Tax credit, nuovo piano per sostenere l’audiovisivo
Fra le modifiche del Mic anche premi per chi impiega attori e registi italiani. Borgonzoni: «Una revisione per restituire alla misura la sua forza propulsiva»
di Andrea Biondi
3' di lettura
Nuovi requisiti di accesso per le imprese e per le opere; aumento della quota data in acconto che passa dal 40 al 50% delle spese; lotta alle “rifatturazioni” da soggetti con sede legale fuori dal territorio nazionale, che magari fanno sponda per questo con aziende con sede in Italia. E infine anche premialità per chi nelle proprie opere internazionali utilizza registi o attori principali italiani. In discussione c’è anche la possibilità di estendere le agevolazioni ai produttori non indipendenti (collegati ai broadcaster) europei.
Il ministero della Cultura si appresta a una revisione del tax credit per l’audiovisivo. In cui è proposta anche una linea specifica per le start up e una per i videoclip, oltre al tax credit “tradizionale” per i produttori indipendenti che operano con continuità nel settore. Per questo il Mic ha inviato ad associazioni rappresentative un documento con le proposte pensate, conferma al Sole 24 Ore il sottosegretario al Ministero della Cultura con delega su cinema e audiovisivo, Lucia Borgonzoni, per dar luogo a «una revisione in grado di restituire forza propulsiva a una misura che è stata finora di grande aiuto. E che vogliamo che lo sia sempre di più». E dalle associazioni il Mic si aspetta un contributo di idee, per definire nel dettaglio alcuni temi ancora non pienamente risolti.
A disposizione, in tutto, la legge Cinema mette circa 740 milioni all’anno. Ora sul tavolo degli addetti del settore arriva il documento posto in consultazione «per una decina di giorni» puntualizza il sottosegretario Borgonzoni, pensato per intervenire su un meccanismo che sta dando risultati, ma «nella convinzione di dover aiutare le imprese senza disperdere risorse, peraltro in un momento come questo in cui la produzione audiovisiva vive una fase d’oro e il rischio di sprecare forze e risorse diventa concreto se non si chiarisce al meglio il quadro delle possibilità e degli interventi».
Il primo cambiamento sta nella definizione di requisiti di accesso che prima d’ora non c’erano. Per le imprese, spiega la sottosegretaria, «occorre aver realizzato nei cinque anni precedenti la presentazione della domanda almeno 3 opere per un costo totale medio di 1,5 milioni o, in alternativa, di un’opera con costo sopra i 5 milioni». I produttori dovranno anche dimostrare un investimento proprio oppure un interesse, già agli atti, di un distributore cinematografico o comunque di un fornitore di servizi media audiovisivi. «Il modo per valorizzare al meglio questa misura – sottolinea il sottosegretario Borgonzoni – è dedicarla non a chi prende soldi e scappa o fa opere solo per usufruire del tax credit e senza un futuro in sala o un seguito. In questo modo si sposta in alto l’asticella della qualità. Che è cosa necessaria e importante per tutto il settore» di cui al momento «si vede un andamento positivo. C’è richiesta, i produttori lavorano e c’è addirittura un mismatch nei profili lavorativi». A conferma di questa spinta ci sono anche tutti gli investimenti su allargamento degli studios esistenti (come fatto da Lux Vide) o annuncio di nuovi (come rivelato dall’imprenditore Tarak Ben Ammar).
«Quello che vogliamo è anche tutelare le fasce più deboli», spiega ancora Borgonzoni in riferimento alle misure per start up e videoclip. Ma l’intento è anche di mettere fine a possibili meccanismi fraudolenti. Le rifatturazioni dall’estero ne sono un esempio. C’è anche l’idea di non considerare più nel computo le spese fatte all’estero. Oggi quel limite è al 20 per cento.
«Altro tema su cui riflettere – aggiunge il sottosegretario – è quello dei diritti. C’è necessità di mettere a punto un meccanismo in grado di tutelare i produttori indipendenti in questo senso, soprattutto a fronte delle richieste delle piattaforme che chiedono diritti perpetui: così facendo si rischia solo di trasformare il settore in una platea di produttori esecutivi».
Per le aziende più piccole l’acconto sale al 50% dal 40 precedente. «Abbiamo pensato anche a innalzare l’aliquota per le spese “sopra la linea” per le produzioni internazionali che impiegano registi o attori principali italiani.È giusto che il governo intervenga per creare le migliori condizioni per chi opera e può far progredire il settore nel nostro Paese».
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