dopo l’ok definitivo della camera

Taglio parlamentari, il fronte trasversale che sostiene il referendum

Un gruppo bipartisan di senatori (Fi, Pd e Iv) hanno aderito all'iniziativa della Fondazione Luigi Einaudi, per chiedere il referendum confermativo. Anche dalle comunità locali affinano le armi del referendum e già numerosi consiglieri regionali si sono schierati contro la riforma e sono pronti alla raccolta delle firme

di Andrea Gagliardi

2' di lettura

A mettere in discussione il taglio dei parlamentari approvato in via definitiva dalla Camera l’8 ottobre ci ha pensato un gruppo bipartisan di senatori (Fi, Pd e Iv) che hanno aderito all'iniziativa della Fondazione Luigi Einaudi, per chiedere il referendum confermativo. Si tratta di raccogliere le firme di 64 senatori, che consentirebbe di tenere la consultazione popolare. Da registrare l’iniziativa analoga alla Camera di Roberto Giachetti di Italia Viva e Benedetto della Vedova di +Europa che hanno annunciato l'intenzione di raccogliere le firme dei deputati.

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Poiché la legge non ha ottenuto il via libera di due terzi dei componenti di entrambi i rami del Parlamento nella seconda lettura, in base all'articolo 138 della Costituzione potrà essere sottoposta infatti a referendum popolare se, entro tre mesi dalla pubblicazione, ne faranno domanda un quinto dei membri di una Camera o 500mila elettori o 5 consigli regionali.

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Il comitato dei senatori pro-referendum è stata presentata nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Madama a cui erano presenti Laura Garavini (Iv), Tommaso Nannicini (Pd), Andrea Cangini, Nazaro Pagano e Giacomo Caliendo di Fi e l'ex M5s Gregorio De Falco. «Questo non è un comitato per il 'no' - ha sottolineato Nannicini - ma perché ci sia il referendum, poi ognuno voterà come crede». «Il taglio - ha osservato l'esponente Dem - ci può stare ma come conseguenza di altre riforme, mentre qui si parte dalla coda». «Io come parlamentare che ha votato due volte no spero di poter votare sì, se saranno approvati quei contrappesi su cui la maggioranza si è impegnata, altrimenti voterò per la terza volta no».

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Anche dalle comunità locali affinano le armi del referendum e già numerosi consiglieri regionali si sono schierati contro la riforma e sono pronti alla raccolta delle firme. Da sempre contrario a una riduzione dei parlamentari senza correttivi il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi: «Così - dice - è solo un taglio netto alla rappresentanza che renderà la nostra regione marginale nel parlamento italiano».

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La riforma che taglia di un terzo i parlamentari avrà infatti ripercussioni che potrebbero essere oggetto di critiche da parte delle regioni medio piccole (Trentino Alto Adige, Friuli, Liguria, Marche, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sardegna) che, specie al Senato, non eleggeranno parlamentari di tutte le opposizioni. Da segnalare al Senato il caso dell'Umbria e della Basilicata. Sono le due regioni che subiscono in percentuale l'emorragia maggiore. Qui i senatori sono più che dimezzati. In entrambe le regioni infatti si passa da 7 a soli 3 eletti. Ma anche la Calabria è quasi dimezzata, passando da 10 a 6. Ma sono colpite anche regioni più popolose come la Lombardia che registra una perdita secca di 18 senatori o il Piemonte, il Veneto e l’Emilia-Romagna, “amputate” di 8 seggi ciascuna.

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