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Sull’Europa Meloni è d’accordo con Morawiecki?

di Sergio Fabbrini

(REUTERS)

3' di lettura

È passato quasi inosservato. Eppure, andrebbe letto o ascoltato con attenzione il discorso che il premier polacco Mateusz Morawiecki ha tenuto il 20 marzo scorso presso l'università tedesca di Heidelberg. Non solamente perché Morawiecki guida il Paese più impegnato a sostenere l'Ucraina, ma soprattutto perché rappresenta il governo più determinato ad avanzare una visione nazionalista dell'Europa. Per di più, è uno dei leader della coalizione partitica transnazionale (“I conservatori europei”) presieduta dalla nostra premier Giorgia Meloni. Il suo discorso ha sollevato tre questioni in particolare. Prima questione. Per Morawiecki, lo stato nazionale è un'entità insostituibile. La sua sovranità costituisce la condizione per garantire «la libertà delle nazioni, la loro cultura, la loro sicurezza sociale, economica, politica e militare». Le alternative allo stato nazionale sono illusorie, utopiche, pericolose.

Come lo è il tentativo di «élite cosmopolitiche» di costruire, a Bruxelles, un sistema sovranazionale, espressione di una «autocrazia burocratica». Elite che hanno un grande potere «pur non avendo un mandato elettorale». La lotta contro tali élite cosmopolite, per Morawiecki, è «una lotta antiimperialista», condotta in nome della difesa dei valori «greci, romani e cristiani». Per Morawiecki, per salvare lo stato nazionale, occorre svuotare l’acqua dell'Unione sovranazionale. Come se non fosse stata quest’ultima a promuovere la formazione del mercato unico più integrato al mondo (con le iniziative della Commissione europea approvate dal Consiglio dei ministri nazionali e dal Parlamento europeo), a favorire il consolidamento della democrazia (con la giurisprudenza della Corte europea di giustizia), a condurre alla moneta comune (con la supervisione della Banca centrale europea). Per Morawiecki, invece, gli stati nazionali verrebbero aboliti dall’Unione sovranazionale e solamente «il coordinamento intergovernativo potrebbe rafforzarli». È questo il pensiero (ancora) della premier italiana?

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Seconda questione. Per Morawiecki, l’aggressione russa all’Ucraina dimostra che la Polonia e i Paesi dell’Europa centro-orientale «avevano visto giusto quando denunciavano i pericoli del regime putiniano», mentre i Paesi dell’Europa occidentale (a partire dalla Germania e dalla Francia) «avevano visto sbagliato», rafforzando i loro commerci con la Russia. Tutto vero. Ma Morawiecki va oltre, sostenendo che l’Europa occidentale è corresponsabile di ciò che è avvenuto il 24 febbraio dell’anno scorso. Aggiungendo, quindi, che invece di criticare lo stato di diritto «di casa nostra, senza conoscere la nostra storia e senza comprendere il nostro sforzo di liberarci dalle incrostazioni sovietiche», i Paesi dell’Europa occidentale (e la Commissione europea e il Parlamento europeo) farebbero meglio a rinunciare al loro progetto di «turbo-integrazione», ovvero di «federalizzazione che di fatto significa centralizzazione». Una nuova Europa si sta affermando, costituita dai Paesi dell’Europa orientale e presto anche dai Paesi che entreranno nell’Unione, come l’Ucraina, la Georgia, la Moldavia, oltre ai sei Paesi dei Balcani occidentali. Allargamenti che dovranno avvenire, precisa Morawiecki, senza togliere il principio unanimistico che regola le deliberazioni intergovernative. Proprio perché la “vecchia Europa” non è affidabile (così come non lo sono le istituzioni sovranazionali), Morawiecki candida il suo Paese ad essere il leader della “nuova Europa”. In una visita a Bucarest di tre giorni fa, Morawiecki ha proposto di dare vita ad «una nuova comunità economica nella regione dell’Europa centrale ed orientale», con lo scopo di accrescere gli scambi commerciali dell’area, basata sul «triangolo Polonia-Romania-Ucraina». Una nuova comunità che dovrebbe riguardare anche lo stato di diritto, così da opporre un fronte comune alla “visione ideologica” della democrazia, sostenuta dall’Europa occidentale e dalle istituzioni sovranazionali. Dove si colloca, la premier italiana, tra la “nuova” e la “vecchia” Europa?

Terza questione. Per Morawiecki, il nuovo baricentro del continente si è spostato ad oriente, lontano da Bruxelles e più vicino a Washington D.C. (ovvero alla componente conservatrice e bellicista della politica americana). Ma sarà così anche dopo la guerra russa? Tale baricentro si giustifica infatti sul piano militare. «Senza l’America e la Polonia, non ci sarebbe l’Ucraina di oggi», ricorda Morawiecki. «La cooperazione transatlantica e la Nato in particolare hanno dimostrato di essere la più efficiente difesa mai vista». La Polonia è il perno del perno. Essa sta investendo il 4% del proprio Pil nella difesa e dispone di un apparato militare che è a disposizione dei Paesi che debbono proteggersi dalla Russia. Per Morawiecki, la difesa europea si deve basare sulla cooperazione tra forti e indipendenti difese nazionali, non già sulla formazione di una difesa sovranazionale. Per Morawiecki, «la conclusione è semplice. Nel mondo di oggi, solamente stati forti, efficienti e self-confident contano». Anche la premier italiana è favorevole alla militarizzazione nazionale?

Insomma, la guerra russa all’Ucraina ha accelerato processi di trasformazione dell’Europa che erano in corso da tempo (per chi voleva vederli). Invece di un’unione «sempre più stretta» (come recita il Preambolo di tutti i Trattati finora sottoscritti, anche dalla Polonia), l’Unione rischia di diventare «sempre più larga». Per Morawiecki dovrebbe diventare un’Europa di stati nazionali indipendenti, coordinati sul piano intergovernativo. Risponde, questa Europa, all’interesse dell’Italia?

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