Sostenibilità

Teatri verdi: quando l'ecologia dà spettacolo, da Stromboli all'Alaska

Spettacoli delivery, palcoscenici con impianti alimentati a pedali, performance accompagnate da gesti concreti per l'ambiente: l'arte riparte dalla natura

di Alexis Paparo

Un momento dello spettacolo “Prometeo”, di e con Vittorio Continelli (in foto), in scena sulla spiaggia di Stromboli nel contesto della Festa di Teatro EcoLogico, che dal 25 giugno al 5 luglio ha in programma la sua settima edizione.

6' di lettura

«Se manchiamo di rispetto a qualcuno o a qualcosa è perché non ne riconosciamo il valore, o perché ci fa paura. È la la fight or flight reponse. Adesso, o aggrediamo l'ambiente, riducendolo ai nostri bisogni, oppure scappiamo, proteggendoci dalla tecnologia. Ma se ci fosse una terza possibilità, il flirt? Che cosa succede se ci mettiamo a flirtare con l'ambiente?». Alessandro Fabrizi - regista, attore, direttore artistico della Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli - pone una questione che è la linea guida della manifestazione che cura. Ma anche uno spunto interessante per ripensare il rapporto fra teatro e ambiente.

Il 2020 è stato l'annus horribilis del mondo dello spettacolo, e il 2021 ne è ancora completamente investito, ma è interessante osservare come le più forti - sebbene piccole - sacche di resistenza alla situazione si siano sviluppate grazie alla capacità del teatro di recuperare un dialogo con i luoghi naturali, e di proporsi anche come veicolo di un nuovo sentire ecologico, con formule che in futuro potrebbero affiancare quelle più classiche, o portarle a trasformarsi.

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Uno dei modelli più semplici e funzionali è stata la declinazione in formato delivery, con bicicletta e zaino. Un'idea dell'attore Ippolito Chiarello che ha creato le Usca (Unità Speciali di Continuità Artistica) per riaffermare il ruolo della cultura come “bene di prima necessità”, portata avanti a Milano da Marica Mastromarino e Roberta Paolini. Sono state fra le prime ad aderire al format, nel dicembre scorso: adesso le Usca sono più di 60 in Italia. Dante, Rodari, Goldoni, Stefano Benni, Dario Fo - o anche fuori menu su commissione - arrivano su prenotazione ovunque all'aperto: nei cortili condominiali, nelle terrazze, in un giardino privato, in un parco. Rendendo l'ambiente comprimario, parte della conversazione.

Un momento di barbonaggio teatrale delivery di Ippolito Chiarello.

«A un regista che decide di portare una produzione a Stromboli - continua Fabrizi - dico: usa i luoghi per farti ispirare, non intervenire con gli elementi scenografici, dagli la possibilità di guidare la prossemica, i movimenti degli attori, di determinare dove si siederà il pubblico”. Quando a un luogo viene data una voce succedono cose straordinarie, mi racconta, e sorride mentre rievoca un episodio della Tempesta di Shakespeare che ha diretto per l'edizione 2016 della Festa. «La rappresentazione era in spiaggia, e il mare era davvero in tempesta. A un certo punto, nel momento in cui Prospero rinuncia alla bacchetta, arriva un'onda che si abbatte sul pubblico, e questo si alza come se fosse un solo uomo. Nessun regista avrebbe mai potuto organizzare una cosa del genere».

La Festa di Teatro Eco Logico, di cui è in programma la settima edizione dal 25 giugno al 5 luglio, è una manifestazione che non utilizza energia elettrica per l'illuminazione e l'amplificazione. Dieci giorni in cui Stromboli diventa un laboratorio di idee e di scambi fra isolani, turisti che si trovano lì per caso, pubblico arrivato per l'occasione e attori, musicisti, scrittori, scienziati, filosofi. Il tema dell'edizione 2021 è l'eros, e l'evento portante sarà la lettura del Simposio di Platone, insieme al confronto sui temi che saranno risvegliati da questa lettura. Potrebbe sembrare un ritorno al passato, ma secondo Fabrizi è un muoversi verso il futuro. «Non c'è niente di male nell'utilizzare la tecnologia, ma penso che ogni epoca abbia i suoi bisogni e adesso ci sia la necessità di reinventare l'evento dal vivo, spogliandolo anche dei suoi rituali imposti». Il modello è interessante perché affronta la sostenibilità di petto, immergendo attori e pubblico nella pratica ecologica, ma senza calarla in un contesto dichiaratamente didattico. «In questo senso, mi sono accorto di essere stato molto ispirato da una scrittrice non sospetta, Virginia Woolf. Non si è mai occupata direttamente di ecologia, ma tanta parte della sua scrittura è dedicata alla narrazione degli eventi naturali che così acquistano peso, valore».

Clara Bergamo e Natalia Martinez Sagan in “HomoSapiens” di Chantal Bilodeau, presentato al Planck Estudio di Buenos Aires come evento della biennale Climate Change Theatre Action del 2017.

Lo stesso avviene nei lavori della drammaturga canadese Chantal Bilodeau, pioniera nella scrittura di spettacoli focalizzati sul cambiamento climatico, a cui ha scelto di dedicare la sua carriera. La scintilla scatta dopo un viaggio in Alaska nel 2007, a un anno dall'uscita del documentario di Al Gore An Inconvenient Truth, che pure l'aveva toccata, «ma mai come vedere con i miei occhi i cambiamenti che l'artico sta già affrontando. Lì accade tutto più velocemente e in maniera più impattante, vedi il ghiaccio assottigliarsi, senti le persone parlare di migrazioni». Torna a casa con l'idea di scrivere un'opera, poi il progetto si trasforma in un ciclo di otto, una per ogni Paese dell'Artico, di cui due già complete: Sila e Forward. Insieme formano The Arctic Cycle. Attorno al progetto, negli anni, è nata la compagnia omonima di cui Bilodeau è direttore artistico, ormai un punto di riferimento internazionale sul tema. Per Bilodeau il teatro è lo strumento giusto per parlare di ambiente perché «può trasformarle in storie in cui le persone possono identificarsi, di cui possono vedere gli effetti direttamente sul palco». Al contempo, sottolinea che è importante non focalizzarsi sugli scenari più apocalittici e sensazionalistici. Bilodeau crede che la chiave per normalizzare i temi ecologici sia renderli ovunque parte della conversazione, a teatro come nel cinema e nella letteratura. «Magari citare in un film che un personaggio lavora come installatore di pannelli solari, oppure portare in scena un libro sull'ambiente».

Uno degli strumenti che The Artic Cycle ha pensato per allargare la discussione al mondo è la biennale Climate Change Theatre Action, in cui vengono commissionate 50 performance di 5 minuti che, da fine marzo, saranno a disposizione di chiunque voglia rappresentarle nei giorni della manifestazione, questo autunno. Per calare l'arte in un contesto pratico «chiediamo sempre di accompagnare ogni rappresentazione a un gesto concreto per l'ambiente: che si tratti di piantare alberi, coinvolgere studenti, organizzare un appuntamento pubblico con uno scienziato», conclude Bilodeau. (Il 28/4 Bilodeau, sarà ospite del webinar di Climate Change Theatre: Play your part! , il progetto online interdisciplinare sul clima dell'Università Statale di Milano).

Una delle bici che alimentano il format “teatro a pedali” della compagnia Mulino ad Arte.

Tornando in Italia, un bel modello di sostenibilità applicata al teatro sia come luogo fisico che come spazio concettuale è proposto dalla compagnia Mulino ad Arte. Il suo direttore artistico, Daniele Ronco, mi guida attraverso i tanti progetti: l'ultimo lavoro Un Pianeta ci vuole; il format “teatro a pedali”, un sistema di co-generazione elettrica collegato a 15 biciclette che alimenta l'impianto audio-luci del palcoscenico grazie alla pedalata del pubblico; il processo di riconversione del centro polifunzionale di Piossasco (To), l'ex mulino della città, in quello che vuole essere il primo teatro green a tutto tondo d'Italia; la call nazionale per premiare la migliore sceneggiatura sulla crisi climatica, che diventerà uno degli spettacoli del Festival teatrale eco sostenibile organizzato dalla compagnia a luglio e, si spera, della tournée estiva. L'ultimo progetto lanciato è il canale digitale dedicato alla sostenibilità ambientale Green Stream, alimentato dal teatro a pedali, con tre format: la Greenchiesta, l'intervista “tagliente” a un ospite noto; Planet Expert, un tavolo di idee con esperti ambientali (l'ospite della prima puntata, il 14 aprile, è Roberto Cavallo) e le notizie a tema eco interpretate da Ronco. Poi c'è il grande sogno nel cassetto: riattivare la ruota del mulino del teatro e produrre energia pulita per alimentarlo. Già oggi, la gestione dello spazio è improntata verso il rispetto dell'ambiente. L'illuminazione e l'impianto cinematografico a basso impatto, le scenografie interamente di recupero, la biglietteria e la cartellonistica digitale, la razionalizzazione degli spostamenti di compagnia e personale.

Il set della Greenchiesta, uno dei format di Green Stream, il canale digitale di Mulino ad arte dedicato alla sostenibilità ambientale. Gli elementi di scena sono realizzati con materiali di recupero ed eco-compatibili dallo scenografo Jacopo Valsania.

«Vogliamo diventare un punto di riferimento per chi vuole intraprendere un percorso di conversione anche tecnologica e organizzativa», spiega Ronco. «Il tema è percepito come divisivo, come una nicchia, invece è il contenitore di tutto. Mi ritrovo molto in una citazione di Jonathan Safran Foer: “la sostenibilità non fa show”. Questa provocazione è diventata la mia sfida». Come? «Il mio primo spettacolo eco è del 2015 e si chiama Mi abbatto e sono felice. Ha avuto oltre 150 repliche, vinto quattro premi e mi ha dato lo slancio per indirizzarmi verso questo tema. Ma via via ho capito che la chiave per avvicinare il pubblico alla sostenibilità è parlarne sempre meno, diminuire i dati, arrivare al cuore delle persone facendo loro vedere che un altro mondo non solo è possibile, ma è più bello, è necessario».

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