Fed in pausa, mercato in attesa di soft landing
Il mercato azionario è in attesa di capire se la Fed riuscirà a portare a termine un soft landing, ovvero a far rallentare l’inflazione senza causare una recessione
di Vito Lops
4' di lettura
Il mercato sta scommettendo sulla pausa. Quel periodo che intercorre tra la fine di un ciclo di rialzi e il primo taglio. Tanto che nelle sale degli operatori sta circolando lo slogan, che sa di mantra, “Fed is done”. Come dire che quel che doveva essere fatto per combattere l’inflazione, a livello di tassi, è stato fatto. Questa convinzione si è rafforzata martedì quando è stato pubblicato l’ultimo dato sull’inflazione negli Usa, relativa al mese di ottobre. L’inflazione tendenziale è scesa dal 3,7% (di settembre, su base annua) al 3,2%. Gli analisti si attendevano un 3,3%. Meglio delle attese anche il dato più rilevante, quello relativo all’inflazione “core”, depurato per le componenti dei prezzi più volatili, come alimentari ed energetici, e di conseguenza più agganciato ai prezzi “strutturali”, quelli che risentono maggiormente di eventuali pressioni salariali. Bene, questo dato è sceso dal 4,1% al 4%. Siamo ancora lontani dall’obiettivo del 2% ma se consideriamo il dato mensile (+0,2%) e lo moltiplichiamo per 12 (2,4%) si comprende che la tendenza disinflazionistica è in atto.
A fine ottobre la Federal Reserve ha mantenuto i tassi invariati (nel range compreso tra 5,25% e 5,5%) per la seconda riunione consecutiva. E dato che nel frattempo stanno arrivando dei dati macro-economici che indicherebbero un rallentamento economico (come il Pil sul quarto trimestre visto in crescita del 2,1% rispetto al +4,9% del terzo quarto o le nuove buste paga di ottobre dimezzate a 150mila unità) tra gli investitori si sta rafforzando l’idea che questo giro di politica monetaria restrittivo da parte della Fed – che dal marzo del 2022 a luglio 2023 ha alzato i tassi di 525 punti base marcando il più violento rialzo dei tassi degli ultimi 40 anni – sia finito. Tanto che i contratti futures iniziano a vedere all’orizzonte i primi tagli.
Le scommesse del mercato
Al momento il mercato sta scontando quattro sforbiciate per il 2024. A partire da maggio. Staremo a vedere anche perché i contratti futures sono ballerini e, come del resto le decisioni della Fed, sono data depending. Se questo scenario, oggi disegnato dagli investitori, alla fine prevarrà, dipenderà dall’evoluzione dei prossimi dati macro (inflazione, disoccupazione e indice pmi in particolare).
La lezione del passato
In ogni caso, ipotizzando che gli investitori abbiano ragione in questo momento a vedere una pausa, in vista di un successivo pivot dei tassi, cosa è successo nel passato? Come si sono mosse le Borse? Un’ampia statistica che ripercorre le 14 pause intercorse dal 1929 all’ultimo caso del 2018 offre una media piuttosto blanda: durante le pause (durate in media 231 giorni) l’indice S&P 500 ha perso lo 0,4% nei primi sei mesi per poi tornare in positivo (+1,8%) nel calcolo a 12 mesi. Il dato interessante si trova però all’interno dei singoli cicli economici, profondamente diversi l’uno dall’altro. La pausa peggiore, manco a ricordarlo, è proprio quella del 1929 quando la Borsa statunitense perse il 17,8% nei primi sei mesi, approfondendo il rosso al -28% sul calcolo annuale. Ma ci sono state anche pause eccellenti per il mercato azionario. Come quella del 1989 (+20% nei primi sei mesi), del 1995 (+32% in 12 mesi). È andato molto bene per le Borse anche l’ultimo stop sui tassi della Fed a fine 2018 a cui è seguito un +27,3% dell’indice S&P 500 nell’anno successivo. È poi statisticamente singolare che delle 14 pause dell’ultimo secolo, le prime sette (dal 1929 al 1974) siano sempre andate male, mentre nelle successive 7 (dal 1980 al 2018) solo due (1981 e 2000) abbiano visto calare le azioni.
Il dubbio per gli investitori
Ma perché il mercato tende a reagire così diversamente (non inganni la media piatta) allo stesso dato di fatto, ovvero alla decisione da parte della Fed di mettere la parola “fine” al percorso di rialzo dei tassi? Nella risposta risiede il profondo dubbio che aleggia oggi nella mente degli investitori: sarà soft landing o hard landing? Si dice che le banche centrali calibrino la politica monetaria osservando lo specchietto retrovisore. Semplicemente per rendere l’idea di quanto sia complesso, talvolta impossibile benché esistano vari dati macro leading indicator, prevedere il futuro. E di conseguenza prevedere gli effetti di una politica monetaria che per sua natura si ripercuote sull’economia reale inevitabilmente a scoppio ritardato. La banca centrale alza i tassi per rallentare la domanda aggregata e quindi indebolire i consumi, come male minore per raggiungere l’obiettivo più grande di contenere le fiammate dell’inflazione. Ma il conto dei danni arriva dopo, con ritardo. E quindi a volta accade che la banca centrale sia risultata (con il senno del poi) troppo aggressiva; e quindi per sconfiggere l’inflazione abbia causato una forte recessione (hard landing). Talvolta accade il mezzo miracolo: l’inflazione viene sconfitta e come effetto collaterale l’economia registra solo un rallentamento (soft landing). Senza fare crash. È successo ad esempio nel 1995 e nel 2019. Ecco perché il racconto del passato sulle pause della Fed racconta storie molto diverse.
C’è poi un’altra considerazione che ci regala la statistica. Il mercato è ottimista per natura e nelle fasi iniziali di una pausa sui tassi tende a prevalere un sentiment favorevole. In sostanza, all’inizio i mercati puntano sempre sul soft landing. Salvo poi ricredersi in fretta quando ci si accorge (troppo tardi) che quei rialzi dei tassi eccessivi hanno rotto qualcosa nel sistema finanziario. Ed è in quei casi che poi le Borse pagano il conto peggiore. Come andrà a questo giro della storia, quando probabilmente è iniziata la 15esima pausa sui tassi nella storia della politica monetaria della Fed? Nessuno può dirlo. Per ora però sta accadendo quello che succede spesso: il rialzo di Wall Street da inizio anno (S&P 500 +15 e Nasdaq +32%) ci dice che il mercato, come sempre, sta puntando sul soft landing. Speriamo che poi nel 2024 non sia costretto a ricredersi.
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