Tassi negativi sui conti, nelle banche il dibattito è aperto
Formalmente sono tutti contrari, ma tra i banchieri c'è chi sta vagliando la possibilità di tassare i conti correnti lanciata dal ceo di UniCredit, Mustier. L'alternativa è cercare forme di compensazione per gli extra costi legati ai depositi
di Luca Davi
4' di lettura
Qualche banca lo esclude categoricamente. Qualche altra, invece, ammette che il tema è quanto meno da approfondire. Di certo, nessun istituto italiano sembra indifferente all’ipotesi di tassare le grandi masse di liquidità parcheggiate sui conti correnti. Una misura che UniCredit, con una mossa inattesa dal mercato, intende varare a partire dal 2020 sui grandi patrimoni in tutti i paesi in cui opera (ad esclusione di quelli fuori dall’egida Bce), e per la liquidità che eccede la soglia del milione di euro. L’annuncio è arrivato nei giorni scorsi direttamente dal ceo Jean Pierre Mustier , prima in qualità di presidente della Federazione bancaria europea e poi di numero uno di UniCredit. E ha fatto da subito scalpore tra banchieri e addetti ai lavori.
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L’idea di tassare i depositi del resto, benché sia già una realtà in alcune banche in Europa (Ubs in Svizzera, alcune Landesbanken in Germania o Spar Nord in Danimarca), è una proposta shock per un paese che ha sempre fatto del risparmio, e della sua tutela, un mantra. Per i depositanti, in una fase di incertezza come quella che si protrae da tempo, tra scandali bancari e crisi del debito sovrano, il conto corrente appare uno dei pochi strumenti che garantisce la piena tranquillità. Certezze che, a torto o a ragione, altri strumenti sembrano non offrire. Difficile insomma credere che la clientela digerisca di buon grado un provvedimento simile. D’altra parte, è vero che le banche rischiano di pagare dazio per una misura, quella sulla deposit facility della Bce, che si fa sempre più salata: dal -0,10% del giugno 2014 si è passati al -0,5% dello scorso settembre (seppure con un “cuscinetto”, il cosiddetto tiering, che ne attutisce gli effetti). Con margini sempre più risicati, è altrettanto difficile credere che l’idea di spingere gli stock dei conti correnti verso altri strumenti finanziari (neutri o minimamente redditizi) non stuzzichi gli istituti.
I ragionamenti dei banchieri
La mossa di Mustier sembra insomma aver buttato sale su una ferita aperta. E tra banchieri ci si chiede quali possano essere le “cure” giuste. Il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro , ha escluso la possibilità di girare i tassi negativi ai clienti («Sui piccoli ammontari non pensiamo di applicare degli interessi negativi») aggiungendo però che «sui grandi depositi il nostro obiettivo è offrire a questi risparmiatori delle opportunità di investimento che siano apprezzabili, e questo si fa non rimanendo esclusivamente limitati al campo strettamente finanziario».
Le valutazioni, insomma, sono in corso. Per Alessandro Vandelli, amministratore delegato di Bper, «è ormai tempo che il sistema bancario affronti il problema» dei tassi negativi. «Le banche soffrono in questa fase, ormai prolungata, in cui la liquidità che depositano presso la Bce viene remunerata a tassi negativi - dice Vandelli al Sole 24Ore - C’è dunque la necessità di studiare soluzioni per attenuare gli effetti negativi della situazione». Tuttavia per il banchiere «bisogna agire con prudenza, soprattutto in un Paese come il nostro, in cui la propensione al risparmio è un valore largamente condiviso, perché messaggi non correttamente gestiti potrebbero disincentivare abitudini consolidate. Non credo, dunque, che si arriverà a ipotizzare l’utilizzo di tassi negativi su tutta la clientela retail». Un messaggio in sintonia con quello che arriva da Ubi, banca guidata da Victor Massiah. Che di fatto «non ritiene probabile applicare interessi negativi a clienti individuali privati».
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Da parte di molti banchieri interpellati da Il Sole 24 Ore, di fatto, non c’è alcuna intenzione di toccare il risparmio dei singoli privati, magari anche con patrimoni elevati. Ma nel contempo diversi manager evidenziano l’utilità di avviare quanto meno una riflessione sul tema dei depositi (infruttiferi per i clienti, ma molto costosi per le banche) lasciati nel “parcheggio” dei conti correnti da parte delle grandi società o delle istituzioni finanziarie. Che scelgono di non investire in attività materiali e immateriali, complice la fase di incertezza. E si cautelano, rimanendo liquidi.
Chi rimane fermo, chi no
Per qualcuno che valuta, qualche altro sgombra il campo da ogni ipotesi di “tassare” la clientela, indipendentemente dalla dimensione. A quanto risulta a Il Sole 24 Ore, per il Credem o BancoBpm quello dei tassi negativi sui depositi non è in alcun modo un tema sul tavolo. Stessa cosa per Banca Mps, istituto peraltro contrassegnato dalla presenza dello Stato nel capitale (68%). «Noi non ci abbiamo mai pensato», ha detto la presidente di Mps, Stefania Bariatti, a margine dell’esecutivo dell’Abi. Non è da escludere peraltro che, come segnala qualche banchiere, a trarre beneficio dall’introduzione di questa misura siano gli istituti che fino ad oggi hanno fatto raccolta a costi promozionali elevati: questi istituti potrebbero raccogliere eventuali deflussi in arrivo dalle altre banche, magari registrando anche un calo del costo del funding. Se è vero che le scelte commerciali dei singoli istituti sono libere, è possibile che fughe in avanti su questo fronte possano essere destabilizzanti per il sistema? Il timore di diversi banchieri è che grandi masse di liquidità che defluiscono da una banca (perché tassate) verso altri istituti (dove non si applicano tassi negativi) che però si trovano a dover sostenere costi imprevisti. Per questo qualcuno invoca un approccio condiviso nel sistema, pur nella libertà delle scelte commerciali. Gian Maria Mossa, a.d. di Banca Generali, alla Stampa ha evidenziato come il problema di applicare i tassi negativi sui depositi sia «politico» e scelte di questo tipo «debbano essere fatte collegialmente, dalle istituzioni», e non da singole banche.
Vero è che, d’altra parte, il tema degli extra-costi legati ai depositi da qualche parte deve pure trovare un suo sfogo, perché è difficile che alla lunga le banche possano assorbire il costo dei depositi con margini sempre più risicati. Non è un mistero che da tempo praticamente tutti gli istituti stiano compensando indirettamente i costi dei tassi negativi incrementando le commissioni e offrendo consulenza e prodotti a valore aggiunto. «Unicredit - ha detto nei giorni scorsi l’ad di Banca Popolare di Sondrio - Mario Pedranzini - ha fatto il suo annuncio. Noi valuteremo. Per ora non abbiamo assolutamente considerato questa ipotesi. Si tratterà di vedere se c’è la possibilità di trasferire questo onere sui prestiti perché da qualche parte il bilancio dobbiamo tirarlo fuori».
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