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Il 2018 potrebbe chiudersi con un record nel dato delle esportazioni di Made in Italy in Francia. Gli ultimi dati Istat dettagliati si fermano ai primi dieci mesi dello scorso anno e conteggiano merci vendute ai “cugini” per 40,5 miliardi.
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Se il trend mensile sarà confermato, il totale a fine dicembre scorso dovrebbe essere nell’ordine dei 48 miliardi: circa 2 in più rispetto al 2017, che già aveva fatto segnare un incremento del 5,3% sull’anno precedente. Siamo a livelli ben al di sopra rispetto al periodo pre-crisi (era circa 43 miliardi nel 2007) e più elevati del 39% rispetto a inizio millennio. L’interscambio tra i due Paesi (esportazioni più importazioni) raggiunge la cifra di 81,6 miliardi.
Bilancia commerciale con Parigi in attivo
L’argomento è quanto mai attuale alla luce delle tensioni con Parigi e della querelle sul completamento della linea ad alta velocità e sulla sua utilità. L’interscambio commerciale dà l’idea della potenzialità e dell’urgenza di infrastrutture adeguate e dei legami con i Paesi limitrofi. Francia in testa. L’Italia, infatti, importa parecchio: per oltre 35 miliardi di euro nel 2017 e nel 2018 la cifra potrebbe salire a 36 miliardi. Molto, ma comunque molto meno di quanto esportiamo: il che produce un bilancio a favore dell’Italia per oltre 11 miliardi di euro.
La Francia vale il 10% di tutto l’export made in Italy
Ma quanto “pesa” la Francia nell’economia dell’industria italiana? Parecchio: Parigi, infatti, è il secondo mercato di sbocco per l’Italia alle spalle della Germania, e la sua quota equivale a circa il 10% del totale delle esportazi0ni nazionali. La manifattura, tra l’altro, rappresenta il 96,3% di tutto ciò che prende la via dell’estero: un dato che nel 2017 è pari a 44,6 miliardi di euro sui 46,3 miliardi complessivi. Si tratta di 4,5 miliardi in più di quanto vendiamo negli Stati Uniti, il doppio di quanto viene spedito e fatturato nel Regno Unito e in Spagna, tre volte e mezza rispetto a quanto esportiamo in Cina (che è “solo” all’ottavo posto tra i principali partner dell’Italia).
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Meccanica strumentale al top nell’export
Che cosa “piace” in particolare al mercato francese di quanto viene prodotto in Italia? Mettendo in fila i dati Istat relativi al 2017 – ultimo anno completo, per il momento – si scopre che al vertice dei settori ci sono i macchinari, vale a dire la cosiddetta “meccanica strumentale”: apparecchiature e impianti che servono per produrre altri beni; questa voce vale 6,3 miliardi di euro. I mezzi di trasporto sono al secondo posto di questa particolare classifica, con un valore di poco superiore ai 6 miliardi di euro. Sul terzo gradino del podio un altro settore in rappresentanza dell’hard economy: la metallurgia, che con 5,34 miliardi supera di poche decine di milioni il settore della moda, il quale esporta per 5,26 miliardi. Curiosità, forse: l’Italia vince anche la sfida sull’agroalimentare e bevande , visto che nel 2017 hanno preso la via della Francia prodotti made in Italy per 3,8 miliardi, contro i 3,5 miliardi di euro di importazioni in questo comparto.
Milioni di Tir in transito tra i due Paesi
Per trasportare tutte queste merci, nella maggior parte dei casi la via è quella di terra: strade o ferrovia. A fine ottobre 2018, l’Agi ha pubblicato un fact cheking sulle affermazioni del commissario straordinario di Governo per la Torino-Lione, Paolo Foietta, confermando sostanzialmente le sue affermazioni con una verifica sui dati. Foietta, ospite di Radio Anch’io su Rai Radio 1 il 30 ottobre, ha dichiarato: «I dati (…) dicono che ci sono 44 milioni di tonnellate che passano ai valichi con la Francia (…) contro i 38 che passano i valichi con la Svizzera. La differenza è che mentre il 97% del traffico ai valichi con la Francia passa su camion, e solo il 7% passa su ferrovia, in Svizzera il 70% passa su ferrovia». Il commissario parlava di 3,5 milioni di veicoli pesanti in transito, il report della Commissione Ue su cui si basa la verifica Agi ne quantifica 2,9 milioni. Il dato (relativo al 2017) è comunque elevato e in crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente.
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La vecchia linea satura e da rifare e la direttiva Ue
Il nodo, sottolineato a più riprese da chi è favorevole all’Alta velocità con la Francia – parte, è bene ricordarlo, di un asse europeo ampio, che serve a connettere in orizzontale mezza Europa al di sotto delle Alpi – è che oggi è impossibile trasferire più merci dirette in Francia sulla ferrovia perché la linea e il traforo attuale è saturo, risale all’800 e andrà adeguato (i treni merci attuali hanno lunghezze non compatibili con i vecchi trafori: la politica svizzera, in questo senso, insegna). Uno scenario che, di per sé, suona paradossale se affiancato all’opposizione alla nuova linea in gran parte già finanziata. Su questa situazione incombe la direttiva Ue che impone di trasferire su rotaia il 30% delle merci (l’Italia è enormemente indietro); inoltre la l’Agenzia europea per l’Ambiente calcola che l’inquinamento prodotto dal traffico ferroviario è 3,5 volte inferiore, per tonnellata-chilometro, a quello prodotto dal traffico su strada. Oggi, come detto, solo il 7% delle merci dirette in Francia utilizza la ferrovia, ma prima dello sviluppo dell’alta velocità tra Milano e Roma solo il 36% dei viaggiatori sceglieva il treno e oltre il 50% preferiva l’aereo; con lo sviluppo dell’alta velocità e della concorrenza le proporzioni si sono invertite : su dieci persone che si spostano tra Milano e Roma circa sette scelgono il treno.
La competitività passa anche dalla Tav
Export e competitività vanno a braccetto. Tant’è vero che nel difficile – e incompleto – recupero dagli anni della crisi iniziata nel 2008-2009 le commesse estere sono state quelle che hanno tenuto in piedi l’economia italiana. Oltre la metà dei prodotti manifatturieri esportati dall’Italia sono diretti in Paesi dell’Unione europea: il 55,4% del totale nel 2017. Francia, Belgio, Paesi Bassi, Spagna – mercati che potrebbero beneficiare di collegamenti più efficienti per trasferire le merci su rotaia verso l’Europa occidentale – assorbono prodotti made in Italy per circa 90 miliardi: il 37,7% di quanto prende la via del partner Ue; un quinto di quanto l’Italia vende in tutto il mondo.
Alla mobilitazione delle imprese del Nordovest, a Torino, il 3 dicembre 2018, Roberto Zucchetti, docente dell’Università Bocconi, ha dato una dimensione di numeri al discorso Tav e alla valenza più ampia del collegamento che non si limita certo a connettere Torino e Lione: « La frontiera verso Francia Spagna Portogallo e parte di Inghilterra vale 205 miliardi all’anno . Lo sviluppo passa dalle infrastrutture. La Tav non è una scelta tecnica ma politica e culturale. L’Alta velocità in Italia ha mosso un movimento turistico impensabile prima. Le grandi opere incidono sulla vita quotidiana».
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