La discussione

Sull’assegno unico decreto ponte con ostacoli

di Stefano Lepri

(AdobeStock)

2' di lettura

Il decreto ponte per l’Assegno unico e universale, in discussione in questi giorni alle Camere, deve accompagnare verso la vera riforma, che andrà a regime dal gennaio 2022.

Tuttavia potrebbe rischiare, per alcuni aspetti, di complicarla.

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Accanto a molte scelte coerenti, si registrano infatti alcune criticità,su cui dedicare il confronto parlamentare dei prossimi giorni.

1. È giusta la scelta di dare priorità a chi oggi non ha gli assegni familiari: autonomi, liberi professionisti, incapienti.

Ma la progressività prevista nel decreto per tale assegno temporaneo risulta troppo elevata (da un minimo di 30 a un massimo di 167 euro/mese), non in coerenza con i principi di universalità e di blanda selettività affermati più volte nel corso del dibattito parlamentare.

Il ceto medio così ne esce penalizzato. La “forchetta” a regime tra il minimo e il massimo dovrebbe essere di uno a due/tre, non di uno a sei.

E comunque una larga parte della potenziale platea dovrebbe avere una stessa o una simile cifra, come ad esempio nelle simulazioni di Arel, Fondazione Gorrieri e Alleanza per l’infanzia.

Probabilmente, nel decreto ponte si è inteso allineare il regime per i non dipendenti a quello oggi previsto per gli assegni familiari, ma ciò prefigura la volontà di realizzare a regime un Assegno unico modellato sulla dura selettività di oggi, solo esteso a chi oggi non ne fruisce.

Tuttavia non è questo il volere del legislatore.

2. La relativa tabella prevede la concessione di importi maggiorati anche al primo e al secondo figlio, nel caso di famiglie con tre o più figli.

Nella legge delega la maggiorazione è prevista dal terzo in avanti, quindi non si capisce perché si intenda (non si può, peraltro) modificare un indirizzo parlamentare votato all'unanimità.

Il risultato sarebbe quello di discriminare tra i primi due figli di famiglie che hanno o non hanno altri figli.

Va benissimo che ci sia una robusta maggiorazione, ma va fatta scattare dal terzo figlio.

3. Gli importi concessi per le fasce basse di ISEE appaiono eccessive.

Cumulando il previsto assegno temporaneo con le detrazioni, l’assegno per il terzo figlio ancora vigente ed eventuali altri bonus, si otterrebbero in questo secondo semestre 2021 cifre notevoli: fino a 350 euro per figlio al mese.

Sono importi che evidentemente disincentivano il lavoro, specie quello del secondo percettore.

4. Si prevede la concessione di una maggiorazione di 37,5 euro a figlio/mese per tutti i fruitori degli assegni familiari, così alimentando aspettative crescenti per l’esercizio a regime.

O si chiarisce che tale maggiorazione risulta una tantum e non si configura come diritto acquisito, oppure crescerà inevitabilmente il numero di famiglie che nel 2022 rischia di ottenere meno -salvo siano introdotte clausole di salvaguardia - rispetto alla somma delle varie misure di cui si beneficia quest’anno.

In conclusione, nel 2022 avremo sei miliardi in più del 2020: un incremento notevole che però sembra ancora non bastare per fare, proprio bene, una riforma epocale. Servono dunque nuove risorse, non distorsioni rispetto all’indirizzo parlamentare o ulteriori aspettative.

(Deputato Pd e relatore della legge delega)

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