Techedge diventa Avvale e punta a 500 milioni di ricavi entro il 2025
La società di servizi digitali per le pmi fondata nel 2004 da Domenico Restuccia pronta ad assumere 800 persone nel 2023, di cui il 60% in Italia
di Giovanna Mancini
3' di lettura
C'è un'anima olivettiana in Domenico Restuccia, ingegnere di origini siciliane, ma dal marcato accento torinese (a Torino ha studiato e si è laureato), che vive tra Chicago e Milano, dove ha il suo quartier generale la società da lui fondata nel 2004, Techedge, azienda di digital business transformation che in nemmeno 20 anni ha raggiunto i 300 milioni di euro di fatturato (con una tasso di crescita composto superiore al 20%) e superato i 3mila dipendenti in 20 uffici presenti in Europa, Nord e Sud America e Arabia Saudita.
Altri 800 (di cui il 60% circa in Italia) se ne aggiungeranno in questo 2023, anno in cui il gruppo ha cambiato il proprio nome in Avvale e prevede di crescere ancora fino a raggiungere a raggiungere i 330 milioni di euro per via organica. A cui si aggiungeranno le possibili nuove acquisizioni (almeno una pare certa), che seguiranno le tre realizzate da Techedge tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022.
«Tra crescita organica e inorganica, il nostro obiettivo è arrivare a 500 milioni di euro di ricavi entro il 2025», precisa Restuccia, che dell’ingegnere dice di avere «la razionalità e la disciplina che mi permette di non demordere», ma che dalla cultura classica ha imparato «ad avere una visione sul lungo termine».
Ci ha visto lungo, in effetti, quando nel 2004, dopo lo scoppio della bolla informatica, intuì che la rivoluzione digitale sarebbe comunque proseguita e su quella decise di investire, fondando la propria azienda dopo una lunga esperienza in Olivetti e Realtech (società tedesca di software). Una visione olivettiana, appunto, che nella tecnologia vede uno strumento che deve essere governato, non subito. «La tecnologia di per sé è neutra, la differenza è nel modo in cui vogliamo usarla – spiega Restuccia -. In un momento come questo, in cui si parla molto di intelligenza artificiale e delle sue conseguenze, per noi è fondamentale avere la capacità di avvalersi delle tecnologie in modo positivo, usando l’ingegno».
Ecco quindi il nuovo nome, Avvale, dalla radice latina di «valeo» (avere forza, essere capaci di), che non è solo un’azione di «rebranding», ma risponde all’esigenza di dare un’identità comune forte a un’organizzazione aziendale cresciuta tantissimo negli ultimi anni e divenuta complessa, articolata e globale.
Globale come le aziende che Avvale aiuta a digitalizzarsi e crescere tramite i propri servizi, con l’obiettivo di renderne più efficienti ed efficaci i processi organizzativi e produttivi. «Ideiamo e realizziamo soluzioni per incrementare la produttività o le vendite attraverso rapporti più stretti con i clienti e i fornitori», spiega Restuccia. «Parte del nostro successo in questi anni è dovuto alla forte crescita del mercato digitale, che ha reso possibile la globalizzazione – spiega il ceo -. Tuttavia, noi siamo stati bravi a seguire i bisogni dei nostri clienti, ampliando la nostra offerta, intercettando o anticipando le esigenze del mercato».
Oggi la nuova sfida si chiama sostenibilità: «Noi riteniamo che le tecnologie digitali e i principi dell’economia circolare siano i due mezzi più efficaci che hanno le aziende per raggiungere il proprio obiettivo e conciliare sostenibilità e profitto», dice ancora il ceo di Avvale. Ma per riuscirci occorre ripensare radicalmente non solo i propri prodotti, bensì l’intero processo di progettazione, produzione, commercializzazione e anche recupero e riutilizzo dei prodotti stessi. A questo scopo vengono in supporto le tecnologie digitali, ma servono soprattutto persone in grado di «avvalersi di questi strumenti».
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