ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa crisi

Sudan, già in bilico il nuovo accordo di tregua. Preso laboratorio, l’Oms: alto rischio biologico

Vacilla anche l’ennesimo accordo per un cessate il fuoco di 72 ore. I paramilitari di Rsf accusano le forze armate, mentre l’Onu lancia l’allarme: 270mila persone potrebbero fuggire verso Ciad e Sud Sudan

di Alberto Magnani

Atterrato a Ciampino primo aereo per rientro italiani dal Sudan

3' di lettura

Sta già vacillando la tregua «di 72 ore» concordata in Sudan, l’ennesimo tentativo di mediazione dallo scoppio del conflitto. A nemmeno un giorno dall’entrata in vigore dell’accordo, sponsorizzato anche dal segretario di Stato americano Antony Blinken, sono già scattate accuse reciproche di violazione dell’intesa fra le due fazioni in conflitto: l’esercito regolare e i paramilitari delle Rapid support forces, capitanati rispettivamente dai generali al-Buhari e il suo (ex) vice Dagalo, detto Hemetti.

La tre giorni è apparsa in bilico fin dalle sue prime ore, con aerei militari in volo sopra la capitale e suoni di spari ed esplosioni echeggiati in quello che sta diventando il decimo giorno consecutivo di combattimenti. Nel frattempo cresce la preoccupazione per l’impatto di un conflitto che ha già provocato - almeno - 400 vittime e oltre 3.700 feriti, scatenando gli allarmi delle Nazioni unite per una crisi umanitaria di impatto internazionale. Dopo l’esodo della diplomazia e dei civili internazionali, rimpatriati d’urgenza dai rispettivi governi, l’Onu conteggia già 20mila cittadini in fuga dalla regione del Darfur e stima che altri 270mila potrebbero muoversi verso il Ciad e il Sud Sudan.

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Il ritorno alle ostilità e la presa del laboratorio

Le aspettative di una tregua più longeva di quelle annunciate finora si sta infrangendo sulle prime denunce ufficiali di violazioni di un cessate il fuoco spinto soprattutto da Usa e Arabia Sauditi. I paramilitari delle Rsf hanno scritto dal proprio account Twitter, aggiornatissimo e affiancato a quello dello stesso Dagalo, che «l’esercito sudanese ha violato il cessate il fuoco continuando ad attaccare Khartoum via aereo, cosa che è una chiara violazione dell’accordo di cessate il fuoco». Questo, aggiungono i paramilitari, «conferma l’esistenza di diversi centri di decisione all’interno delle forze armate golpiste e degli avanzi del defunto regime». Le forze regolari ribaltano l’accusa, mentre il ministero degli Esteri sudanese contesta ai paramilitari l’aggressione di diplomatici esteri e denuncia l’assassinio di un funzionario egiziano.

Fra gli sviluppi più allarmanti della giornata c’è il sequestro di un laboratorio dove si studiano agenti patogeni del morbillo e del colera. La dirigente dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Nima Saeed Abid, ha spiegato che l’irruzione può generare un «alto rischio di pericolo biologico», perché i tecnici non sono riusciti ad accedere al Laboratorio nazionale di sanità pubblica per mettere al sicuro i materiali. «Questa è la preoccupazione principale: nessuna possibilità per i tecnici di accedere al laboratorio e mettere in sicurezza il materiale biologico e le sostanze disponibili». Nella capitale, Khartoum, milioni di cittadini sono blindati in casa per ripararsi dagli scontri a fuoco e i raid aerei che imperversano sulla città, mentre le violenze minacciano di allargarsi anche ad altre regioni del terzo paese più esteso dell’Africa.

Sono ancora le Nazioni unite a sottolineare i rischi di impatto sulla stabilità interni ed esterni, visto che l’escalation sta esasperando tensioni pregresse al paese. Il Sudan ospita già un milione di rifugiati, in fuga da paesi confinanti come Etiopia o Ciad, in aggiunta a 3,7 milioni di sfollati interni. La crisi che sta crescendo ha già sortito l’effetto di «invertire i flussi» migratori, ha spiegato al Sole 24 Ore Francesco Strazzari della Scuola superiore Sant’Anna, mentre rimangono gli interrogativi su una degenerazione più estesa delle ostilità. Per ora le violenze si sono concentrate soprattutto nella capitale e hanno coinvolto le forze militari e paramilitari capeggiate dai due generali golpisti al-Burhan e Dagalo. Un’espansione in altre regioni del Paese potrebbe avviare una guerra civile.

Riproduzione riservata ©
  • Alberto MagnaniRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: inglese, tedesco

    Argomenti: Lavoro, Unione europea, Africa

    Premi: Premio "Alimentiamo il nostro futuro, nutriamo il mondo. Verso Expo 2015" di Agrofarma Federchimica e Fondazione Veronesi; Premio giornalistico State Street, categoria "Innovation"

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