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Tecnologico in alta quota il nuovo Bivacco Camardella firmato CMR

Il gioiello hi-tech è stato inaugurato ufficialmente ai primi di luglio a 3364 metri sul ghiacciaio Rutor, in Val d’Aosta, e dedicato alla memoria di Edoardo Camardella, travolto da una valanga sul Monte Bianco nel 2019 con l’amico Luca Martini

di Maria Chiara Voci

4' di lettura

Costruire in alta montagna significa, per uno studio di architettura, sfidare le proprie competenze. Logistica, scelta di forme e materiali per resistere a condizioni climatiche estreme, durabilità, esigenze di manutenzione: sono solo alcune delle variabili con cui occorre confrontarsi, in una sorta di progetto-laboratorio di sperimentazione che coinvolge professionisti (spesso con saperi complementari) e aziende. È accaduto così per la realizzazione del bivacco Camardella, l’ultimo avveniristico edificio firmato da Massimo Roj e Progetto CMR e inaugurato a inizio luglio: meno di 9 metri quadrati per 4,30 di altezza, ubicati a 3.360 metri di altitudine, nel cuore del ghiacciaio valdosano del Ruitor, che sovrasta La Thuile. Un'opera simbolica, realizzata in memoria del maestro di sci e alpinista Edoardo Camardella e dell’amico Luca Martini, travolti il 30 novembre 2019 sul Monte Bianco dal distacco di una slavina.

La struttura

Questa piccola, grande struttura ha un contenuto innovativo così avanzato da competere, in termini di difficoltà realizzativa, con immobili ben più grandi e famosi. Un aspetto di cui abbiamo chiacchierato con l’architetto Roj in occasione dell’inaugurazione, per raccontare ai nostri lettori un aspetto diverso del taglio del nastro appena avvenuto. Un punto di vista che spiega bene lo sforzo, reale, di tutta la cordata di attori che ha lavorato alacremente per arrivare all’obiettivo di un piccolo gioiello hi-tech.

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«Dopo che mi è stato proposto di prendere parte a questa straordinaria iniziativa, ho disegnato 13 diversi schizzi – racconta Massimo Roj, amico della famiglia di Edoardo da sempre –. Fra tutti, in un confronto aperto fra amici e parenti, abbiamo scelto il progetto finale. L'elemento su cui tutto ha sempre giocato è stata la dualità. Due blocchi speculari, perché i ragazzi che sono morti sono due amici e il bivacco è posizionato al punto di incontro fra due valli, quella di Digne e Grisanche, e fra due Paesi, cioè l’Italia e la Francia». Dal disegno in avanti, è stata una sfida che ha visto coinvolti professionisti e aziende.

«Inizialmente avevo immaginato un’opera fatta di legno e lamiera – continua Roj –. Tuttavia, considerate le peculiari caratteristiche del luogo e dopo aver effettuato una serie di simulazioni con il gruppo di ricerca di ingegneria del vento del Politecnico di Milano, che ha le camere di simulazione e si è confrontato anche con l'aeronautica francese, abbiamo compreso che per resistere a sollecitazioni che possono arrivare a 280 km/h e a temperature che raggiungo i 40 gradi sotto zero, la struttura doveva essere realizzata in acciaio e doveva essere ancorata nel terreno profondo».

Sistemi innovativi

Per consolidare il piccolo manufatto sono stati realizzati con una trivella, trasportata come un carico speciale, 12 fori profondi 5 metri ciascuno al di sotto non solo della roccia, ma del permafrost e sono stati fissati con un prodotto a base cementizia studiato per far presa su superfici ghiacciate. I due corpi del bivacco, progettato con la consulenza tecnica dei professionisti di Ariatta ingegneria e Faces Engineering, sono sollevati dal suolo e poggiano su una struttura in acciaio necessaria a contrastare il dislivello del piano scosceso del ghiacciaio del Ruitor e minimizzare gli effetti diretti delle intemperie. I due blocchi sono stati assemblati in stabilimento e trasportati la scorsa estate in loco con un elicottero speciale. Oltre all’impresa di costruzioni Gualini, società operativa del gruppo Costim, hanno collaborato tante aziende e sponsor privati. «Per consentire il trasporto - prosegue Roj - abbiamo dovuto progettare tenendo conto della portanza del mezzo, che oltretutto diminuisce mano a mano che cresce l'altitudine e aumenta la temperatura. I blocchi, secondo i calcoli iniziali, avrebbero dovuto pesare al massimo 2.400 kg l’uno, ma all’ultimo momento un rialzo dei gradi ci ha costretto a scendere a 1.900 kg per blocco. Significa che abbiamo dovuto smontare tutto il superfluo, per poi riallestirlo in una fase successiva». La struttura in acciaio è rivestita da una lamiera di alluminio dello spessore di 2 mm circa e contiene un pacchetto di doppio strato in legno e doppio strato di isolante in modo da garantire il miglior comfort termico possibile. La facciata che guarda verso il Monte Bianco ha un serramento a misura con uno speciale triplo vetro per garantire isolamento termico in condizioni estreme, in modo da conservare una temperatura sufficientemente calda all’interno del Bivacco. La porta del Bivacco è di norma utilizzata per imbarcazioni ed è a tenuta stagna. «Anche gli infissi sono ad alta tecnologia - prosegue Roj -. Per far sì di poter trasportare in quota un vetro che dentro ha una camera d'aria senza il rischio di frantumarlo, abbiamo dovuto progettare una serie di microvalvole di sfiato speciali, così da ridurre la pressione mano a mano che salivamo».

Il Bivacco è, infine, dotato di pannelli solari che non hanno una struttura rigida, ma sono costituiti da una membrana che può essere utilizzata come rivestimento esterno, infatti sono collocati prevalentemente in copertura e su una delle facciate. Una soluzione indispensabile per controllare il peso dei singoli blocchi e perché questo tipo speciale di pannelli solari non fa leva con la carica del vento e non si stacca con le temperature che scendono sotto lo zero. Sotto al fabbricato sono alloggiate le batterie di accumulo che raccolgono energia alimentando il sistema di riscaldamento a serpentina e l’illuminazione. Il piccolo manufatto, oltre a dare riparo agli alpinisti, è anche una stazione meteo che rileva temperatura, velocità del vento e pressione atmosferica: è dotata di una telecamera 360° gradi e ogni 10 minuti fotografa la situazione nei dintorni in tempo reale, con dati che vengono immediatamente messi in rete e condivisi, anche (e non solo) per la sicurezza di chi affronta la montagna. Un modo per restituire, simbolicamente, un senso alla scomparsa dei due giovani, che identificati nei due corpi di cui è composto il rifugio si tengono per mano, con lo sguardo verso l’orizzonte, custodi del ghiacciaio che sovrasta La Thuile.

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