l’idea di carney

Super valuta, chi la regola?

di Domenico Lombardi

3' di lettura

Dopo Mark Zuckerberg e Christine Lagarde anche Mark Carney, governatore della Banca di Inghilterra ed ex presidente del Financial Stability Board, interviene nel dibattito delle criptovalute, pur senza mai menzionarle direttamente.

La proposta lanciata alla conferenza annuale della Fed, tenutasi a Jackson Hole la scorsa settimana, riguarda l'emissione di una valuta sintetica – assimilabile a una criptovaluta – da parte di un consorzio di banche centrali.

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I vantaggi, nell'ottica del proponente, sono diversi e significativi: nella misura in cui tale valuta venisse adottata come strumento di pagamento negli scambi internazionali, ridurrebbe la dipendenza dell'economia mondiale dal dollaro e dalle condizioni macroeconomiche idiosincratiche del paese emittente. Oggi, gli Stati Uniti rappresentano il 10 per cento del commercio mondiale, ma la valuta americana è utilizzata nel 50 per cento degli scambi internazionali. La sua centralità si estende anche nell'ambito finanziario, denominando due terzi delle emissioni di titoli mondiali e delle attività di riserva detenute da banche centrali (l'euro occupa un distante secondo posto pesando per solo un quinto). Se si riducesse il peso del dollaro, ne beneficerebbe l'economia mondiale, guadagnando la politica monetaria degli altri paesi margini di manovra potenzialmente utili nello stabilizzare i rispettivi sistemi.

La proposta Carney di una valuta o di una attività di riserva globale non è nuova in sé. Nella conferenza di Bretton Woods del 1944, il capo delegazione britannico, l'economista John Maynard Keynes, aveva proposto l'introduzione del bancor come valuta sovranazionale attraverso cui i paesi avrebbero regolato i propri saldi esteri nel nuovo sistema monetario internazionale fondato proprio in quella conferenza. Qualche decennio dopo, alla vigilia della caduta del regime di cambi fissi concordato sempre a Bretton Woods, gli azionisti di riferimento nel Fmi introdussero una attività di riserva supplementare al dollaro proprio con l'obiettivo di ridurne la dipendenza da parte dell'economia mondiale: i Diritti Speciali di Prelievo (Dsp), un paniere delle principali valute internazionali.

Come è noto, il Bancor non è mai diventato realtà mentre i Dsp, a distanza di 50 anni esatti dalla loro introduzione, continuano a rivestire un ruolo del tutto marginale nel sistema monetario internazionale diventato, nel frattempo, sempre più dollaro-centrico.

A livello regionale, l'analogia più rilevante è quella con l'euro. L’adozione della moneta unica da parte di un gruppo di paesi accomunati da un percorso di integrazione sinora unico nel mondo, illustra la difficoltà intrinseca di condividere una delle espressioni più pervasive della sovranità del mondo moderno.

Ovviamente, la proposta Carney è discontinua rispetto alle precedenti poiché intravede nel potenziale offerto dalla tecnologia il principale elemento di competitività. In altri termini, non propone di ridurre la dipendenza dal dollaro con altra valuta fiat, bensì con una valuta puramente digitale – efficiente e a costo praticamente nullo. Il problema di governance, però, rimane. Nella proposta Carney, la governance verrebbe affidata presumibilmente a un consorzio di banche centrali. Ma cosa accadrebbe se la banca centrale di un paese non rispettasse le regole del gioco precedentemente concordate e con le sue azioni, a torto o a ragione, entrasse in tensione con altre? Potrebbe essere sanzionata dagli altri membri del consorzio o dai loro rispettivi paesi? In altri termini, l'elemento fiduciario della valuta digitale non può esaurirsi nella sofisticazione della sua infrastruttura tecnologica che pure la differenzia rispetto alle fiat.

Per certi versi, è esattamente lo stesso limite di Libra proposta solo qualche settimana da Facebook e da un consorzio privato di altri 27 stakeholder, rispetto a cui Carney ammette di essersi ispirato. Nella proposta di Libra, da un lato, si prospettano i vantaggi in termini di sofisticazione dell'infrastruttura tecnologica e di inclusività nell'integrare una comunità mondiale di clienti in proporzione sistemica che il settore bancario regolamentato esclude. Dall'altro, tuttavia, si pone la governance di questa importante iniziativa, nelle mani di un ristretto numero di soggetti privati in assenza di un minimo quadro regolamentare e di una governance trasparente volti a salvaguardare proprio i clienti più deboli cui Libra intende rivolgersi in primo luogo.

In ogni caso, il dibattito su questi temi è ancora all'inizio. L'intervento di Carney è significativo nel senso di sdoganare presso la comunità dei banchieri centrali un tema sino ad oggi relegato ad una comunità di specialisti e di appassionati, alcuni anche improvvisati. Prendendo implicitamente atto della rilevanza degli asset digitali, la proposta Carney è destinata ad accrescere l'attenzione dei regolatori su questo tema, intensificando lo sforzo – già in corso – di regolamentare un fenomeno che, per il suo significativo potenziale, non può essere lasciato solamente all'iniziativa privata. Nelle prossime settimane, l'arrivo in Bce di Christine Lagarde, che al Fmi ha avviato da tempo un focus proprio su questi temi, di certo catalizzerà ulteriori iniziative, questa volta promananti dall'Eurozona.

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