Tavolo tra tutti gli ex ministri dell’Agricoltura: Italia capofila per qualità e sicurezza alimentare
Gli obiettivi emersi del primo incontro voluto da Lollobrigida: dalla tutela degli interessi italiani in Europa al valore strategico degli approvvigionamenti
di Alessio Romeo
3' di lettura
Tutti convocati. «Perché i ministri cambiano ma gli obiettivi comuni devono restare». Solo l’anagrafe o cause di forza maggiore hanno impedito la piena partecipazione al primo tavolo con tutti gli ex ministri dell’Agricoltura della storia repubblicana convocato dall’attuale titolare del dicastero, Francesco Lollobrigida, «per fare il punto sulle priorità del settore» in un momento storico in cui il mondo riscopre il valore strategico della sicurezza alimentare troppo a lungo dato per scontato, soprattutto in Europa e grazie proprio alla vecchia Politica agricola comune.
Un’iniziativa sicuramente lodevole a patto che possa avere un carattere strutturale e non episodico. E infatti al termine dell’incontro Lollobrigida ha detto di voler istituzionalizzare il tavolo che si è tenuto il 21 giugno allo storico ministero di via XX settembre, a due passi dalla sala intitolata a Cavour. Presente tutta la memoria storica dell’agricoltura italiana e anche chi solo di passaggio ha deciso poi di cambiare mestiere: all'iniziativa hanno aderito, in ordine dal più recente, gli ex ministri Stefano Patuanelli, Maria Teresa Bellanova, Maurizio Martina, Nunzia De Girolamo, Mario Catania, Francesco Saverio Romano, Luca Zaia, Paolo De Castro, Gianni Alemanno, Alfonso Pecoraro Scanio, Walter Lucchetti – che ha dovuto lasciare subito prima del tavolo –, Adriana Poli Bortone, Alfredo Luigi Diana e Calogero Mannino. Quest'ultimo impossibilitato però a essere presente per le condizioni di salute. Come i leghisti Giancarlo Galan e Gian Marco Centinaio. All'appello mancavano solo, a ritroso nel tempo, Michele Pinto e Giovanni Fontana.
Le sfide che ha davanti il settore sono enormi e coincidono con quella globale della sostenibilità, perché come gli eventi drammatici più recenti – dall’emergenza climatica alla crisi ucraina – stanno dimostrando, alla geopolitica del cibo sono legate a doppio filo anche la tenuta delle democrazie e i fenomeni migratori. Sicuramente le indicazioni arrivate da questo primo incontro saranno più che utili, da chi è ancora protagonista sui tavoli comunitari, come il due volte ministro De Castro, oggi europarlamentare e relatore della riforma europea delle indicazioni geografiche, su cui l’Italia si gioca la leadership in un settore che vale a livello europeo 80 miliardi di euro, o Mario Catania che ha avviato la battaglia per la legge contro il consumo di suolo che oggi resta un'emergenza nazionale, come dimostra l'ultima alluvione in Emilia Romagna, ma trova anche una prima risposta a esempio nei finanziamenti Pnrr appena approvati all'agrisolare, con i pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici agricoli che indicano la strada corretta – a proposito di sovranità – per implementare le energie rinnovabili in Italia senza danneggiare, anzi in sinergia, con la produzione agricola.
L’Europa orfana del multilateralismo – che garantiva stabilità dei redditi e specificità delle produzioni nazionali – sta ora pagando il conto più salato dell'inflazione alimentare ed è alla ricerca di un nuovo modello di politica agricola, superata in competitività dal Farm Bill statunitense con le sue sovvenzioni alle maxi-aziende Usa ma anche dalla Cina che per garantire la propria sicurezza alimentare sta continuando a comprare terreni in Africa e da paesi come il Brasile con meno vincoli sulla produzione e un quasi monopolio ormai sul mercato delle proteine vegetali.
In questo scenario però l'Italia, che a fine luglio ospiterà il secondo vertice Onu sui sistemi alimentari, può diventare capofila nella difesa della sicurezza alimentare europea. Coniugando la difesa della sovranità alimentare, intesa come certezza e garanzia degli approvvigionamenti di cibo, con la difesa della qualità. Il vero filo conduttore del contributo italiano può essere infatti individuato nella difesa delle produzioni di qualità.
«L’Italia – ha detto Lollobrigida al termine dell’incontro – ha avuto un ruolo centrale nello spiegare al mondo il valore strategico della qualità. Sicurezza alimentare non significa solo cibo per tutti ma buon cibo per tutti. Dobbiamo sostenere la produzione nei paesi in via di sviluppo e allo stesso tempo difendere la sovranità alimentare dell’Europa a prescindere dalle crisi geopolitiche. I ministri cambiano ma devono rimanere i punti di convergenza sugli obiettivi. Uno dei motivi di ottimismo – ha aggiunto – è la capacità di convergere sulla difesa degli interessi italiani fuori dai nostri confini e soprattutto in Europa. Le nostre produzioni sono le più sostenibili, i nostri agricoltori sono gli ambientalisti per eccellenza, dobbiamo valorizzare il ruolo delle nuove biotecnologie per aumentare la produzione senza consumo di suolo, su questo vogliamo lavorare sia in Italia che in Europa».
Paradossalmente proprio l'Europa, con la progressiva rinazionalizzazione della Pac a partire dalla riforma del 2003 che con il disaccoppiamento ha sganciato gli incentivi dalla produzione per vincolarli al rispetto di sempre nuovi parametri ambientali, apre nuovi spazi di manovra di politica agricola a livello nazionale per riorientare alcune produzioni di fronte all'emergenza climatica. Come sta già avvenendo in molte aree del Sud con l'introduzione di colture tropicali. Cercando di conciliare produttività e qualità. Mercato globale e Made in Italy.
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