Telecamere di sorveglianza: oltre il 90% non è conforme
Tra i problemi rilevati da Federprivacy anche la scarsa diffusione al Sud del Data protection officer (Dpo) nelle imprese che installano apparecchiature di sorveglianza
di Alessandro Galimberti
2' di lettura
Oltre un sesto delle sanzioni delle Authority europee in materia di privacy (177) riguarda l'installazione e/o la gestione di telecamere di sorveglianza. All'indomani dell'operazione “Rear window” della Polizia postale e della procura di Milano - 11 persone indagate per accesso abusivo a sistemi informatici in associazione per delinquere, obiettivo i sistemi di videosorveglianza di hotel, locali pubblici e privati, craccati e venduti sul web - una ricerca di Federprivacy rivela che la stragrande maggioranza dei dispositivi installati non sarebbe in regola.
Solo l’8% del campione (su un totale di 2.017 persone scelte tra i contatti dell’ente) entrato in un esercizio pubblico dotato di un sistema di videosorveglianza, dichiara di aver trovato esposta una regolare informativa che avverta in modo chiaro e trasparente della presenza di telecamere, corredata dei giusti riferimenti normativi.
“captazioni” mal segnalate
Non è un problema da poco. La regolamentazione europea (Gdpr) recepita nella nostra legislazione nazionale a partire dal 2017 prevede infatti obblighi molto chiari a carico di chi “capta” e tratta informazioni personali - come nel caso, ma non solo, delle telecamere - e soprattutto contempla sanzioni importanti. A questo proposito, se è vero che la nostra Authority (il Garante della Privacy) è finora intervenuta sul tema con il contagocce (solo 8 provvedimenti), la media pecuniaria delle sanzioni elevate sfiora però i 27.500 mila euro, per un totale incassato di 219 mila euro. Niente comunque rispetto all’attivismo dei colleghi spagnoli, che nei 93 procedimenti portati ad esito contro i sistemi di intercettazione abusivi (o non adeguatamente segnalati agli utenti) hanno inflitto multe per 3 milioni di euro (34 mila euro la media per sanzione). L’80% delle multe inflitte dalle Authority europee - in totale circa 4,1 milioni - è stato incassato a Madrid.
Gap culturale da recuperare
In attesa delle (probabile) stretta sui controlli anche del Garante italiano, la rilevazione statistica di Federprivacy sottolinea che, nonostante i cinque anni di vigenza del Gdpr, nel nostro Paese c’è ancora un gap culturale notevole sulla materia. Basti pensare che nel 38% dei casi rilevati dalla ricerca non c’è alcun cartello che mette a conoscenza il cittadino della presenza delle telecamere in luoghi pubblici o privati vigilati, e nel restante 54% dei casi l’interessato prende atto che è esposto un cartello senza le informazioni necessarie o del tutto inadeguate. Problema che riguarda però anche i gestori e addirittura gli installatori di apparecchiature di sorveglianza: su un campione di 1.127 operatori intervistati dopo aver partecipato a una sessione formativa in materia privacy, solo il 46% ha ammesso di rendersi conto di avere a che fare con temi complessi e che comportano rischi elevati di esposizione alle pesanti sanzioni.
Ulteriore campanello d’allarme è la diffusione della presenza di una figura di Data protection officer (Dpo) nelle imprese che installano apparecchiature di sorveglianza: nel Sud solo il 3% dichiara di averlo, contro il 61% del Nord Ovest e il 24% del Nord Est.
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