Taranto, ex Ilva verso lo spegnimento: stop agli sbarchi di materie prime
Sul fronte legale ArcelorMittal dopo averlo notificato alla controparte ha depositato al Tribunale di Milano l'atto nel quale chiede di accertare e dichiarare il recesso dal contratto di fitto dell'ex Ilva
di Domenico Palmiotti
5' di lettura
Il nuovo incontro tra i Mittal e il Governo per ora è sparito dal radar, nel senso che non se ne ha notizia. Slitta di qualche giorno, al Tribunale di Milano, il deposito del ricorso cautelare urgente con cui i commissari straordinari Ilva proveranno a bloccare il disimpegno della multinazionale dall'ex Ilva, e oggi a Taranto la stessa Ilva consegnerà alla Magistratura i primi atti prescritti per la continuità dell'altoforno 2.
“Il ricorso cautelare, ex articolo 700, è complesso nella preparazione - dicono i legali dell'amministrazione straordinaria -, ci vorrà qualche altro giorno ancora. E dovrebbe poi essere esaminato in una decina di giorni dal deposito”.
Quella che invece non è scomparsa dai radar, anzi di giorno in giorno è sempre più evidente, al pari di una rotta di progressivo avvicinamento, è la condizione del siderurgico che ormai marcia verso lo spegnimento. Da quando ArcelorMittal ha annunciato l'uscita, si sono verificati una serie di fatti, tutti nella stessa direzione. E anche sul fronte legale ArcelorMittal non è da meno, visto che ieri, dopo averlo notificato alla controparte, ha depositato al Tribunale di Milano l'atto nel quale chiede di accertare e dichiarare il recesso dal contratto di fitto dell'ex Ilva.
Parchi minerali
“Tutto sta marciando al minimo regime, prossimo step la fermata” afferma Biagio Prisciano, segretario Fim Cisl Taranto. “Il livello di materie prime nei parchi minerali si va progressivamente assottigliando, non arrivano più materie prime, gli sbarchi sono bloccati sia a Taranto che a Brindisi, porto, questo, che si stava utilizzando da qualche tempo. Tutto ciò vuol dire che se ArcelorMittal dovesse andare davvero via, i commissari dell'amministrazione straordinaria, all'atto del subentro, troveranno una fabbrica ormai spenta” aggiunge Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil Taranto. “Per far arrivare le materie prime, servono almeno 30 giorni, stiamo quindi invitando i commissari ad intervenire subito perché non è possibile assistere senza far nulla al progressivo svuotamento dello stoccaggio delle materie prime” afferma Brigati.
Lo scontro politico
“La situazione è molto complicata, siamo in un drammatico stallo. Il premier Conte venerdì scorso a Taranto, al consiglio di fabbrica, ci ha detto che nel giro di 48 ore si sarebbe cercata una via d'uscita, ma purtroppo siamo arrivati a mercoledì e nulla è accaduto e forse nemmeno accadrà oggi - rileva Antonio Talò, segretario Uilm Taranto -. Speriamo che nel Consiglio dei ministri di domani ci sia una soluzione perché la fabbrica a Taranto si sta progressivamente spegnendo. È un dato di fatto ormai”. “Leggiamo dello scontro politico, leggiamo della spaccatura nei Cinque Stelle, pro o contro Ilva, pro o contro scudo penale, e vogliamo dire loro: ma vi rendete conto di dove stiamo andando? Avete valutato bene tutti i rischi e i problemi che la chiusura della fabbrica a Taranto determinerà? - domanda Prisciano della Fim Cisl -. È chiaro che se arriveremo allo spegnimento, ciascuno, a quel punto, si assumerà le proprie responsabilità”. E Antonio Marinaro, presidente di Confindustria Taranto, aggiunge infine: “Non avevamo assolutamente considerato una situazione così precipitata”.
La pec di Confindustria Taranto
Tra l'altro Confindustria Taranto ieri sera ha fatto un altro passo contro ArcelorMittal. “Abbiamo fatto partire una pec con la quale tutte le aziende che avanzano il pagamento delle fatture già scadute per i lavori in fabbrica, mettono in mora il committente - dichiara Marinaro -. Sabato scorso, con i legali, avevamo deciso in assemblea che ciascuna azienda creditrice avrebbe fatto per conto suo l'atto di messa in mora condividendo un testo unico e predefinito. Invece - rileva Marinaro -, abbiamo deciso di fare una pec unica di messa in mora di ArcelorMittal inoltrandola come sistema Confindustria Taranto. Abbiamo dato tre giorni di tempo ad ArcelorMittal per saldare quanto deve alle imprese. Se la risposta non ci sarà, inevitabile che le aziende che hanno cantieri in ArcelorMittal, si fermino. Al siderurgico non garantiremo più alcuna prestazione e fornitura”.
La lettera di Gamit (indotto): stop agli stipendi
“Siamo spiacenti di comunicare che la scrivente azienda allo stato è impossibilitata ad erogare in data 13.11.2019 gli emolumenti di ottobre”. È il testo della lettera che l'azienda Gamit, dell'indotto-appalto siderurgico ArcelorMittal di Taranto, ex Ilva, ha spedito a Fim, Fiom e Uilm. L'azienda non pagherà gli stipendi di questo mese perché a sua volta non si è vista saldare le fatture da ArcelorMittal per i lavori effettuati nel siderurgico. È la prima azienda che comunica ufficialmente lo stop agli stipendi mentre altre imprese hanno già comunicato ai sindacati la necessità di ricorrere alla cassa integrazione avendo cantieri fermi a causa del disimpegno di ArcelorMittal. E a tal fine i sindacati incontreranno il 14 novembre le prime tre aziende che hanno fatto richiesta di cassa: Enetec, FC, Iris.
Ricorso per altoforno 2
E oggi, come detto, Ilva in amministrazione straordinaria, tramite gli avvocati, presenterà oggi al Tribunale monocratico di Taranto, nella persona del giudice Francesco Maccagnano, l'analisi di rischio, i progetti di automazione e la revisione delle procedure e pratiche connesse alla gestione e alla operatività dell'altoforno 2.
Su afo2 pende infatti il rischio di un nuovo sequestro senza facoltà d'uso se Ilva in as - che è proprietaria degli impianti mentre ArcelorMittal è in fitto, contratto che vuole disdettare col recesso -, non dovesse effettuare gli ulteriori lavori di messa a norma e in sicurezza. Al giudice Maccagnano sarà consegnato un fascicolo composto da circa 2500 pagine di documenti tecnici. Maccagnano, sia in estate che a settembre scorso, ha respinto per due volte la richiesta di uso fatta da Ilva in as per i lavori all'altoforno. Facoltà che però Ilva in as ha ottenuto, sempre a settembre, dal Tribunale del Riesame al quale ha impugnato, in appello, il primo atto di diniego del giudice Maccagnano.
Infine dichiara il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci: “Di ArcelorMittal ormai non si sa più niente, hanno depositato l'atto di citazione al Tribunale di Milano verso l'amministrazione straordinaria di Ilva, e questo ci fa capire che vanno spediti. Che non è più strategia, la loro, ma vogliono mollare tutto”.
Circa lo stato della fabbrica, il sindaco afferma che “non dovrebbe fermarsi niente”, non esclude una revisione del collegio commissariale dell'amministrazione straordinaria, ed evidenzia: “Mittal ha fatto man bassa del portafoglio clienti e pensiamo che abbia impoverito l'azienda come area di mercato. Speriamo di sbagliare. Certo è che ci vorrà fatica per riprendere il cammino - aggiunge Melucci - e i lavoratori andranno sostenuti da ammortizzatori sociali”.
“Noi faremo di tutto perché questo non accada” prosegue il sindaco, riferendosi al rischio stop impianti, e conclude: “Attenzione, non siamo disponibili a tenerci il “giocattolo” così come è oggi. Evitiamo ogni demagogia. I Mittal vanno via perché si sono comportati da cialtroni, inutile trovare alibi nello scudo penale soppresso dalla legge, nè nel consenso che manca. La questione vera, adesso, è quella di ripristinare alcune esigenze della comunità e non essere più schiavi”.
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