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Tecnologie digitali e smart per il futuro della mobilità

San Francisco, Stoccolma, Helsinki, Singapore e Zurigo i casi virtuosi. Milano prima città in Italia. Grandi aspettative dal Pnrr che mette sul piatto circa 14 miliardi

di Chiara Bussi

(AFP)

4' di lettura

Sul gradino più alto del podio c’è San Francisco, seguita da Stoccolma e Helsinki. Subito dopo Singapore e Zurigo, balzata di cinque posizioni in un solo anno. Sono le prime cinque città del mondo che si mettono in luce per la mobilità smart, sostenibile e a misura di persona. Lo rivela l’ultima edizione dello Urban Mobility Readiness Index a cura di Oliver Wyman Forum e dell’università di Berkeley che hanno passato in rassegna 60 centri urbani a livello internazionale sotto le lenti di impatto sociale, infrastrutture, innovazione, efficienza e appeal di mercato. Se si pensa che i trasporti sono responsabili del 18% delle emissioni e che da qui al 2050 circa il 68% della popolazione vivrà nelle grandi città, la battaglia per l’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica si gioca anche qui e le tecnologie sono un abilitatore chiave di questa svolta.

La top 5

Ognuna delle metropoli della top 5, come mostra il report, ha il proprio fiore all’occhiello: San Francisco si distingue per la capacità di attrarre player, con un alto tasso di innovazione, Stoccolma e Helsinki sono leader nella mobilità sostenibile, con soluzioni multimodali e focus sull’elettrico, mentre Singapore e Zurigo spiccano per il sistema di trasporto pubblico.

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«Non esiste - dice Federico Ucci, partner di Oliver Wyman - un’unica ricetta per la mobilità urbana, ma sostenibilità, connettività e convenienza stanno ridisegnando i modelli esistenti e le città devono impegnarsi per sostenere questa transizione». In molti casi, prosegue, «una robusta rete di mezzi pubblici può fare la differenza: i cittadini apprezzano un trasporto efficiente e le città devono offrire i giusti incentivi se vogliono spostare le abitudini verso scelte più sostenibili abbandonando quell’approccio auto-centrico che le ha sempre caratterizzate». Anche la capacità di attrarre imprese attive nella mobilità o la presenza di università di alto livello sono elementi in grado di migliorare le posizioni. «Gli agglomerati urbani che guardano maggiormente al futuro - afferma Ucci - si sono dotati di roadmap ambiziose basate su ricerca e innovazione. Ma le nuove soluzioni richiedono sempre investimenti significativi, spesso provenienti da privati».

La digitalizzazione, precisa Ucci, «ha un ruolo importante nello sviluppo della mobilità, in quanto offre un ampio spettro di applicazioni, con il potenziale di rendere gli spostamenti urbani più efficienti, connessi e allineati alle necessità dei cittadini». A fare da apripista è stata Singapore, con la messa a punto di sistemi di gestione smart del traffico e nelle prove di guida autonoma su strade pubbliche. San Francisco ha invece introdotto tecnologie che ottimizzano l’occupazione dei parcheggi e riducono le congestioni. Mentre Londra (decima in classifica), ha sfruttato la rete wi-fi gratuita nelle sue metropolitane per tracciare gli spostamenti dei passeggeri. Se poi si esamina il settore del trasporto pubblico o dei veicoli connessi alla rete e automatici, «non c’è dubbio - dice il partner di Oliver Wyman - che le soluzioni di mobilità digitale, integrate con le tecnologie dei veicoli elettrici, miglioreranno la mobilità urbana. Un utilizzo su larga scala di queste tecnologie permetterà alle città di ottenere risultati migliori impiegando meno risorse».

Per trovare una città italiana (Milano) bisogna scivolare al 31esimo posto. «In realtà - spiega Ucci - non si tratta di una cattiva performance. La competizione al vertice è dura e ogni città punta a offrire le soluzioni migliori sulla mobilità. Inoltre, l’attrattività del mercato e l’efficienza dell’intero sistema hanno permesso a Milano di risalire la classifica rispetto al 33esimo posto ottenuto nel 2022». Il capoluogo lombardo «dispone di infrastrutture e di una rete di trasporto pubblico di ottimo livello, ma il tessuto urbano e culturale della città è ancora troppo improntato al trasporto con auto privata, a scapito dei mezzi di mobilità sostenibile, come la bicicletta». Per scalare posizioni, aggiunge Ucci, «sarà necessario potenziare ulteriormente le infrastrutture suburbane interconesse di parcheggio e la rete di piste ciclabili. Altrettanto importante sarà riuscire a promuovere investimenti privati innovativi nell’ambito della mobilità, incentivando la creazione di start-up in grado di sviluppare nuove soluzioni. Se la città proseguirà in questa direzione sarà in grado di raccogliere i benefici di questi incentivi nel prossimo futuro».

I progressi in Italia

Anche in Italia, dunque, qualcosa si muove. Lo confermano le ricognizioni del Politecnico di Milano. A fine 2022 il mercato della smart mobility (escluse le soluzioni di mobilità elettrica) nel nostro Paese vale 340 milioni di euro, il 48% in più rispetto a un anno prima. «Il dato incoraggiante – spiega Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio Smart City, di quello Internet of Things e del Connected Car & Mobility - è che il 47% dei Comuni sopra i 15mila abitanti ha avviato almeno un progetto in questa direzione. Tra le soluzioni adottate più diffuse ci sono ad esempio i parcheggi con servizi di localizzazione per evitare code, semafori intelligenti e smart mobilty». Guardando ai prossimi 12 mesi l’81% del campione intende avviare progetti sulla mobilità elettrica, il 61% sulla sharing mobility, il 39% sulla gestione del traffico e dei parcheggi (37 per cento). «Le nuove frontiere di più breve termine - sottolinea Salvadori - sono quelle legate alla cosiddetta ”mobility as a service”, un’unica app in cui far confluire tutti i servizi, mentre nei prossimi dieci anni dovrebbe decollare il filone della guida autonoma». Non è un problema di risorse. Il Pnrr prevede circa 14 miliardi per la mobilità smart, ma bisogna saper cogliere questa opportunità per fare un salto in avanti. «Occorre sviluppare - conclude Salvadori - una progettualità a 360 gradi che coinvolga i vari assessorati, mentre oggi la gestione è spesso verticale. La vera sfida è valorizzare i dati raccolti grazie all’uso di queste tecnologie per migliorare i servizi in futuro».

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