Sullo scontro M5s-Lega l’ombra del taglio dei parlamentari
Alla Lega, sempre più tentata da staccare la spina per passare all’incasso con i sondaggi che la vedono oltre il 35%, il Movimento oppone il suo cavallo storico di battaglia: la riduzione dei costi della politica
di Andrea Gagliardi e Andrea Marini
3' di lettura
Per il M5s non è la battaglia sulle autonomie il “casus belli” di una non auspicata crisi di governo, ma quella per la riduzione del numero dei parlamentari. Alla Lega, sempre più tentata da staccare la spina per passare all’incasso con i sondaggi che la vedono oltre il 35%, il Movimento oppone il suo cavallo storico di battaglia: la riduzione dei costi della politica. Per Luigi Di Maio il «trambusto intorno al governo» è tutto legato al taglio dei parlamentari. «Chi vuole buttarci giù – è la chiave interpretativa del leader pentastellato rilanciata anche dal ministro per i rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro - vuole tenersi stretto il suo posto a Roma».
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Riforma centrale per il M5s
Nello scontro quotidiano all’interno del governo gialloverde, per il M5s uno dei motivi non detti della volontà della Lega di rompere e di aprire la crisi sarebbe proprio questa riforma centrale per il Movimento, perché a settembre, con il via libera definitivo, sarebbe difficile convincere tutti ad andare a casa, con il diffuso timore di non tornare in Parlamento.
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Traguardo a settembre
Ormai il traguardo è vicinissimo. L’11 luglio è stato superato il terzo dei quattro round per la sforbiciata. Con 180 sì e 50 no il Senato ha approvato il testo blindato della riforma costituzionale che riduce il numero degli “onorevoli” a quota 600 (contrari Pd, gruppo Misto e Autonomie; Forza Italia non ha partecipato al voto): ossia 345 poltrone in meno (ridotto da 630 a 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 quello dei senatori). Dopo il via libera del Senato manca solo il sì della Camera perché la riforma costituzionale diventi legge modificando quanto sancito dalla Carta.
Il rilancio di Di Maio
«Segnatevelo sul calendario: seconda settimana di settembre. Fra circa 8 settimane, insomma, il taglio dei parlamentari sarà realtà. E oggi parte il countdown, perché alle prossime elezioni tutto il MoVimento 5 Stelle vuole andare a votare con 345 parlamentari in meno a cui non vogliamo più regalare né soldi né privilegi» ha aggiunto Di Maio, stimando un risparmio in 5 anni «di 500 milioni di euro».
Entrata in vigore a dicembre
Per l’effettiva entrata in vigore della riforma dovremo aspettare in realtà con ogni probabilità dicembre. Il cambiamento d’idea da parte di Forza Italia (che aveva votato a favore nelle prime due letture al Senato e alla Camera) ha fatto infatti sorgere un’altra questione fin qui rimasta sotto traccia: non essendoci i due terzi dei voti del Parlamento, sarà possibile chiedere il referendum confermativo. Come stabilisce la Costituzione, entro tre mesi dalla pubblicazione della legge, possono chiederlo un quinto dei deputati o dei senatori o 500 mila cittadini o 5 Consigli regionali.
Referendum confermativo improbabile
Ma anche se al Senato l’11 luglio il Pd ha votato contro e Forza Italia si è sfilata, per il mancato coordinamento del taglio dei parlamentari con altri decisivi aspetti dell’assetto istituzionale, i due partiti sarebbero in difficoltà nel promuovere una campagna elettorale potenzialmente suicida, dal momento che il tema del taglio dei costi della politica resta molto popolare.
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Il soccorso di Fratelli d’Italia
Nel breve, va segnalato poi che il voto sul taglio dei parlamentari ha evidenziato al Senato comunque di nuovo la debolezza della maggioranza. Le leggi di revisione della Costituzione sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. In quest’ultimo caso, a palazzo Madama, i gialloverdi si sono fermati a quota 159, contro i 161 richiesti. E il soccorso annunciato di FdI è risultato determinate per raggiungere l’obiettivo.
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