Tashkent, nostalgica capitale del sogno modernista
Con il suo eccezionale patrimonio di edifici brutalisti la capitale uzbeka scommette sul suo inserimento nell’UNESCO World Heritage Lists
di Stefano Biolchini
5' di lettura
TASHKENT. Partire per Tashkent, la capitale del moderno Uzbekistan, le cui consonanti ravvicinate intimoriscono quasi per la durezza del suono, pensando ad un’altra, “Samarcanda”, la città mitica fin dall’evocativo e soave nome, con le sillabe in “a” che si ripetono dolci e la dentale a serrarne la sequenza che, come in un sogno, si compone di immagini di sontuose madrasse e svettanti minareti, o di antiche carovane sulla via della seta. Sa-mar-can-da, ovvero niente di più lontano dalla capitale. Eppure il consiglio, fin da principio, è uno solo: dimenticate Samarcanda, assai rimaneggiata da ricostruzioni e restauri, perché è Tashkent la sorpresa dell’Asia centrale di cui innamorarsi.
Sì, è così. Fermatevi in questa metropoli, misteriosa e affascinante “urbe sanguemisto”, anfibia sirena dal cuore russo e animo asiatico. Senza fretta, fatevi trascinare dai dedali delle sue vie e…oltrepassato quel che resta della vecchia mahallah – già protetta dall’Unesco, con le case basse di mattoni - è fra i suoi curatissimi parchi e larghi viali, un po’ moscoviti un po’ grand boulevard, che si trovano alcune fra le più interessanti e affascinanti costruzioni moderniste dello scorso secolo: brutaliste delizie d’Asia.
State Museum of History of Uzbekistan
Tanto per cominciare il nostro tour modernista, partiamo con il State Museum of History of Uzbekistan, ovvero quello che fu il glorioso Museo Lenin. Si erge come un tempio greco questo storico edificio del 1970 di Yevgeny Rozanov and Vsevolod Shestopalov, a cui si accede attraverso una monumentale scalinata, che è quasi un’ascensionale via sacra. A sovrastare gli astanti, fra i marmi bianchi a profusione, è il complicato ed elegante motivo a “ intaglio” di pieni e vuoti di luce, che gran parte avrà nelle successive architetture: uno splendido unicum che farà scuola!
Panoramic Cinema
Ancora un richiamo alla più classica fra le architetture greche, gigante e mirabile rocco di colonna dorica, è il Panoramic Cinema. Edificato nel 1964 su progetto degli architetti Vladimir Berezin, Sergo Sutyagin, Yury Khaldeyev, Dmitry Shuvayev, costituisce uno dei più begli esempi di architettura modernista sovietica. Con i suoi 2300 posti a sedere, e la piazza antistante a fargli da cornice, costituisce una delle immagini imprescindibili di questa città.
Tashkent Television Center
Appena al confine con il perimetro del Cinema un altro edificio assolutamente da preservare, il Tashkent Television Center (National Television and Radio Company of Uzbekistan), eretto nel 1977 e interamente adornato da un colossale mosaico geometrico.
State Museum of Arts of Uzbekistan
Imperdibile, anche lo State Museum of Arts of Uzbekistan presentava un design davvero innovativo, che purtroppo è stato incapsulato da una controfacciata, che è “in attesa di essere rimossa”, come ci spiega Gayane Umerova, Direttore della Art and Culture Development Foundation della Repubblica dell’Uzbekistan. “Sono circa 40 gli edifici modernisiti di questa città da preservare. Siamo già avanti nel progetto che ha visto prima l’opera i classificazione in vista della preservazione, e in particolare questo Museo verrà restaurato nei prossimi due anni”.
E si tratta di un vero gioiello, a firma degli architetti Abdulov, Nikiforov and Rozenblyum, edificato nel 1974, si presentava come un gigante dal volume cubico, con le facciate dalle linee rigorose, ripartite in molteplici “quadrati” su telai metallici. Gli interni sono rimasti intatti e, in attesa del lavoro di restituzione delle facciate originali, vi si possono ammirare le collezioni sia di arte asiatica, sia di arte occidentale.
40 edifici modernisiti da preservare
Dicevamo che sono una quarantina i muti testimoni della furia modernista che ha mirabilmente segnato e stravolto per sempre il tessuto urbano di questa città.
Kosmonavtlar
Eccoci allora ad un’altra tappa imprescindibile: la stazione del metrò dedicata ai cosmonauti, Kosmonavtlar, e inaugurata nel 1984, in onore di Vladimir Dzhanibekov, il primo astronauta uzbeko. Qui si viene investiti dalla lunga lama di luce che filtra tra le decorazioni sospese di vetro, a rappresentare la via lattea, mentre l’intera superficie della stazione è incrostata di decorazioni nei toni dell’azzurro e del blu oltremare, a rappresentare lo spazio sconfinato che si dissolve nell’oscurità. Alle pareti anche 12 medaglioni affrescati che, a partire dal volo di Icaro, narrano delle imprese umane alla conquista dello spazio, con un medaglione in particolare dedicato al primo cosmonauta, Yuri Gagarin, uno a Valentina Tereshkova, la prima donna a viaggiare nello spazio, e un altro a Ulugh Beg, il grande sultano e astronomo di Samarcanda. Uno spazio metafisico, quasi un mitologico antro, che più che guardare al futuro impressiona per la sensazione che inspira di nostalgia e malinconia.
Uzbekistan Hotel
Indispensabile è poi raggiungere Amir Temur Square per ammirare il magnifico e imponente Uzbekistan Hotel, vera e propria icona della capitale, con il suo fitto reticolo di cemento ombreggiante, che richiama il tradizionale schermo panjara dell’Asia centrale, a segnarne l’elegante facciata.
Chorsu Market
Per non dire del colorato e profumatissimo Chorsu Market, “ispirato - come ci spiega in anteprima la nostra guida d’eccezione, lo storico e studioso Boris Chukhovich - ancora una volta ad una architettura classica, il Pantheon di Roma, come è emerso da documenti che ho avuto modo studiare recentemente”.
Non sorprende dunque che la Tashkent più internazionale e orgogliosa del proprio passato, e delle magnifiche architetture moderniste che ne segnano lo skyline e le prospettive, punti a far inserire la capitale nell’UNESCO World Heritage List. Architetti come l’olandese Rem Koolhaas o gli italiani Davide Del Curto e Nicola Russi hanno illustrato nel corso della Conference on Preservation of Modernism le potenzialità e le necessità improrogabili di tutela di un così vasto patrimonio architettonico. “Occorre prima di tutto sapere e decidere quanto di autentico deve essere preservato e restaurato” dice Koolhaas al pubblico della capitale riunito nel Museo di Stato. Ora finalmente lista dei monumenti non manca, ma occorre fare presto e bene: perché se la forza distruttiva del terribile terremoto del 1966 ha sconquassato la capitale, cancellando per sempre testimonianze del passato di questa città, i rifacimenti post caduta dell’Urss in chiave “islamica”, con roboanti archi e colonne un po’ dovunque, hanno occultato, quando non si è demolito per sempre, numerosi preziosi manufatti modernisti. Ecco perché Tashkent non ha tempo da perdere.
Friendship of People Palace
Questa città e’ una raffinata meta unica nel suo genere: imperdibile per chi ama le architetture del ’900 e non solo. Per il sottoscritto è stata una vera sorpresa, molto più di Samarcanda e di Bukhara, che pure sono città agognate da sempre per qualsiasi viaggiatore. Se poi vi capiterà l’occasione di oltrepassare l’ingresso del Friendship of People Palace, salite a visitarne l’immensa sala da circa 6000 posti a sedere: ad inaugurarlo nel 1980 venne Leoníd Il’íč Bréžnev; e tra quelle poltrone di velluto rosso sembra di rivivere i fasti oceanici delle adunate politiche di anni ormai remoti - in colbacco e con divise cachi adornate di orgogliosamente lucide medaglie in bella vista - i cui echi lontani fra queste mura paiono ancora poter risuonare, nel bene e nel male dei corsi della Storia. Perché gli imperi crollano, mentre molti fra i loro più altisonanti monumenti restano anche malconci, ma indomiti, a sfidare il tempo. Questa è Tashkent: emblematica, malinconica, sublime, monumentale testimone di un mondo che fu. E non è forse questo il potere inscalfibile di certe architetture?
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