Siderurgia

Tar Lazio: non si possono negare all’ex Ilva i dati sanitari su Taranto

Acciaierie d'Italia vince il ricorso. Ha chiesto l'accesso alle informazioni per controbattere al riesame dell'Autorizzazione integrata ambientale

di Domenico Palmiotti

(IMAGOECONOMICA)

4' di lettura

“Il ricorso per l'accesso è fondato e meritevole di accoglimento”. Con una sentenza di 12 pagine, la seconda sezione bis del Tar Lazio ha dato ragione ad Acciaierie d'Italia, ex Ilva, ed ha ordinato alle amministrazioni di Arpa Puglia, Aress Puglia e Asl Taranto, di mettere a disposizione dell'azienda siderurgica criteri e dati che, analizzati in un periodo che va dal 2012 al 2020, hanno portato alla Valutazione del danno sanitario (Vds) del 2021 correlata alla produzione di acciaio nel siderurgico. Le amministrazioni avevano infatti negato l'accesso ad Acciaierie d'Italia.

Quest'ultima aveva sollecitato tali informazioni per intervenire in sede di riesame dell'Autorizzazione integrata ambientale (il procedimento è stato avviato dall'ex ministro Sergio Costa su istanza dell'allora sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci) e difendersi da quelli che l'azienda ritiene ulteriori vincoli all'attività industriale.

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Alla richiesta dell'ex Ilva, le amministrazioni avevano però detto di no. Con una serie di motivazioni: «genericità della richiesta di accesso», «impossibilità di fornire i dati richiesti in quanto contenuti in database informatici o perché forniti o elaborati da enti diversi», istanza finalizzata «ad indagare ed a verificare, in via generale, l'attività posta in essere dall'amministrazione», infine, «mancata previsione nella presente fase di indagine, ancora preliminare, di una facoltà di partecipazione del gestore», Acciaierie d'Italia appunto.

Era anche intervenuto il ministero della Transizione ecologica che, dopo una lettera dell'ex Ilva, «ha sollecitato la messa a disposizione di tali elementi di indagine sia a garanzia del principio di trasparenza, sia per poter meglio svolgere le valutazioni di propria competenza». Ma non era accaduto nulla.

I giudici: sono già stati utilizzati i dati richiesti

Il Tar Lazio ora dichiara che «l'istanza di accesso, lungi dall'essere generica ed indeterminata o formulata soltanto al fine di poter esercitare un controllo generalizzato sull'attività della p.a., risulta, in verità, riguardare specificamente non tutte le banche dati informatiche di ambito sanitario o ambientale in possesso delle amministrazioni resistenti, come ipotizzato da queste ultime, bensì i dati, pur numerosi, già utilizzati dalle amministrazioni stesse per le loro valutazioni».

Secondo il Tar Lazio, Acciaierie d'Italia chiede di conoscere i dati e come sono stati messi a punto nella Vds, per «una partecipazione più piena ed informata (anche se chiaramente improntata ad un'ottica difensiva e “oppositiva”) al procedimento principale di riesame dell'Aia, procedimento cui anche gli approfondimenti istruttori ed il rapporto delle amministrazioni coinvolte appaiono, del resto, finalizzati».

Arpa, Aress e Asl hanno 60 giorni di tempo

L'ordine dei giudici amministrativi alle amministrazioni coinvolte è dunque quello di mettere a disposizione di Acciaierie d'Italia entro 60 giorni dati e documentazione richiesta «nelle forme della visione e della estrazione di copia, previa anonimizzazione dei dati sanitari e di tutti i dati sensibili e sensibilissimi, se non già disponibili in tale forma».

E a proposito della riservatezza e della natura sensibile dei dati in questione, teso avanzate dalle amministrazioni, il Tar sostiene che «essendo stati elaborati ed inseriti nelle statistiche e nel rapporto di Vds, i dati dovrebbero essere già stati anonimizzati e comunque potrebbero essere sempre in tal senso adeguatamente convertiti, anche con l'ausilio di mezzi informatici».

Acciaierie d'Italia, scrivono i giudici, «risulta aver chiesto di esercire il suo diritto di accesso per lo specifico concreto interesse ad opporsi al procedimento di riesame dell'Aia ed evitare così di vedersi imposte gravose condizioni aggiuntive per l'esercizio del suo impianto, motivate da ragioni sanitarie aventi origine anche dai risultati di Vds».

La sentenza del Tar Lazio

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L'azienda: perchè contestiamo la Vds

Sulla Vds 2021, l'ex Ilva ha già manifestato riserve giuridiche e tecniche. In uno studio di fine novembre scorso, l'azienda ha affermato che i criteri e i modelli utilizzati non considerano l'effetto “barriera” di tutto ciò che si frappone tra l'acciaieria e il rione Tamburi di Taranto e che costituisce “elemento di riduzione delle emissioni”, che la valutazione epidemiologica per Pm10 e Pm2,5 (due inquinanti) «non appare calzante al caso in esame”, che per i tumori c'é “una sovrastima dei casi attribuibili a Ilva». Ricevuto lo studio, il ministero della Transizione ecologica ha chiesto delucidazioni a quello della Salute.

Gli ambientalisti scrivono al ministro Speranza

E al ministro Roberto Speranza si è rivolta qualche giorno fa l'associazione Peacelink sottoponendogli uno studio aggiornato dell'Oms sull'impatto sanitario della fabbrica che conferma la Vds del 2021 a partire dal rischio cancerogeno correlato ad una produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio.

Il conflitto sul Dl Milleproroghe e i fondi per le bonifiche

Intanto arriva ad un primo, importante snodo in Parlamento per il decreto Milleproroghe e l'articolo 21 del provvedimento relativo ad Acciaierie d'Italia. Il Dl è stato incardinato nelle commissioni referenti affari costituzionali e bilancio della Camera e per giovedí prossimo alle 18 è fissata la scadenza per la presentazione degli emendamenti per le commissioni. E proprio sull'articolo 21 i parlamentari di più schieramenti - Pd, M5S, Leu, Forza Italia, Alternativa etc. - hanno annunciato emendamenti abrogativi. Emendamenti per ora differenziati ma con un contenuto sostanzialmente identico. Sulla norma che trasferisce importanti risorse (575 milioni) dalla bonifica dei siti inquinati di Taranto, a cura di Ilva in amministrazione straordinaria, ai futuri impianti per la produzione decarbonizzata dell'acciaio, si è infatti creato uno schieramento politico trasversale che chiede di rimettere i fondi del patrimonio destinato di Ilva in amministrazione straordinaria laddove erano, e cioè sul capitolo delle bonifiche. In commissione attività produttive alla Camera, il vice ministro allo Sviluppo economico, Gilberto Pichetto Fratin, ha difeso la norma affermando che «l'articolo 21 del decreto Milleproroghe aggiungerebbe un'ulteriore finalizzazione ambientale quale è la decarbonizzazione i cui effetti positivi per l'ambiente si devono sommare a quelli per le bonifiche».


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