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Tecnopolo di Piacenza, sarcofago egizio scannerizzato e mappato in 3D

Un robot ha fotografato e rilevato la superficie il reperto senza toccarlo. L’operazione permette di lo studiarne lo stato di conservazione e di replicarlo

1' di lettura

Al Tecnopolo di Piacenza un sarcofago di 3000 anni fa è stato scannerizzato da un robot, per mapparne la superficie, capire meglio il suo stato di deterioramento, studiarlo nei dettagli e anche replicarlo utilizzando una mappatura in 3D. Il tutto senza toccarlo e quindi senza comprometterne la fragile struttura: una frontiera interessante per la ricerca archeologica. Ne dà notizia l'agenzia di informazione e comunicazione della giunta regionale.

Come funziona la scannerizzazione? Il computer ruota attorno all'oggetto a 360 gradi, fotografandolo con una telecamera e rilevandone la superficie senza entrarne in contatto. Si ottiene così la geometria del sarcofago ad alta precisione, una “nuvola di punti”, che consiste nella mappatura digitale in 3D.

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I vantaggi di questa operazione sono molteplici: fornisce informazioni precise sullo stato di conservazione (dati che possono essere utilizzati per creare supporti per le esposizioni o per il trasporto), permette un confronto con altri reperti dello stesso genere per la comprensione più approfondita delle tecniche costruttive, e infine rende possibile realizzare una replica del manufatto.

Il sarcofago proviene da Luxor, risale al 900-800 a.C. e appartiene ad Ankhekhonsu, sacerdote di Amon e scriba. È stato donato nel 1885 alla città di Bergamo da Giovanni Venanzi, console d’Italia ad Alessandria d’Egitto. Custodito nel museo archeologico della città lombarda, è arrivato a Piacenza in occasione della mostra Egitto Svelato, appena conclusa al Palazzo Gotico di Piacenza. Il sarcofago è stato sottoposto a scannerizzazione grazie a un’azione congiunta tra il Comune di Piacenza, l'Istituto Europeo del Restauro e il Consorzio Musp, (Macchine utensili e sistemi di produzione).

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