Targhe estere senza più limiti in Italia: risparmi per tutti ed entrate fiscali a rischio
Caduto il divieto di guida per i residenti, può scattare la corsa ai veicoli immatricolati in altri Paesi per risparmiare su fisco e Rc auto
di Maurizio Caprino
I punti chiave
5' di lettura
Apparentemente è solo una possibile stretta sulla platea dei prossimi incentivi auto. Ma l’esclusione delle imprese (e di tutte le altre persone giuridiche, tranne le società di car sharing) dai beneficiari dei contributi statali all’acquisto di vetture nuove, se confermata dal testo definitivo del Dpcm la cui bozza è stata anticipata dal Sole 24 Ore, rischia di segnare una svolta negativa in Italia. Non solo per il mercato dell’auto (nel 2021 gli acquisti delle aziende sono stati il 37,5% del totale), ma anche per il Fisco. Perché alla lunga molti potrebbero togliergli gettito, decidendo di circolare con targa estera: dal 21 marzo, farlo è perfettamente legale per chiunque senza alcun vincolo, se registra il veicolo e tiene a bordo un documento.
A spingere verso questa scelta, c’è una coincidenza con le difficoltà di trovare auto, per la mancanza di materie prime e microchip causata dalla pandemia e dalla guerra. Non sembra invece essere un problema il possibile protrarsi del pluridecennale divieto di piena detraibilità dell’Iva.
L’ok alle targhe estere
Insomma, c’è un sovrapporsi di novità legislative ed eventi cui probabilmente nessuno ha pensato abbastanza. L’elemento scatenante è la rettifica alla stretta sui “furbetti della targa estera” che era stata data con il Dl 113/2018. Per adeguarsi alle norme europee, la Legge europea 2019 (la n. 238/2021) ha modificato gli articoli 93, 94, 132 e 196 del Codice della strada ed è stato aggiunto l’articolo 93-bis. Alcune novità sono in vigore dal 1° febbraio, ma il nuovo regime è pienamente in vigore dal 18 marzo.
In linea di principio, si è passati da un divieto di guidare sul territorio nazionale veicoli con targa estera per chi risieda in Italia da più di 60 giorni a un obbligo di immatricolare con targa italiana (articolo 93-bis) il proprio veicolo entro tre mesi (chi era residente da prima del 1° febbraio deve mettersi in regola dal 1° maggio, secondo la circolare 9868U/2022 emanata dalla direzione centrale Specialità della Polizia il 23 marzo).
La chiave di tutto sta nel fatto che, nel nuovo regime, l’immatricolazione in Italia si può evitare se il conducente residente in Italia non coincide col proprietario (residente all’estero): in questo caso, si è in regola se si tiene a bordo un documento con data certa firmato dal proprietario, che indichi a che titolo e per quanto tempo il conducente può utilizzare il veicolo. Se il diritto di questi a disporre del mezzo «supera un periodo di 30 giorni, anche non continuativi, nell’anno solare», titolo e durata dell’utilizzo vanno registrati in un nuovo archivio, tenuto dal Pra: il Reve (Registro veicoli immatricolati all’estero).
I vantaggi del nuovo regime (multe a parte)
Dunque, basta poter documentare un comodato, un noleggio o un leasing con una persona o un operatore stranieri e iscrivere il veicolo al Reve per poter circolare in Italia all’infinito, senza problemi.
Certo, non sarà più la cuccagna di prima: le multe potranno essere notificate all’indirizzo italiano dell’utilizzatore del mezzo, che sarà tenuto a pagarle davvero. Ma, almeno in parte, non si sarà soggetti al Fisco italiano.
Quanto ci perde il Fisco (e l'assicurazione)
Innanzitutto, ad oggi non è richiesto il pagamento nè dell’Ipt (Imposta provinciale di trascrizione) né del bollo auto (che va alla Regione) e dell’eventuale superbollo, nonostante il nuovo comma 4-ter dell’articolo 94 del Codice istituisca nel Pra un elenco dedicato alle targhe estere, a fini fiscali.
Inoltre, la targa estera porta con sé il fatto che la polizza assicurativa sia rilasciata nel Paese di immatricolazione. Quindi alle Province non va l’imposta sulla Rc auto, che è la loro principale fonte di introiti.
Perdite rilevanti anche per l’erario statale: il veicolo viene acquistato in un Paese europeo (a scapito peraltro della rete commerciale italiana e del suo indotto) da un soggetto che vi risiede, fruendo spesso di un’Iva inferiore a quella italiana e magari di un incentivo all'acquisto che per le persone giuridiche che comprano in Italia rischia di non esserci più per tutta la tornata di bonus che sta per iniziare (e che durerà fino al 2030). Anche se in alcuni Stati l'operazione non conviene perché ci sono anche altre pesanti tasse sull'immatricolazione.
Stop agli incassi del superbollo
Nel caso di una vettura “potente” (il cui motore sviluppa più di 185 kiloWatt), lo Stato perde pure l’incasso del superbollo. Questo vale non solo per gli esemplari nuovi, ma anche per quelli già circolanti con età fino a 20 anni (oltre questa soglia, scatta comunque l’esenzione). La “liberalizzazione” delle targhe estere è un’ulteriore spinta a eludere questo tributo, esportando fittiziamente la propria auto e reimportandola con targa di un altro Paese.
Salta anche il contributo al Servizio sanitario nazionale che è dovuto sulle polizze Rc auto emesse in Italia.
Sempre sul fronte assicurativo, si acutizza il problema delle compagnie estere (in particolare di alcuni Paesi dell’Est Europa), che a volte non risarciscono i danni o lo fanno in modo tardivo o incompleto: sono basate in Paesi dove i costi di liquidazione dei sinistri sono ben più bassi che in Italia. Altrettanto bassi sono i prezzi delle polizze. Il risultato è che chi circola in Italia con la targa estera risparmia anche sull’assicurazione, a spese della collettività nazionale (i risarcimenti sono garantiti dall’Ufficio centrale italiano, che funziona grazie ai contributi pagati sulle polizze emesse in Italia).
Sembrano invece ininfluenti le limitazioni italiane alla detraibilità dell’Iva sui costi di acquisto e utilizzo dei veicoli per le imprese: per i contratti di durata superiore a 30 giorni, valgono le regole italiane a prescindere dal Paese in cui il mezzo è stato immatricolato.
Il caso del noleggio
Su questo quadro s’innestano le altre coincidenze. Già per la prossima estate l’Aniasa (l’associazione confindustriale di noleggiatori e car sharing) ha invitato i turisti a prenotarsi per tempo, lasciando anche intendere che ci sarà un aumento dei prezzi, soprattutto in Sardegna e Sicilia: le difficoltà nella produzione delle auto non consentono di avere flotte adeguate alla domanda. Per rimediare almeno in parte, d’estate si potranno trasferire in Italia vetture da Paesi meno turistici.
Ma a questo punto lo schema potrebbe ripetersi anche a regime: le nuove regole del Codice della strada sono state interpretate da Polizia e Aci (circolare del 15 marzo) in modo da ammettere la possibilità per gli operatori di dare in noleggio in Italia anche veicoli che essi stesso hanno preso a noleggio all’estero.
L’Italia può avere tutte le ragioni per penalizzare fiscalmente la mobilità privata, dal debito pubblico alla tutela dell’ambiente. Ma le nuove regole sui veicoli con targa estera rischiano di spiazzarla.
Gli altri escamotage possibili
Esportazioni fittizie
Nulla più vieta di radiare dal Pra veicoli italiani simulando la loro esportazione per immatricolarli in un Paese con assicurazione e tasse meno costose, continuando a circolare in Italia
Le casistiche
L’esportazione fittizia può dare molti vantaggi per vetture potenti, soggette a superbollo. La targa estera può far anche eludere i dinieghi di targatura da parte della Motorizzazione dovuti a ragioni tecniche o burocratiche
I primi casi
In alcune città le forze di polizia stanno già verificando che i veicoli “esteri” guidati da residenti italiani abbiano a bordo il documento richiesto. A Napoli le prime sanzioni rilevanti
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