Sudan nel caos, Onu: almeno 180 vittime e 1.800 feriti in tre giorni
I paramilitari sudanesi delle Forze di supporto rapido (Rfs) cercano di prendere il potere e di scalzare l'esercito in una prova di forza fatta di incursioni, sparatorie, raid aerei, mobilitazioni di blindati e annunci contrastanti
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Situazione di caos totale in Sudan per lo scontro di potere tra due generali. Nella mattina di domenica è stato chiuso lo spazio aereo in seguito agli scontri. La rivalità politica tra i due militari ai vertici del Consiglio sovrano che al momento guida il Paese, Abdel-Fattah Al-Burhan e il filorusso Mohamed Hamdan Dagalo, è esplosa sabato in scontri e violenze a Khartoum. I paramilitari sudanesi delle Forze di supporto rapido (Rfs), capeggiati da Dagalo, cercano di prendere il potere e di scalzare l'esercito in una prova di forza fatta di incursioni, sparatorie, raid aerei, mobilitazioni di blindati e annunci contrastanti. Il bilancio dei primi tre giorni di violenze è di 180 decessi e 1.800 feriti, secondo un dato Onu aggiornato la sera del 17 aprile.
L’Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell, ha denunciato che «l’ambasciatore della Ue in Sudan è stato aggredito nella sua residenza. Ciò costituisce una grave violazione della Convenzione di Vienna. La sicurezza delle sedi e del personale diplomatico è una responsabilità primaria delle autorità sudanesi e un obbligo ai sensi del diritto internazionale».
Burhan ordina scioglimento Rsf. Degalo: combattiamo per democrazia
Intanto la tensione cresce anche sul versante politico. Al-Burhan, ha ordinato lo scioglimento delle forze paramilitari di sostegno rapido (Rsf), definendole «gruppo ribelle». “A seguito della loro ribellione,« il presidente del Consiglio sovrano e comandante in capo delle forze armate ha preso la decisione di sciogliere le Rsf e di dichiararle un gruppo ribelle contro lo Stato. Di conseguenza si procederà contro di esse», ha affermato il ministero degli Esteri del Sudan, denunciando gli attacchi delle Rsf contro le posizioni militari nella capitale Khartoum e in altre città del paese, compresi quelli contro la residenza di al-Burhan. Il ministero ha sottolineato che le azioni dei paramilitari sono segno di «cattiva fede» e che l’esercito sudanese «ha risposto, in linea con la sua responsabilità nazionale, per raggiungere la sicurezza e la stabilità nel paese».
Lo stesso al-Burhan, ha aperto a negoziati, pur dicendosi convinto che le sue truppe sconfiggeranno “definitivamente” il gruppo paramilitare delle Forze di supporto rapido (Rsf). In un’intervista a Sky News, al-Burhan ha spiegato di essere disponibile a trattare poiché «ogni guerra finisce al tavolo dei negoziati anche se l’avversario viene sconfitto» e ha aggiunto che «anche se c’è la resa, c’è anche un negoziato«. E alla domanda se le sue truppe sconfiggeranno la Rsf, ha risposto: «Sicuramente».
Dagalo ha replicato che le sue truppe stanno combattendo «per la democrazia» e ha invocato l’intervento della comunità internazionale contro «i crimini del generale sudanese Abdel Fattah al-Burhan»
Tajani a G7: «Preoccupano scontri in Sudan, cessate fuoco»
«Il governo italiano esprime vivissima preoccupazione per il protrarsi degli scontri armati tra l’esercito regolare e i gruppi paramilitari a Khartoum e per l’estensione dei combattimenti a diverse zone del Sudan». Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani al vertice del G7 Esteri oggi a Karuizawa, in Giappone, dove gli scontri in Sudan sono entrati tra i temi in discussione. Per Tajani «soltanto un cessate il fuoco immediato con la ripresa dei negoziati potrà consentire di giungere a un accordo politico inclusivo per la formazione di un governo civile di transizione che porti il Sudan a elezioni democratiche».
Colpita la sede della tv al-Arabiya a Khartoum
La sede dell’ufficio di corrispondenza della tv panaraba Al Arabiya e del suo canale di sole notizie al-Hadath a Khartoum sono stati “colpiti da nuovi bombardamenti nella capitale” sudanese dove da ieri avvengono scontri fra esercito regolare e paramilitari. Lo scrive su Twitter la stessa al-Hadath.
Il capo dell’Unione africana (Ua), Moussa Faki Mahamat, andrà “immediatamente” in Sudan per spingere esercito e paramilitari a concordare un “cessate il fuoco”. E’ quanto emerge da un comunicato adottato oggi dal Consiglio per la pace e la sicurezza (Psc) della stessa Ua sulla situazione in Sudan, con l’annuncio di una propria “missione sul campo”.
Sono 97 le vittime degli scontri tra le forze armate e le Forze di supporto rapido (Rsf). I feriti sono decine e molti non hanno potuto raggiungere gli ospedali a causa delle difficoltà negli spostamenti sul territorio. E’ quanto comunicato dal sindacato dei medici sudanesi.
Le forze armate comandate dal generale Abdel-Fattah Al-Burhan, capo del Consiglio sovrano, hanno sostenuto di aver «riconquistato tutte le aree vitali» e la situazione innescata dagli attacchi dei paramilitari «sta per essere risolta». Ammettendo di averne perso parzialmente e momentaneamente il controllo, l'esercito ha confermato di aver ripreso gli aeroporti di Khartoum e di Merowe, città 440 km più a nord della capitale, cacciando le Rfs guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, detto “Hemeti”, con fama di vicinanza alla Russia e numero due del Consiglio.
Nell'incursione allo scalo le Rsf hanno dato fuoco ad aerei civili, compreso uno della Saudi Airlines. L'aviazione sudanese ha annunciato di aver colpito due basi dei paramilitari a Khartoum. Un funzionario delle Nazioni Unite ha riferito di scontri «letteralmente ovunque» nella capitale, anche nella zona in cui si trova l'ambasciata italiana.
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