 790 milioni e un significativo sviluppo delle relative economie, che costituiscono non solo il serbatoio delle giovani generazioni, ma anche di fonti energetiche rinnovabili, di importanti giacimenti di gas e delle materie prime di base. La sponda nord, ricca di risorse finanziarie e di cultura tecnica e scientifica, potrà candidarsi ad accompagnare questo sviluppo confermando il ruolo di un mare che, più che una barriera insormontabile, da sempre unisce.

L’obiettivo è quello di consolidare un aspetto di cruciale rilevanza della politica euro-mediterranea, che è fondamentale per il nostro ruolo. L’upgrading del sistema portuale meridionale, l’effettiva operatività delle Zes consentono di strutturare in modo efficiente le funzioni logistiche dell’intermodalità e della trasversalità territoriale a cui deve concorrere la progressiva, rapida attivazione di un sistema di Autostrade del Mare (da tempo annunciata e mai adeguatamente sviluppata), fattore di ulteriore nostro vantaggio, sul versante della transizione energetica e della sostenibilità ambientale.

Sarà così realizzata la missione di fare del “nostro” Mediterraneo, la grande piazza di un mercato di scambio, riscattando le nostre inerzie strategiche che lo hanno reso, fino a ora, un passivo mare di transito. L’effetto crescita degli investimenti da realizzare nel Mezzogiorno va visto nel vantaggio complessivo che nasce per l’intero Paese e per l’Europa. A questi fini il cambiamento del sistema infrastrutturale italiano del Sud e del Nord non può prescindere dalla integrazione e piena omogeneizzazione qualitativa delle connessioni trasportistiche del Sud con quelle del resto del Paese, in conformità con il grande Trans-European Transport Network.

Il Mezzogiorno e il Mediterraneo diventano la leva per il Nord dell’Italia e per lo stesso Nord dell’Europa e aiutano a far argine a rivendicazioni corporative a sussidi stimolando invece l’impegno a raggiungere tappe coordinate di sviluppo che, nel dare al Sud lavoro e benessere e un definitivo ancoraggio ai valori costituzionali, arricchiscano l’Italia nel suo insieme. L’Italia non solo è parte vitale dell’Europa ma è anche il braccio e parte della mente europea, protèsi, attraverso il Mediterraneo, verso l’immenso continente africano, i Balcani e il Medio Oriente, passaggi obbligati verso popoli e mercati che saranno sempre più tra i maggiori protagonisti del nostro tempo. E riteniamo sia anche ossigeno per un Centro-Nord italiano alla ricerca di nuovi percorsi.

Oggi non è solo il Mezzogiorno in gravi difficoltà ma, e in modo crescente, anche il Nord, cioè le stesse regioni che hanno costituito – nel passato – un ruolo di motrici dello sviluppo.

Il documento che abbiamo consegnato al Presidente del Consiglio indica l’esistenza di un tallone d’Achille e la necessità di alcune scelte radicali: confrontando l’enorme quantità di opere materiali e immateriali promesse negli anni con l’ammontare delle realizzazioni effettive – così come viene descritto nel documento – ci si rende conto del gap di credibilità degli investitori, degli imprenditori e dei cittadini verso le istituzioni per cui la programmazione delle opere e dei tempi di realizzazione devono essere rigorose e concrete per poter assicurare una accountability trasparente e comprensibile.

A questo proposito, dobbiamo ricordare che, nel 1950, per attuare un piano straordinario di complessi organici di opere pubbliche, furono adottati provvedimenti che consentirono di raggiungere, nel giro di mesi, un ammontare notevole di impegni di spesa e, in breve tempo, un rilevante avanzamento dei lavori. Oggi, con strumenti e tecnologie ben più ampie non possiamo non esigere la stessa efficienza.

Gli autori dell’articolo: Luigi Paganetto, Adriano Giannola, Alessandro Corbino, Leandra D’Antone, Mario Panizza, Flavia Marzano, Giandomenico Magliano, Vincenzo Scotti

Riproduzione riservata ©

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