Tecnologie emergenti per lo sviluppo sostenibile
Nesta Italia indica le priorità per rispondere alle sfide sociali e ambientali fissate dall’Onu e rese urgenti dalla pandemia. Zappalorto: «Partiamo dal terzo settore»
di Alessia Maccaferri
4' di lettura
Mentre l’Italia era ignara della pandemia che di lì a poco l’avrebbe travolta, a fine gennaio del 2020 uscì nelle librerie un volumetto dal titolo «Prevenire», sottotitolato: «Solo soluzioni globali, preventive e lungimiranti possono risolvere i tre debiti del genere umano: socio-economico, ambientale e cognitivo». Co-firmato da Roberto Cingolani, scelto ora da Mario Draghi per occupare la posizione di vertice al nuovo ministero per la transizione ecologica.
Laureato in Fisica, una carriera come direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, prima di passare a Leonardo, Cingolani mette assieme le competenze scientifiche con una visione della società a molte dimensioni. Il tempo dirà se Draghi ha riposto la fiducia le mani nella persona giusta. Ma di certo sulla carta la scelta di partenza è coerente: nei giorni scorsi ha parlato di transizione ecologica, concetto che non si limita all’ambiente. «Dobbiamo pensare all’ecologia della mente, della società, cioè a un sistema che si regga in piedi con delle regole armoniche». Lo ha spiegato nell’ambito della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, strumento con cui l’Italia ha declinato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile con i 17 obiettivi.
Il target è il terzo settore
Ora, però, una volta definito lo scenario, si tratta di comprendere come procedere. Ovvero: come rispondere a queste sfide ambientali e sociali? Come fare in modo che le tecnologie siano davvero abilitanti per le persone? Come possono le tecnologie innovare le modalità con le quali rispondere alle nuove domande che pongono il welfare, il lavoro, la sanità, la scuola? «Fino a qualche anno fa le tech for good erano un ambito per addetti ai lavoro. Da tempo volevamo lanciare un programma strutturato e con il primo lockdown ci siamo resi conto che era giunto il momento in cui era urgente fornire strumenti adeguati al terzo settore» spiega Marco Zappalorto, alla guida Nesta Italia.
La non profit, nata per volontà dell’omonima fondazione britannica dedicata all’innovazione sociale, ha lanciato Social Tech Lab, programma pluriennale con il supporto di Compagnia di San Paolo, nel contesto di Torino Social Impact. Il primo risultato è un report «Tecnologie emergenti per lo sviluppo sostenibile», rivolto prevalentemente al terzo settore. «Stiamo organizzando momenti di ascolto e formazione per comprendere i bisogni del terzo settore e gli ambiti in cui la tecnologia può avere un impatto. Lo faremo assieme a grandi Ong e coinvolgendo le organizzazioni non profit minori. Poi lanceremo delle challenge per individuare i provider di tecnologia più adatti e stimolare in questo modo sinergie virtuose», aggiunge Zappalorto. Di fatto Nesta Italia si pone come facilitatore di queste sinergie, forte anche del patrimonio che sta acquisendo con il progetto europeo Starts: grazie al supporto di Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt, Nesta sta costruendo uno Starts Regional Centre in Piemonte, un hub che promuove collaborazioni tra imprese, centri culturali, artisti e centri di ricerca. Per ora si sono fatti avanti Centro Nexa, Comau, Iren, Isi Foundation, Politecnico di Torino, Top-Ix,Celi.
Team multidisciplinari e human centered approach
Il report sulle tech for good - nato dalla collaborazione con Impactscool, Istituto Italiano di Robotica e Macchine Intelligenti , Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, Isinnova, Fondazione Bruno Kessler, Uqido, Associazione Italiana Sviluppo Marketing - propone alcune raccomandazioni per il futuro. Uno dei temi cruciali è la collaborazione in team multidisciplinari di esperti dei problemi individuati - dalle scienze sociali al design, dalla filosofia dell’informazione all’ingegneria - e delle implicazioni della tecnologia digitale. Per quanto riguarda le modalità di progettazione, Nesta suggerisce di adottare l’ user- e human centered approach, basato sull’idea di partire dai bisogni della persona/utente. Per non disperdere le energie viene suggerito poi di fissare obiettivi e di indicatori di impatto, in modo che i progressi e le ricadute siano verificabili e misurabili step-by-step ed ex post.
Mix di tecnologie il robot AlterEgo
Inoltre Nesta suggerisce di combinare tecnologie emergenti tra loro e con soluzioni consolidate in modo da raggiungere i risultati in maniera il più trasversale possibile e sfruttando il potenziale dei singoli strumenti in modo complementare. Il caso studio è quello del robot AlterEgo, sviluppato dal Centro E. Piaggio dell’Università di Pisa e dall’Iit: è un robot avatar comandato a distanza, che si comporta come un alter ego degli umani per portare assistenza in remoto, per esempio in periodi come quello di una pandemia, in cui l’essere vicini espone al rischio di contagio, o per esplorare territori pericolosi, come luoghi colpiti da terremoti. Di fatto per questo robot si combinano l’esperienza degli operatori sanitari, la robotica e la realtà virtuale.
Connettere soluzioni emergenti
Consapevole della complessità della conoscenza e adottando il principio ecologico anche ai processi, Nesta propone di «consolidare e connettere le soluzioni emergenti che rispondono allo stesso problema: non solo rispetto alle tecnologie digitali, ma rispetto a tutti i tipi di soluzioni individuate per il raggiungimento di un paradigma di sviluppo sostenibile», evitando così il rischio di frammentazione. In questa direzione viene presa a esempio OpenMined, descritta nel capitolo su blockchain. Si tratta di una comunità open-source che ha permesso di connettere più di diecimila collaboratori per creare un nuovo paradigma di analisi dati che ne tutela la privacy. La diffusione di dataset condivisi può accelerare la ricerca scientifica, come mostrato durante la pandemia di Covid; OpenMined fornisce un ecosistema di open data che consente agli scienziati di accedere a banche dati condivise e condurre ricerche e studi collaborativi e decentralizzati.
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