Visione a 360 gradi

Sul tetto di Milano: moda e accessori sospesi tra cielo e terra

Quattro fotografe, quattro sguardi diversi e personali. Nascono così ritratti di cappelli e décolleté, landscape di abiti e pezzi unici

di Nicoletta Polla Mattiot

3' di lettura

Al decimo piano, nelle giornate di vento, da una parte hai la Madonnina e lo skyline dei grattacieli e delle gru, dall'altra le Alpi, con il profilo del monte Rosa che in questa stagione riconosci per il chiarore della neve che riverbera nitore. Siamo in viale Sarca, quartiere Bicocca, a nord-est di Milano, sul tetto dell'Urban Cube, il palazzo a basso impatto ambientale, nuova sede de Il Sole 24 Ore. È qui, in questa Milano vista dall'alto, che quattro fotografe e un operatore video ambientano, ciascuno da un'angolazione diversa, gli oggetti della moda che verrà. Lea Anouchinsky, Amina Marazzi Gandolfi, Francesca Moscheni, Federica Nardese esprimono quattro sguardi e punti di vista completamente diversi perché diversa è la loro storia e la loro formazione, a cui si unisce la ripresa aerea e la visione dall'alto di Giovanni Aghito.

Le immagini del backstage del servizio: abiti, accessori, gioielli e oggetti design durante l'allestimento del set.

Un racconto corale che interpreta abiti, accessori, gioielli, profumi della nuova stagione con registri sorprendentemente personali: c'è chi usa la luce per giocare con il profilo di sagome design, facendo danzare oggetti colorati e materiali preziosi sulle ombre; c'è chi sale in terrazza prima che sorga il sole per catturare la sfumatura rosata dell'alba che dialoga con i rosa, i mauve, i pastelli dei tessuti; chi punta sull'ironia e il contrasto fra atmosfere campestri e spazi industriali, cassette di ortofrutta e lusso ricercato; c'è chi sfrutta l'abbaglio del pieno mezzogiorno per costruire tende di abiti e camicie come altrettante quinte volatili, bianco su bianco, arte e bucato, teatro e movimento. C'è chi, infine, usa la prospettiva ortogonale per trasformare la frenesia concitata del set in un quadro astratto dove i pezzi, gli strumenti del mestiere, persino le persone, sono linee, rombi, esagoni, spessori cromatici e figure geometriche a formare un composito intarsio bidimensionale che ricorda il racconto fantastico di Edwin Abbott, Flatlandia.

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«Su questa terrazza si respira aria di libertà, sguardi aperti, luce brillante e tagli architettonici puliti e netti», spiega Francesca Moscheni, veneziana di nascita, milanese d'adozione, che ha affinato il suo talento fotografico sul cibo e la mise en place delle tavole. «A quel punto è bastato giocare con il cielo e il lusso, con il colore e il movimento. Occhi che guardano l'orizzonte e che poi si abbassano verso terra. Spunti ironici dove la moda non è più così seria, caso mai lo fosse, e il cuore sotto le rose batte verde».

Altro sguardo, altra lettura. Federica Nardese viene da San Donà di Piave e si autodefinisce fotografa di ritratto. Il suo sguardo è ravvicinato e indaga gli oggetti come volti: delicatezza acuta e sensibilità psicologica. «Se dovessi dare un titolo a questo lavoro, sarebbe Sospese. L'idea è d'integrare l'oggetto d'arte col paesaggio circostante. Opere artigianali sospese tra cielo e terra, tra città e campagna, tra realtà e desiderio. La luce naturale, presente sulla scena nel momento dello scatto, unisce tutti gli elementi in un'alchimia onirica e surreale, come il tempo che stiamo vivendo».

Quattro fotografe per raccontare la primavera-estate dal tetto del Sole 24 Ore

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Spazi, ambienti, arredi, oggetti inquadrati con precisione matematica: per Lea Anouchinsky, viale Sarca segna l'inizio del percorso lavorativo, cominciato quasi quindici anni fa nella redazione di un mensile di architettura e design. Da quell'imprinting professionale, sulla nuova terrazza del Sole porta una prospettiva creativa rigorosa: «Ho ripensato a una tavola dell'illustratore argentino Quino in cui il protagonista, ripreso in una stanza quadrata, con pavimento di mattonelle quadrate, carta da parati a quadri e divano a scacchi, disegna candidamente una spirale. Descrive bene la mia attitudine fotografica e lo spirito dei miei scatti: geometrie ironicamente spezzate da una giacca volante o da tocchi dorati». Preferisce che parlino le immagini Amina Marazzi Gandolfi, milanese e cosmopolita, qui è nata, ma ha vissuto a Parigi, in Florida, in Australia, a Venezia. Inevitabile iniziare con i reportage di viaggio, mentre oggi usa lo still life, animandolo con dettagli umani e naturali. Sul tetto del Sole disegna un paesaggio artificiale che sfrutta l'interazione degli elementi naturali, aria e fuoco. «L'empatia accompagnata dalla luce», spiega, «è essenziale in ogni mia foto». Nascono così ritratti di cappelli e décolleté, trame di spille e shopping bag, landscape di abiti e pezzi unici. Il meglio del made in Italy, dell'imprenditorialità e della creatività: moda e design in vetta a un palazzo frutto di un'importante riqualificazione nel segno della sostenibilità.

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