«Tecnologia italiana per studiare l’universo e combattere i virus»
Direttore scientifico di Gsi e Fair
di Raoul de Forcade
3' di lettura
«Sia chiaro: non sono un cervello in fuga ma in prestito (alla Germania, ndr), per le cose che ho fatto in Italia». Paolo Giubellino mette scherzosamente i puntini sulle “i” nel raccontare il percorso che lo ha portato a diventare direttore scientifico dell’istituto di ricerca a partecipazione pubblica Gsi (Gesellschaft für Schwerionenforschung) di Darmstadt nonché del progetto internazionale Fair (Facility for antipron and ion research), su cui è impegnato lo stesso Gsi: un acceleratore di particelle tra i più estesi e sofisticati al mondo, per lo studio della fisica nucleare e dei materiali. Un progetto sul quale si concentra molta tecnologia made in Italy.
Giubellino è un fisico nucleare dell’Infn (attualmente in congedo) ed è stato responsabile per sei anni dell’esperimento Alice del Cern, all’interno dell’acceleratore di particelle Lhc di Ginevra, dedicato alla collisione di nuclei.
Grazie a questo curriculum, lo scienziato torinese è approdato in Germania, al vertice di Gsi appunto, uno dei centri più rilevanti al mondo («e il più importante in Europa», spiega) nel campo della fisica nucleare, con circa 1.500 dipendenti. Oggi Giubellino lavora dal lunedì al venerdì a Darmstadt e il fine settimana raggiunge la famiglia a Torino.
«Gsi e Fair – chiarisce – sono due entità distinte: il primo è di proprietà dello Stato tedesco, del secondo la Germania è azionista per il 70%, mentre il restante 30% è detenuto da altre nove nazioni e la quota maggiore è della Russia, che ha il 17%. Altri Paesi collaborano a diverso titolo. A Fair partecipano complessivamente oltre 3mila scienziati, provenienti da tutti i continenti. Per armonizzare le due strutture è stato deciso di affidarle a un’unica direzione scientifica». Per la quale è stato scelto appunto Giubellino. Fair sarà composto da 20 acceleratori che sono in corso di realizzazione su un’area di circa 150mila metri quadrati, in uno spazio vicino all’edificio di Gsi. Nel 2019 è stata avviata la fase zero di sperimentazione con acceleratori esistenti e nel 2025 è previsto l’avvio dei nuovi acceleratori di Fair. Il progetto ha un valore di 3 miliardi di euro.
Asg Superconductors è una delle realtà italiane che partecipano attivamente al progetto (ma ce ne sono anche altre, come la Ocem di Bologna e la squadra dell’Infn di Genova che fa capo a Pasquale Fabbricatore e quella dell’Infn e dell’università di Salerno) e forniture di magneti vengono anche da società tedesche, francesi, spagnole e russe. La commessa acquisita dall’azienda ligure dei Malacalza riguarda la realizzazione di 31 magneti nell’arco di circa otto anni (100 mesi) e ha un valore non divulgato ma che ammonta a diverse decine di milioni.
«Dato che Fair prevede l’utilizzo di 20 acceleratori che richiedono componenti innovative – racconta Giubellino – non solo ci siamo affidati, per realizzarli, a produzioni estere ma abbiamo guardato all’esterno anche per il loro sviluppo. Ad Asg è stata chiesta una collaborazione industriale di qualità superiore alla norma, perché comprende appunto anche la parte di sviluppo».
Le macchine che entreranno in servizio a Darmstadt, prosegue Giubellino, «sono diverse da quelle del Cern, che lavorano per avere la massima energia. Le nostre opereranno per avere il top dell’intensità di fasci. I magneti di Ginevra devono raggiungere il più alto campo magnetico possibile, quelli di Fair sono pensati per arrivare a campi magnetici meno elevati ma rapidamente: abbiamo bisogno che facciano molto in fretta per avere moltissima intensità. Supponiamo di guardare un oggetto: l’acceleratore di particelle in questo caso è una semplice lampada che produce fotoni e interagisce con l’oggetto. In questo caso l’occhio sarà il rilevatore e il cervello farà l’analisi dei dati che si guardano. Se voglio vedere più a fondo aumento l’energia da fotoni e uso ad esempio i raggi x, come fa, per paragone, il Cern. Oppure, se voglio guardarlo nel dettaglio, mi serve una lampada più forte, con più fotoni ed è questo il processo che applichiamo noi. In gergo si dice che vogliamo più luminosità nei fasci di particelle; e per averla facciamo accelerare più volte le particelle». L’obiettivo finale è riprodurre in laboratorio i processi che, nella storia dell’universo hanno portato alla formazione degli elementi.
Ma l’applicazione degli studi della fisica nucleare, conclude Giubellino, è anche utile in medicina: «Proprio qui al Gsi è stata sviluppata una terapia oncologica con fasci di nuclei che ora viene utilizzata negli ospedali per determinati tipi di tumori. Inoltre il responsabile del nostro settore di biofisica, un altro italiano, Marco Durante, sta studiando la possibilità di usare fasci nucleari per devitalizzare virus , compreso quello del Covid, e creare vaccini sempre più efficaci».
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