La Ue apre all’Iva ridotta per la filiera dell’arte, opportunità da cogliere
I 27 Stati possono recepire entro il 2025 la direttiva. Sgarbi annuncia che il governo intende recepire la direttiva e ridurre l’Iva sull’import dal 10 al 5,5%
di Marilena Pirrelli
4' di lettura
Una scommessa, perdere tutto o quasi, oppure guadagnare agevolazioni fiscali su tutta la filiera. L’arte è a un bivio fiscale: imboccare la strada della riduzione dell’aliquota per i prossimi anni o rimanere nel regime ordinariio. Dovrà decidere la politica e una prima risposta arriva dal Mic. «Il governo intende recepire la direttiva Ue che riduce l’Iva sull’importazione delle opere d’arte dal 10 al 5,5%» ha dichiarato il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, che sul tema ha avuto un incontro con il viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo, ultimo dicastero a pronunciarsi sulla materia fiscale. «La riduzione dell’Iva - spiega Sgarbi - agevolerà certamente le transazioni e dunque la circolazione delle opere, e potrà dare un contributo concreto alla ripresa del mercato dell’arte e dell’antiquariato per il quale, comunque, occorrono altre misure che stiamo studiando e che illustreremo nelle prossime settimane».
Cosa dice la direttiva
Le modifiche del 5 aprile 2022 (2022/542) alle direttive 2006/112/CE e Ue 2020/285 sulle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) prevedono la possibilità di modificare l’Iva sull’arte apportando significativi cambiamenti al sistema europeo sia del regime del margine, sia delle aliquote ridotte. La direttiva entrerà in vigore il 1° gennaio 2025 e dovrà essere approvata da ciascuno Stato prima del 31 dicembre 2024.
Nella revisione delle aliquote che «mirano a salvaguardare il funzionamento del mercato interno e a evitare distorsioni della concorrenza» per la prima volta la Commissione europea ha espressamente previsto «le cessioni di oggetti d’arte, da collezione d’antiquariato» nell’elenco delle 29 categorie dell’allegato III (Direttiva 2006/112/Ce) tra le «cessioni e prestazioni di servizi che possono essere soggette alle aliquote ridotte» applicabili lungo tutta l’intera catena commerciale. Ognuno dei 27 Stati dovrà decidere quali beni e servizi potranno adottare l’Iva ridotta considerato che l’articolo 98, nella sua nuova articolazione, prevede che si possano applicare aliquote ridotte a un massimo di 24 delle 29 categorie. Quindi potranno entrare nel regime fiscale agevolato solo tre delle nuove otto categorie in elenco: oltre l’arte, vi sono fornitura di energia elettrica; piante e floricoltura; abbigliamento e calzature per bimbi e seggiolini per auto; biciclette; assistenza legale al lavoro; servizi e strumenti di salvataggio e primo soccorso; servizi connessi alle navi faro. Oppure si dovranno rivedere quelle categorie già nel regime agevolato e riportarle all’ordinario. Questa direttiva riscrive la concorrenza fiscale su alcuni comparti mettendo in gara settori finora esclusi.
In questa partita l’arte rientra, secondo la Commissione europea, a pieno titolo in quanto prodotto culturale da far circolare più facilmente, alla pari di altri prodotti culturali che già godono di Iva ridotta come libri e giornali anche elettronici (secondo la nuova formulazione), ingresso a musei, mostre, teatri, concerti, spettacoli compresi eventi sportivi (anche streaming) e diritti a scrittori compositori, artisti e interpreti.
Perché adottare l’aliquota ridotta
«Adottare per i beni artistici e antiquariali l’aliquota ridotta significa riconoscere l’importanza della circolazione del loro valore culturale per le comunità, già espressa dalla Ue in modo indiretto nella Convenzione di Faro» spiega Franco Broccardi, dottore commercialista, partner di Bbs-Lombard ed esperto di economia e fiscalità dell’arte. «Rafforzare con l’aliquota ridotta questi beni culturali consentirebbe una loro maggiore fruizione e disseminazione e, naturalmente, un sostegno alla produzione contemporanea di opere di arte e agli stessi artisti. È nell’interesse nazionale che la filiera dell’arte nella sua funzione culturale e di attrattore turistico ed economico possa dare maggiore forza e competitiva all’Italia nel mondo». «L’aliquota ridotta su tutta la filiera – l’opera dall’atelier dell’artista alla vendita in galleria sino al prestito al museo o all’ingresso in collezione – renderebbe più vantaggioso l’impatto sulle istituzioni pubbliche, come i musei, e sulla pubblica fruizione» fa eco Franco Dante, dottore commercialista dello studio Dante & Associati. In Italia oggi sulle cessioni di beni d’arte si applica l’aliquota del 22% (le gallerie possono adottare il regime del margine, cioè applicare l’Iva ordinaria solo sulla quota parte di plusvalenza derivante dalla cessione, che la nuova formulazione àncora espressamente all’aliquota ordinaria) e la ridotta del 10% sulle importazioni e sulle cessioni dirette dall’artista.
Il mercato come cambia
Se l’Italia non adottasse l’aliquota ridotta su tutta la filiera dell’arte cosa accadrebbe? «Ogni Stato – spiega Dante – avrà la facoltà di conservare l’aliquota ridotta all’importazione, tuttavia cambierà l’aliquota dell’artista, che andrà al 22% in Italia, ma soprattutto si perderà l’occasione di assoggettare le prime vendite – quelle fatte dall’artista attraverso le gallerie – all’aliquota ridotta del 10% o, addirittura, del 5%».
In Francia i galleristi sono preoccupatissimi, data la posizione di vantaggio conquistata con un’Iva sull’import al 5,5% dopo la Brexit. Il Comité Professionnel des Galeries d’art (CPGA) è pronto a fare pressioni sul governo francese per evitare che si torni all’ordinaria: chiedono al ministero della Cultura di ottenere da Bercy [il ministero delle Finanze] un’eccezione per le opere d’arte, oppure di negoziare una moratoria a livello europeo per evitare di lasicare il mercato dell’arte alle piazze concorrenti, cioè Stati Uniti, Regno Unito, Svizzera e Hong Kong.
La direttiva in ogni caso cambierà la concorrenza tra i paesi Ue, l’Italia coglierà quest'occasione per diventare competitiva nel mercato globale dell’arte? Per chi obietta che favorire l’arte considerata un puro investimento sia un indebito vantaggio dovremo rispondere che prima o poi i maggiori valori delle opere d’arte derivanti da pura speculazione diventeranno capital gain imponibile.
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