Sul futuro di Apple non pesa solo la Guerra commerciale
di Giuliano Noci
3' di lettura
L’annuncio di Tim Cook di una correzione al ribasso dei ricavi previsti per il primo trimestre del 2019, a causa di un rallentamento non preventivato delle vendite di iPhone in Cina, ha immediatamente innescato una pesante reazione negativa dei mercati.
La guerra commerciale tra Cina e Usa è dai più additata come la principale causa di questo improvviso cambio di scenario per il gigante di Cupertino. In effetti, nell’immediato, lo scontro tra le due super potenze ha certamente influito sul cambio di prospettiva visto il calo della propensione al consumo dei cinesi registrata da tutti i sondaggi: le vendite al dettaglio sono aumentate “solo” dell’8% a novembre (il dato più basso degli ultimi 15 anni) e il mercato dell’auto, dopo una corsa incessante, ha registrato cali nelle immatricolazioni. Nel medio periodo – se i due Paesi non troveranno un accordo – lo avrà ancora di più per il fatto che si assemblano in Cina, per tramite di Foxconn, tutti gli iPhone destinati al mercato globale, che potrebbero venire così penalizzati per i conseguenti dazi commerciali.
La previsione di ricavi per gli iPhone in Cina inferiori alle aspettative non può essere tuttavia spiegata solo con la guerra commerciale in atto; vi sono, a mio avviso, ragioni più profonde alla base dell’annuncio di Cook: ne individuo almeno tre. Vi è, in primo luogo, un tema di incapacità di Apple di individuare una nuova discontinuità per il mercato degli smartphone; come è stato nel 2007 con il lancio dell’iPhone, che ha introdotto nel telefono il concetto di mobile app e una nuova funzione d’uso, la fotografia, contribuendo a innescare un nuovo corso industriale: Uber e Airbnb non sarebbero esistiti senza l’iPhone. È questo un tema particolarmente critico in Cina dove i player locali realizzano ormai device con caratteristiche del tutto confrontabili con quelle dell’iPhone, a prezzi decisamente più convenienti. In secondo luogo, l’ecosistema Apple non tiene nel dovuto conto delle specificità del contesto locale: i cinesi “vivono su Wechat” e sono abituati ad accedere a tutti i servizi utili per la loro vita nell’ambito di questo ambiente. In questo contesto, il sistema Apple, che non si è voluto adattare alle (significative) specificità del più grande mercato Internet al mondo, non è assolutamente differenziante; anzi è sullo sfondo delle esperienze mediali dei cinesi. Vi è infine un tema di scelte sbagliate di portafoglio prodotti; all’atto della presentazione degli ultimi iPhone (XS, XS Max e XR), Apple ha infatti deciso di ritirare dalla Cina gli iPhone SE (i più economici): una scelta incoerente con il trend di maggiore frugalità indotto nei consumatori cinesi dalla crescente incertezza di contesto.
In chiave prospettica, la situazione in Cina potrebbe anche peggiorare per Apple visto che la guerra commerciale innescata da Trump determinerà probabilmente effetti opposti rispetto ai desiderata del presidente americano: ovvero un’accelerazione del percorso verso innovazione e efficienza delle imprese cinesi, che appare peraltro molto probabile proprio nelle telecomunicazioni mobili in virtù della rilevanza di player come Huawei e Xiaomi, che sono ritenuti in Cina dei prodotti cult e vantano volumi di vendita maggiori dell’iPhone.
In estrema sintesi, l’effetto combinato di un ciclo di innovazione giunto a maturità (quello dello smartphone), della maggiore parsimonia nei consumi dei cinesi e della sempre maggiore competitività di altri player (Huawei e Xiaomi, in primis) potrebbe creare problemi rilevanti per il colosso di Cupertino, e non solo in Cina. Non è infatti peregrina l’ipotesi che quanto si sta verificando sul mercato cinese sia un segnale anticipatore di quanto potrebbe accadere in altri Paesi; l’onda lunga (e prepotente) del fenomeno iPhone va via via attenuandosi e Apple dovrà trovare una nuova killer innovation. Insomma, se è vero che i problemi che Apple sta incontrando in Cina saranno presto di dominio comune di altri grandi imprese, è anche da considerare l’ipotesi che i problemi dell’iPhone in Cina possano estendersi ben oltre i confini dell’ex Impero di Mezzo.
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