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Sussidi o price cap: quale politica per uscire dalla crisi?

La Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen ha infatti presentato le misure proposte dalla Commissione Europea per fronteggiare l'attuale crisi energetica e superare al contempo la dipendenza dal gas russo

di Emanuele Ciola, Davide Bazzana, Massimiliano Rizzati, Enrico Turco e Sergio Vergalli

(Yeti Studio - stock.adobe.com)

3' di lettura

“Questi sono tutti i primi passi. Ma mentre affrontiamo questa crisi, dobbiamo anche guardare avanti.” Con queste parole la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha chiuso la prima parte del discorso sullo stato dell’Unione, primo segnale, forse, di un freddo inverno alle porte. In tale sede ha infatti presentato le misure proposte dalla Commissione Europea per fronteggiare l'attuale crisi energetica e superare al contempo la dipendenza dal gas russo.

Ad oggi il conflitto russo-ucraino ha infatti contribuito a portare il prezzo del gas a livelli mai visti prima, con una quotazione sul mercato TTF olandese di 200€ per Megawattora, 10 volte superiore ai valori precedenti la pandemia. Ciò spiega i vertiginosi aumenti dei prezzi dell'energia elettrica osservati nell'ultimo anno, a causa dei quali le imprese italiane ed europee hanno iniziato a mostrare i primi segnali di crisi. Inoltre, il ritorno dell'inflazione sta spingendo le banche centrali verso una stretta monetaria, a scapito della sostenibilità del debito pubblico e privato accumulato negli ultimi anni.

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Non sorprende quindi che in questo contesto i governi dei Paesi dell'UE si siano mossi per limitare gli effetti di questa nuova crisi. Tuttavia, la necessità d'implementare una risposta comune ha spinto la Commissione Europea a formulare un programma coordinato d'intervento da proporre agli Stati Membri. Esso si articola essenzialmente in quattro punti: riduzione dei consumi energetici, tetto ai ricavi delle imprese energetiche con bassi costi di produzione, tassa sugli extra-profitti delle imprese fossili e sostegno finanziario alle imprese e alle famiglie più colpite dalla crisi.

Risulta quindi accantonata, almeno momentaneamente, la proposta d'introdurre un tetto al prezzo del gas (price cap) in seguito al mancato accordo tra i ministri UE dell'energia. Al suo posto, la Commissione vuole invece promuovere l'adozione di misure di risparmio energetico e di redistribuzione delle risorse per sostenere i consumatori più fragili ed energivori, tassando al contempo gli extra-guadagni delle imprese energetiche, ma senza un intervento diretto sui meccanismi di formazione del prezzo del gas o dell'energia elettrica.

Ma qual è l'impatto macroeconomico di queste misure? Saranno efficaci per fronteggiare gli effetti avversi della crisi? Un recente studio realizzato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) fornisce spunti utili per provare a rispondere a queste domande. Utilizzando il modello di simulazione macroeconomico MATRIX sviluppato dai ricercatori FEEM, lo studio si pone l'obiettivo d'identificare il mix di politiche più efficace per contenere i prezzi dell'energia e mitigare gli effetti negativi della crisi in Europa.

I risultati delle simulazioni mostrano che, in assenza di un intervento pubblico, l'aumento dei prezzi energetici causerebbe un incremento prolungato del tasso di inflazione ed un brusco rallentamento del PIL (-5.8% nel 2022, -1.21% nel 2023), seguito da una lenta ripresa.

Le misure di sostegno finanziario volte a compensare le perdite reddituali, attuate attraverso interventi generalizzati di riduzione della tassazione o di sussidio ai consumatori, non producono effetti macroeconomici significativi in un contesto di prezzi energetici crescenti. Al contempo, i sussidi alle impese, sostenendo la produzione e riducendo il tasso dei fallimenti, favoriscono una ripresa più rapida, ma al costo di accrescere l'instabilità finanziaria nel medio periodo a causa delle distorsioni di mercato introdotte dai sussidi.

Infine, se realizzata tempestivamente, una riduzione delle tariffe energetiche, tesa a calmierare l'aumento dei prezzi dell'energia, rappresenta la politica più efficace nel mitigare le perdite del PIL a costi relativamente contenuti, specialmente se accompagnata da una tassazione sugli extra-profitti delle imprese energetiche.

Dai risultati dello studio FEEM emerge quindi che in presenza di shock energetici dal lato dell'offerta il decisore politico è chiamato ad intervenire tempestivamente alla radice del problema con misure finalizzate a contrastare l'aumento del prezzo dell'energia (ad esempio un price cap), poiché i sussidi volti a compensare le perdite ex-post si rivelano nel migliore dei casi inutili o, nel peggiore, dannosi per l'economia in quanto forieri d'ulteriore instabilità.

È quindi facile notare come le raccomandazioni politiche che emergono da questo studio vadano in direzione differente rispetto alle misure proposte dalla Commissione Europea. Questo, beninteso, non è tanto legato ad una mancanza d'iniziativa politica da parte della Commissione – che da settimane si è espressa a favore della proposta di price cap – quanto alla presenza d'interessi divergenti tra gli Stati Membri che rallentano il processo decisionale dell'UE. Tuttavia, in mancanza di un coordinamento europeo, è comunque opportuno che l'Italia adotti con urgenza forme di regolamentazione del prezzo dell'energia elettrica seguendo l'esempio di Francia, Spagna e Portogallo, tenendo conto delle differenze geografiche e istituzionali.

Fondazione Eni Enrico Mattei

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