ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa città in crisi

Taranto, Comune al capolinea a rischio ora i progetti di rilancio

Dimessi 17 consiglieri su 32. A quattro anni e mezzo dall'insediamento (estate 2017) e quando mancano ormai pochi mesi alle nuove elezioni

di Domenico Palmiotti

(lucamato - stock.adobe.com)

4' di lettura

A quattro anni e mezzo dall’insediamento (estate 2017) e quando mancano ormai pochi mesi alle nuove elezioni, va a casa in anticipo il Consiglio comunale di Taranto. E va a casa, conseguentemente, anche l’amministrazione comunale di centrosinistra con a capo il sindaco Rinaldo Melucci, del Pd, al suo primo mandato. Ad innescare la caduta di assemblea, giunta e vertice amministrativo della città pugliese, terza nel Sud dopo Napoli e Bari per numero di abitanti, sono le dimissioni, contemporanee e irrevocabili, di 17 consiglieri comunali sui 32 che costituiscono il plenum. C’é, nei 17, l’attuale opposizione ma ci sono soprattutto 8 consiglieri riconducibili alla stessa maggioranza di centrosinistra tra cui 3 del Partito democratico, forza politica di riferimento dell’amministrazione.

Caso nazionale

Per il clamore provocato dalla rottura e per il rilievo della città, al centro di non poche partite complesse, Taranto diventa in poche ore un caso nazionale mentre si attende l’arrivo del commissario a Palazzo di Cittá. Intervengono da Roma Matteo Salvini per la Lega e Antonio Tajani per Forza Italia, per i quali il centrodestra deve ora poter offrire a Taranto un governo di svolta e di cambiamento. Prende posizione anche Francesco Boccia, responsabile di enti locali e Regioni nella segreteria nazionale Pd, che parla di “atto vigliacco” e ribadisce che il Pd schiererà Melucci come proprio candidato sindaco alle comunali del 2022, cosa, questa, che aveva già fatto nei giorni scorsi il governatore pugliese Michele Emiliano.

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Il sindaco: non è fulmine a ciel sereno

Il sindaco Melucci attacca frontalmente coloro che, nella sua maggioranza, l’hanno tradito. «La caduta del Consiglio comunale – dichiara – non è un fulmine a ciel sereno. Sono mesi e addirittura anni che un manipolo di persone ricatta l’amministrazione e frena lo sviluppo della città, percependo nel contempo lauti stipendi in qualità di assessori, presidenti di partecipate o altro. Quella sfiducia è un atto contro tutto quello che è avvenuto di positivo in questo mandato, contro l’operato di tutta la giunta comunale». Melucci non fa mistero sui “cecchini” del suo esecutivo ed esplicita nomi e cognomi. «Oggi, almeno per dignità – dichiara Melucci –, l’assessore Deborah Cinquepalmi, cugina di Walter Musillo, responsabile del gruppo Idea Indipendente, l’assessore Simona Suma e il presidente Francesco D’Errico, entrambi in quota ai consiglieri comunali Carmen Casula e Massimiliano Stellato, del gruppo di Puglia Popolare, già in maggioranza con il centrosinistra nel Consiglio regionale, l’assessore Gabriella Ficocelli e il componente del cda Claudio Stola, entrambi in quota ai consiglieri comunali Salvatore Brisci e Salvatore Ranieri, che per ultimi hanno tradito la maggioranza di Palazzo di Città, dovrebbero semplicemente dimettersi, senza ricavare altri vantaggi ai danni della comunità da qui alle elezioni amministrative”. A ciò si aggiunga che diversi tra coloro che si sono dimessi, nei giorni scorsi hanno anche partecipato ad un tavolo politico di “federati” che ha unito pezzi di centrosinistra e di centrodestra. Segno che si stava lavorando per ribaltare l'attuale assetto comunale.

Accuse tra botta e risposta

“Taranto svenduta”, “responsabilitá tradita” tuonano dallo schieramento del sindaco. «Diciassette nomi che sono il simbolo della grettezza politica, del tradimento della fiducia umana e politica» incalza l’associazione “Taranto Crea” fresca di costituzione con il vice sindaco Fabiano Marti e gli ex assessori Ubaldo Occhinegro e Fabrizio Manzulli. «Oggi cade l’impero di malgoverno e malagestione della cosa pubblica, costruito da un sindaco che, sin da subito, ha dimostrato una scarsissima attitudine alla guida di una città splendida e complessa come Taranto» replicano dal gruppo di opposizione “Una città per cambiare”, tra i firmatari delle dimissioni. «Tutto sommato ci siamo liberati di inqualificabili zavorre» ribatte ancora il sindaco, per il quale «le dimissioni sono un atto ostile prima di tutto nei confronti della città».

Lo scontro con l’Ilva

Non è stato un percorso facile quello della giunta Melucci. Ci sono stati, nei quattro anni e mezzo, vari rimpasti, vari avvicendamenti nella squadra degli assessori. Lo stesso Melucci, sconfitto alle elezioni provinciali di fine ottobre 2018, si dimise dalla carica di sindaco per poi tornare sui propri passi prima che terminassero i fatidici venti giorni. Ma al di là di questo, Melucci è il sindaco che ha rimesso mano alla città, avviato diversi cantieri e lavorato per affermare soprattutto una nuova idea di sviluppo, meno acciaio dipendente, meno Ilva-centrica.

Un cammino che è agli inizi.

Anzi, contro l'industria siderurgica Melucci é stato molto determinato contestando l’attuale assetto di produzione e rivendicando la necessità della decarbonizzazione. Sua anche la scelta di opporsi al mantenimento dell’area a caldo della fabbrica perchè inquinante. Di qui l’ordinanza di chiusura degli impianti di febbraio 2020, la vittoria al Tar di Lecce – col mantenimento dell'ordinanza – a febbraio 2021, la sconfitta al Consiglio di Stato – che ha annullato l'ordinanza – di giugno 2021.

Una città che vuole essere meno acciaio dipendente

Rispetto all’esordio di Melucci come sindaco, Taranto ha fatto passi avanti pur avendo ancora tanti problemi aperti. Esempio, nella classifica del 9 novembre scorso “Ecosistema Urbano” del Sole 24 Ore e Legambiente, la città ha scalato nove posizioni nel giro di un anno. Taranto, inoltre, è divenuta un approdo crocieristico con MSC che ha scalato stabilmente il porto da maggio a novembre portando circa 100mila passeggeri. L’offerta attrattiva si è poi arricchita di eventi culturali, musicali, artistici e sportivi tra cui Sail GP, la gara internazionale di catamarani veloci ospitata a giugno nelle acque del Mar Grande. Eppoi la progettualità, dalla ripresa della città vecchia, l’isola antica di Taranto, alla presenza alla recente Biennale di architettura di Venezia per finire ai grandi interventi per la mobilità sostenibile come i bus elettrici veloci, finanziati per circa 260 milioni tra decreto Rilancio del 2020 e Pnrr. Sullo sfondo, inoltre, i Giochi del Mediterraneo che, strutturati sul modello Olimpiadi, Taranto ospiterà nel 2026 attivando anche qui un corposo pacchetto di investimenti tra nuovi impianti sportivi e riqualificazione (in prevalenza) di quelli esistenti. Calcolando opere per circa un miliardo, lo scorso febbraio il sindaco disse agli imprenditori di Confindustria Taranto che «il Comune rimarrà stazione appaltante, per la molteplicità dei progetti, da qui ai prossimi dieci anni». Uno scenario che ora rischia contraccolpi seri.

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