ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl mito si rinnova

Sulla Fifth Avenue la migliore arte contemporanea sulle note di Moon River

Collezione al museo, fra le installazioni di Damien Hirst e Rashid Johnson. Una Venere di Arles di Daniel Arsham e la mise en place di Julian Schnabel.

di Nicoletta Polla-Mattiot

L'interpretazione di Julian Schnabel di una cena con ospiti illustri: l'allestimento include le sedie ideate dall'artista, un tavolo e “Girl With No Eyes” (2021), dalla serie “Blind Girl”. ©Courtesy Tiffany & Co.

4' di lettura

Ciascuno ha il suo modo di accedere al mito. Vedere Richard Prince alle 8 del mattino in una saletta appartata e deserta (ancora per poco), dentro al più raccontato, visitato, filmato, analizzato e oggi instagrammato store della Fifth Avenue, è il mio. Prince è una specie di ri-lettore seriale, colleziona realtà riprodotte e le rimastica con la fotografia e la pittura, restituendone riproposizioni monocrome rarefatte, che sono il risultato di una sovrapposizione forsennatamente affollata di elementi, vuoto che nasce dall'ultra pieno, bianco sporcato da tutti i colori che ha contenuto. La serie Ti­ffany Paintings era stata un'emozione datata 2010 – vista alla Gagosian di Madison Avenue, quando la galleria ospitò la personale di questo artista di confine, nato in una striscia di territorio inventata, l'artificiale Zona del canale di Panama. Oggi uno di quei quadri è appeso, senza alcuna enfasi, a una parete del settimo piano di The Landmark, il flagship simbolo di Tiffany & Co. arrivato al taglio del nastro. Il modulo di pubblicità del più famoso brand americano di gioielli, apparso per anni nell'angolo in alto a destra, sempre nella stessa pagina del New York Times, è stato ripreso e ridipinto da Prince in una grande tela di oltre 100 pollici, nella medesima, precisa, posizione. Ed è una citazione nella citazione, un'appropriazione dell'appropriazione, in un cortocircuito sorprendentemente efficace, che mi pare una delle più spericolate scommesse riuscite, fra le tante acquisizioni di Mr Arnault per questo nuovo negozio e spazio espositivo. «Hub culturale», come lo ha definito il presidente e ceo Anthony Ledru, che dopo l'ingresso della maison nel grande gruppo Lvmh, guida, insieme ad Alexandre Arnault, vicepresidente esecutivo del prodotto e della comunicazione, il nuovo corso. Un luogo dove l'arte è parte integrante di un percorso senza soluzione di continuità fra gioielli e dipinti, archivi e vetrine d'artista, sculture giganti e pietre unicorno, come il diamante giallo da 128,54 carati, il più grande al mondo, riproposto per la riapertura newyorkese in un nuovo design, ispirato al Bird on a Rock di Jean Schlumberger. Più di Truman Capote, di Blake Edwards, persino di Audrey Hepburn – a cui è dedicato uno spazio di esperienza immersiva, dove si scivola sulle note di Moon River –, più delle collaborazioni site-specific con Daniel Arsham, Damien Hirst, Rashid Johnson, per citare solo alcuni degli artisti coinvolti, il defilato quadro di Prince è il segno dei tempi e insieme la sintesi della materia del mito.

Le opere che accolgono il visitatore a ogni piano: “Equals Pi” di Jean-Michel Basquiat; le ceramiche di Molly Hatch nel Blue Box Café; “Color and Light” di Michelangelo Pistoletto; la riproduzione della vetrina “Ice Cream Cones” (1963), di Gene Moore. ©Courtesy Tiffany & Co.

Possono cambiare gli interpreti, il plot e i luoghi, può cambiare la proprietà, ma il potere evocativo è per sempre, pronto a essere richiamato e rivissuto, allo stesso indirizzo e nella stessa posizione. Così, emozione intatta, va in scena al numero 727 di Fifth Avenue, nella monumentale sintesi di arte e business, che compendia lo storico palazzo (costruito nel 1940 su progetto di Cross & Cross, un simbolo dell'architettura moderna) con l'intervento dell'OMA di Shohei Shigematsu e la regia onnicomprensiva di Peter Marino. Nel gioco dei rispecchiamenti dove il presente riverbera il passato, molti artisti hanno scelto come materia espressiva proprio le superfici specchiate. È così per Falling Man di Rashid Johnson che campeggia con la sua fi gura sottosopra, costruita come un puzzle di piastrelle lucide e opache: riflette le pareti intorno, rivestite di seta drappeggiata come il più romantico wedding dress. L'artista sostiene che «la malinconia è il posto migliore tra la gioia e la tragedia» ed è quasi un memento in questo piano dedicato all'amore e alle sue promesse: montagne russe del sentimento, upside down, proprio come i suoi man stilizzati a testa in giù. Poco prima s'incontra la scultura concava di Anish Kapoor, acciaio inossidabile sfaccettato, irresistibile richiamo per un selfie di nozze moltiplicato all'infinito, riflessione sulle nostre identità multiple e, forse, sul comporsi, scomporsi e ricomporsi dei legami. E ancora “specchi speculari” nella serie Color and Light di Michelangelo Pistoletto, divisi in sette (sezioni? anni? guai?): sono coppie al negativo, dove il frammento mancante dell'uno è dipinto sulla tela dell'altro e il colore è quel robin's egg blue, Pantone e manifesto di Tiffany.

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Uno dei gioielli della maison: Spilla Royal Fish, in oro giallo e platino con tsavoriti, spinelli rosa, zaffiri gialli e rosa e diamanti di Jean Schlumberger (prezzo su richiesta). ©Courtesy Tiffany & Co.

Se The Landmark ribadisce ad ogni piano la sua duplice anima di mostra contemporanea e store, integrando capolavori di craftmanship in vendita, pezzi d'archivio in esposizione e opere d'arte, lo sguardo è accompagnato verso l'alto da un'enorme statua femminile, posta al centro della scalinata interna. Daniel Arsham aveva già collaborato con Alexandre Arnault quando era ceo di Rimowa, realizzando una serie di sculture-valigia, in edizione limitata. Dall'Eroded Suitcase alla rivisitazione della Blue Box di Tiffany nel 2021, in bronzo eroso, il concetto estetico è rimasto lo stesso: Future Relics, oggetti culturali moderni immaginati come scoperti in un lontano futuro, in questo caso nel “3021 circa”. Con questo titanico relitto della Venere di Arles, alta 3 metri e mezzo, la classicità proietta l'attenzione verso quell'ottavo e nono piano dove si terranno le vere e proprie art exhibition per cui è pensato il palazzo. Ancora più su, si accede al decimo piano, destinato ai clienti speciali (e nel giorno dell'inaugurazione, riservato alla famiglia Arnault arrivata da Parigi per festeggiare). Un private club, per cene ristrette e anteprime di gemme e collezioni, che ospita lavori di George Mathieu, Urs Fischer e ancora Richard Prince. Torniamo al piano terra per seguire un altro filo artistico. Equals Pi di Jean-Michel Basquiat, posto all'ingresso, è quasi un'insegna: era nella campagna pubblicitaria del 2021, quella con Jay-Z e Beyoncé, utilizza una tonalità di colore blu-azzurro inequivocabile ed è posto proprio sotto l'orologio interno, speculare a quello della facciata con la statua di Atlante: ancora un gioco di citazioni incrociate, novità ed heritage. Come lo è il piano dedicato alla casa, con il Blue Box Café da una parte, con le sculture in ceramica di Molly Hatch, e le “stoviglie” di Julian Schnabel.

La Capsule Collection per la tavola di Schnabel (7.000 $ il servizio da sei, in vendita in esclusiva nel negozio di New York). ©Courtesy Tiffany & Co.

L'artista ha ricreato per Tiffany la sua cena perfetta: un lungo tavolo circondato da sedie dipinte e una serie di piatti in edizione limitata, azzurro profilato d'oro, personalizzati a mano con i nomi dei convitati. Ogni posto un ospite ideale, dove Artemisia Gentileschi siede a fi anco di Laurie Anderson e W. H. Auden chiacchiera con Ben Gazzara. L'immaginario, si è detto, si nutre di continue riscritture. E quelle ucroniche sono le migliori.

 

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