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Taglio del cuneo, il governo accelera: decreto in arrivo entro fine aprile

Gli aumenti delle buste paga scatteranno, come previsto dal governo, a partire da maggio e avranno validità fino a dicembre 2023. Il taglio del cuneo potrebbe costare oltre 10 miliardi

3' di lettura

Il governo accelera sul taglio del cuneo fiscale, attraverso la riduzione dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori. Il decreto annunciato subito dopo l’approvazione del Def il 26 aprile, che porterà in dote 3,4 miliardi di euro per rimpinguare le buste paga soprattutto dei redditi medio bassi, potrebbe arrivare, secondo il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, già a fine aprile.

Aumenti in busta paga da maggio

In questo modo gli aumenti delle buste paga scatteranno, come previsto dal governo, a partire da maggio e avranno validità fino a dicembre 2023. Il taglio del cuneo potrebbe costare oltre 10 miliardi. Andrebbero infatti sommate due operazioni: quella inserita nella legge di bilancio di quest’anno (da poco meno di 5 miliardi) e quella del decreto atteso a breve (3,4 miliardi per sette mesi che salgono a 5,8 per un intero anno).

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I numeri del taglio del cuneo

Ma di quanto sarebbero tagliati i contributi? Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenendo all’assemblea della Cisal ha confermato che il taglio “aggiuntivo” rispetto a quello già in vigore sarebbe di un punto. Questo significa che il taglio salirebbe a 4 punti per i lavoratori medio basso e al 3 per quelli tra 25mila e 35mila euro. Anche se l’esecutivo intende «andare avanti gradualmente, fino a raggiungere 5 punti nell’arco di questa legislatura». Toccherà alla manovra rifare i conti e stanziare altre risorse per il 2024 per il taglio del cuneo. Ma le risorse sono limitate.

Legge di bilancio parte da 20 miliardi

Come detto a fare i primi calcoli sulla legge legge di bilancio, che parte da almeno 20 miliardi, è stato ancora il sottosegretario Freni: «Ci sono spese indifferibili e spese che andranno rinnovate», ha spiegato. I numeri più dettagliati emergeranno in autunno nella Nadef, ma per ora il Def apre ben pochi spazi rispetto alle esigenze: le disponibilità in deficit per il prossimo anno ammontano infatti allo 0,2%, circa 4,5 miliardi, che il governo intende destinare in primis al calo della pressione fiscale, sul quale concentrare peraltro anche i proventi di un nuovo round di spending review. Il capitolo più sostanzioso della manovra si annuncia infatti già da oggi proprio quello delle tasse. Se la delega fiscale marcerà spedita come nelle attese dell’esecutivo, da gennaio potrebbe già partire la riforma delle aliquote Irpef.

La riduzione di Ires e Irap

C’è poi la riduzione dell’Ires per chi assume, citata dalla premier Meloni, e il graduale abbassamento anche dell’Irap. Il rinnovo dei contratti del pubblico impiego potrebbe essere la seconda voce di costo sul bilancio. Il ministro della P.a, Paolo Zangrillo, si è detto fiducioso sulla possibilità di reperire le risorse ma, in tempi di impennata dei prezzi, adeguare le retribuzioni all’indice di inflazione (si utilizza l’Ipca al netto dei prodotti energetici) costerebbe decine di miliardi. Per quest’anno si è optato per un’una tantum da 1,3 miliardi, ma i sindacati chiedono questa volta un intervento più netto.

Il costo delle pensioni

Capitolo pensioni: anche senza puntare a Quota 41, solo riproporre le misure in vigore, da Quota 103 all’Ape social, da Opzione donna in versione mini all’innalzamento a 600 euro delle minime degli over 75, costerebbe tra 1 e 1,5 miliardi di euro.

Il rafforzamento dell’assegno unico

La lista delle spese però non è finita: per favorire la natalità, il governo punta ad un ulteriore rafforzamento dell’assegno unico e del congedo parentale, voci per le quali nel 2023 sono stati stanziati rispettivamente 420 e 120 milioni. Evitare l’entrata in vigore di plastic e sugar tax costerebbe altri 600 milioni. Le cosiddette spese indifferibili, comprensive delle missioni militari ad esempio, ammontano ogni anno a circa 1,5-2 miliardi, a cui aggiungere probabilmente anche nuovi finanziamenti per il supporto dell’Ucraina.

Da trovare i fondi per lo Stretto di Messina

Tutti da trovare infine i primi stanziamenti pubblici per il Ponte sullo Stretto se, come annunciato da Matteo Salvini, si vorrà mantenere fede alla promessa di porre la prima pietra entro l’estate del 2024.


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