Tecnologie a impatto sociale guidano lo sviluppo sostenibile
Al Social Innovation Campus di Fondazione Triulza, (9-10 febbraio) si presentano le coop e le start up reduci da un percorso di capacity building
di Alessia Maccaferri
I punti chiave
3' di lettura
I semi erano stati piantati nel 2015 sotto il simbolico Albero della Vita. Dopo sette anni, Fondazione Triulza - rete di una settantina di organizzazioni italiane del terzo settore e dell’economica civile nata alla vigilia di Expo - giunge a maturazione nel contesto di Milano Innovation District (Mind), il polo della scienza sull’area dell’Expo. E proprio in questo crogiuolo la fondazione sta guidando cooperative e start up a vocazione sociale nella sperimentazione di tecnologie che non solo efficientino i servizi ma creino processi di trasformazione nel modo stesso in cui i servizi stessi vengono erogati.
Perché ormai le social tech sono imprescindibili per creare un reale impatto in settori strategici, dalla scuola al welfare, dall’educazione alla qualità della vita.
Il sostegno della finanza
Al Social Innovation Campus (9-10 febbraio), promosso da Fondazione Triulza, 22 tra cooperative e start up sociali - che hanno intrapreso un percorso di accompagnamento - si presenteranno davanti a stakeholder, aziende e investitori riuniti nella giuria di un contest. «Le realtà del terzo settore sono attente all’impatto ma spesso hanno bisogno di essere rafforzate dal punto di vista tecnologico e di innovazione - spiega Chiara Pennasi, direttrice di Fondazione Triulza - Così abbiamo pensato di immergerle nell’ecosistema di Mind affiancando delle competenze manageneriali, di finanza e tecnologiche». Il progetto di Social Tech si è strutturato e comincia ad attirare l’attenzione della finanza. Tanto che il sostegno è arrivato non solo da Fondo Sviluppo-Confcooperative, Coopfond-Legacoop e General Fond-Agci (che investono per 3 anni) ma anche da Unicredit: l’istituto è partner di Fondazione Triulza perché Start Lab, la piattaforma di business di UniCredit dedicata all’innovazione, riserva ora una particolare attenzione al segmento verticale dell’impact innovation, chiamando a raccolta e sostenendo progetti imprenditoriali di questo tipo. Perché il fenomeno crescente è l’attenzione a servizi e prodotti a impatto sociale e ambientale al di fuori del perimetro del terzo settore: dalla finanza con l’impact investing, i criteri Esg e il crowdfunding, dal mondo delle imprese come startup a vocazione sociale o le imprese benefit che incorporano nello statuto la missione a impatto. La capacity building è resa possibile dalla “banca delle competenze”, una rete multi-disciplinare di professionisti. Inoltre l’edizione di quest’anno di Social Tech si è concentrata su realtà che hanno già componente tecnologica importante.
Analisi dei dati ed efficienza dei flussi
Che i tempi per le social tech siano maturi lo testimonia anche TechSoup Italia. «La richiesta maggiore è relativa all’analisi dei dati sia per sapere come sta andando l’organizzazione sia per misurare i risultati. Sono dati necessari sia per essere vicini ai beneficiari e ai collaboratori sia per prendere decisioni sempre più accurate e pertinenti» spiega Fabio Fraticelli, direttore operativo dell’impresa sociale che accompagna il terzo settore nella trasformazione digitale. Ora TechSoup ha avviato una collaborazione con Aiccon su un progetto di valutazione di impatto relativo alla Fondazione Alessandro Pavesi di Napoli. La questione è comprendere gli effetti delle attività proposte sui ragazzi, in particolare sull’andamento scolastico. Forte del suo sapere accademico e di esperienza con il terzo settore Aiccon ha curato la metodologia, ovvero ha individuato i criteri di valutazione di impatto, mentre TechSoup è il partner tecnologico per la presa dati e la loro visualizzazione. Questo approccio integrato consentirà di avere output che potrebbero essere usati a fini scientifici, per esempio sul tema dell’abbandono scolastico.
Richieste di formazione sulle competenze arrivano anche sull’efficienza dei processi che sottende la loro reingegnerizzazione e in alcuni casi la loro automazione. «Quest’ultimo aspetto era visto con pregiudizio da un settore che pone al centro la relazione umana - spiega Fraticelli - Ora invece, le mutate condizioni di contesto con il lavoro a distanza e l’adozione di strumenti come il cloud stanno facendo ripensare al modo in cui si lavora».
E vista l’accelerazione della trasformazione digitale delle non profit a seguito della pandemia, mancano anche figure personale dedicate: per questo ImpactSkills sta per lanciare No code for Good, un percorso intensivo per diventare sviluppatori di prodotti e servizi digitali per gli enti sociali senza la necessità di utilizzare linguaggi di programmazione
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