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Tebas: «La Liga spagnola rischia di perdere 1 miliardo»

Tebas, numero 1 della Liga, quantifica in 1 miliardo la perdita in caso non si tornasse a giocare. Messi e Ronaldo? I grandi giocatori aiutano ma non sono essenziali

di Dario Ricci

5' di lettura

Una videoconferenza con i media internazionali, per far sentire al mondo del calcio il ruggito (e il peso economico e politico) della Liga, in una Spagna sfregiata dalla pandemia ma che pure pensa già alla ripartenza, anche attraverso quel calcio che pure non poche responsabilità (almeno indirette) ha avuto nel propagarsi del virus, visti gli incroci “pericolosi” nelle coppe europee tra Valencia, Atalanta, Atletico Madrid e Liverpool.
Parla quindi Javier Tebas, 57enne numero 1 della Liga, e lo fa a tutto campo, tra bilanci, calendari titoli da assegnare, calciomercato.

Perdite stimate
«Se non torniamo a giocare - ha spiegato Tebas - l’impatto economico sarà negativo per 1 miliardo di euro, inclusi i ricavi che i club non riceverebbero dalle coppe europee; se invece giocheremo a porte chiuse la perdita sarà di 300 milioni (150 milioni giocando con il pubblico). Per quanto riguarda i diritti tv in Liga abbiamo incassato il 90% del totale. Se non dovessimo più giocare, oltre a rinunciare al 10% mancante dovremmo restituire il 18% di quanto abbiamo già incassato».
Numeri imponenti, colonne portanti a 9 zeri dei ragionamenti che ne derivano.

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Calendario
Il primo, quello più interessante per i tifosi, riguarda non tanto il “se”, ma il “quando” si tornerà a giocare. Cancellare la stagione «non è un'opzione sul tavolo», ha infatti chiarito Tebas. «Sono allo studio 2 possibilità. La prima è quella di giocare allo stesso tempo le competizioni nazionali e quelle internazionali; la seconda di partire con quelle nazionali, ai primi di giugno sperando di chiudere in luglio, e di completare poi le coppe europee tra luglio e agosto. Non penso che prima del 26 aprile torneremo a fare allenamenti regolari. Con la Uefa - ha proseguito Tebas - stiamo analizzando differenti scenari. Il più probabile prevede la ripresa il 29 maggio, altrimenti il 6-7 giugno, o il 28 giugno. Dobbiamo vedere soprattutto cosa succederà ad aprile; per la chiusura della stagione non vorremmo andare oltre il mese di agosto, ed è ovvio che tutto questo condizionerà il calendario della prossima stagione».
Insomma, la linea è la stessa della altre maggiori leghe europee: si farà di tutto e di più per concludere l'annata, per evitare (grosse) beghe legali, assegnare i titoli per merito sportivo, lasciare meno insoddisfatti sponsor e fans.

Prima stoccata
Da torero esperto e smaliziato, Tebas ha poi infilato una banderilla nella schiena di quei presidenti che, a tutte le latitudini, sembrano voler cavalcare la pur drammatica ondata della pandemia per tutelare non tanto la salute dei propri dipendenti, ma puri interessi di bottega. «Noi vogliamo finire la stagione e siamo sicuri che lo faremo. Probabilmente a porte chiuse, quello sì, ma la stagione va finita. Il dibattito è sterile: finché c'è tempo per finire la stagione quello deve essere l'obiettivo. Ed è curioso, il caso vuole che i club che vogliono chiudere qui la stagione siano quelli del fondo della classifica, quelli che lottano per non retrocedere. Posso assicurare che nessun grande o medio campionato ha intenzione di annullare la stagione, chi ne parla lo fa per interessi personali».

Taglio degli ingaggi
«Siamo in un momento di crisi eccezionale, imprevedibile e di enorme impatto – ha evidenziato il boss della Liga -. Tutti perdono soldi, mi sembra normale che vengano ridotti anche i salari dei giocatori. In Spagna non abbiamo trovato un accordo con il sindacato, la nostra trattativa si è arenata il 6 aprile. Al momento 8 club della Liga (prima e seconda divisione, ndr) hanno chiesto l'Erte (cioè gli Expedientes de regulación temporal de empleo, un meccanismo già esistente che permette temporaneamente alle imprese di sospendere i contratti di lavoro, e le misure previste nei singoli contratti a determinare le riduzioni salariali), ma nei prossimi giorni tutte le nostre squadre attiveranno protocolli di riduzione salariale, o attraverso l'Erte o con accordi individuali con i propri giocatori. Lavoriamo sul presente per salvare il futuro del calcio. E ricordo che il calcio spagnolo non ha intenzione di ricorrere ad aiuti statali, dobbiamo essere indipendenti economicamente».

Accordo saltato
Parole, quelle sui compensi dei calciatori, figlie del mancato accordo sul tema con l'Assocalciatori iberica. Nel caso della Primeira division, i giocatori hanno proposto una riduzione del 20% nel caso in cui non fosse ripreso il campionato, di cui il 10% sarebbe stato restituito loro durante la stagione successiva. Nel caso in cui si torni a giocare, sia a porte chiuse sia a porte aperte, non c'era motivo secondo loro di rinunciare a qualsiasi importo. Per quanto riguarda la Segunda è stata proposta una riduzione dell'8%, mentre un altro 8% è stato restituito la scorsa settimana. A questo punto, poiché non esiste un contratto collettivo, alcuni club stanno appunto ricorrendo agli Erte.

Niente sconti
La situazione attuale ha portato l'Uefa ad allentarne le maglie, ma Tebas tiene ben alti gli argini del fair play finanziario : «Si è parlato della sua abolizione, ma ci sono voci decisamente contrarie, per esempio quella della Bundesliga. Penso che alcune date andranno modificate, per esempio quelle relative alla presentazione di alcuni documenti o quelle dei pagamenti obbligatori prevedendo un piccolo ritardo, ma nulla di più. La struttura a mio avviso deve restare in piedi perché se qualcuno inizia a non pagare la cosa avrà un effetto domino. Faccio un esempio: entro il 30 settembre i club della Liga devono ricevere 350 milioni per affari passati. Se non dovessero riceverli potrebbero trovarsi a loro volta nelle condizioni di non adempiere ai propri impegni economici e si metterebbe a rischio l'intero sistema. Se lasciassimo degli Stati investire per dire 1 miliardo in un club rischiamo di trasformare squadre di calcio in Stati, e personalmente non sono d'accordo. Si creerebbe un divario economico enorme. E poi se io lascio investire 1 miliardo a qualcuno e non controllo il suo debito il rischio economico è enorme».

La Liga oltre Messi
Spazio anche al calciomercato («le cui date andranno comunque riviste», anticipa Tebas), facendo finta per qualche istante che nulla, intorno, sia cambiato. «Non penso che l'arrivo di Messi (magari all'Inter, come ipotizzato il 6 aprile dall'ex patron nerazzurro Massimo Moratti in un'intervista, ndr) possa risolvere i problemi della Serie A, che sono legati alla pessima relazione tra debiti, alti, e incassi, insufficienti. Le cifre della Serie A sono stressate, e questi problemi economici non li risolve certo Leo Messi. A me piacerebbe che Messi rimanesse qui, ma se dovesse andare via non sarebbe un dramma: si diceva che senza Cristiano Ronaldo, la Liga avrebbe perso soldi, e invece ne abbiamo guadagnati, persino in Portogallo. I grandi giocatori aiutano ma non sono essenziali per un campionato».
Seconda (alla serie A) e terza (a CR7 e la Pulce insieme) stoccata del torero Tebas, pronto a rituffarsi nell'arena per portare al sicuro il calcio iberico, di fronte alla sua sfida più difficile.

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