Telecom, il rally non è finito: il dossier nel radar dei fondi
Secondo voci Kkr, ma anche Cvc ed Eqt stanno valutando l'ingresso nella partita. Tra le ipotesi anche un'Opa, ma la società finora non ha ricevuto nulla dagli Usa.
di Antonella Olivieri
3' di lettura
Gran trambusto intorno a Telecom, nel bel mezzo a una ridda di voci, indiscrezioni, messaggi, che si riflette in andamenti sulle montagne russe del titolo in Borsa, addirittura sospeso più volte per eccesso di rialzo. Più che rumori, un boato, l’ultima sulla tormentata compagnia telefonica dà un gruppo di fondi di private equity in manovra, pronti a valutare un’Opa.
Le voci che circolano diffusamente in ambienti finanziari parlano di Kkr - l’operatore di private equity Usa che è già presente in FiberCop con il suo fondo infrastrutturale - ma anche di Cvc (che in teoria è un concorrente) e del fondo svedese EQT. Kkr un anno fa ha pagato 1,8 miliardi per rilevare il 37% di FiberCop, la newco nella quale è stata scorporata la rete secondaria di Telecom da convertire dal rame alla fibra, e ha il legittimo interesse a tutelare il proprio investimento.
Da qui a lanciare un’Opa ce ne corre, ma, interpellato sulle voci riprese anche dai media, un portavoce europeo del gruppo ha opposto il classico no comment.
Qualche settimana fa effettivamente nel settore si diceva che alcuni fondi di private equity avessero guardato al dossier Telecom: per guadagnarci, considerato che il debito (non l’indebitamento netto) è ancora superiore a 29 miliardi, il gruppo dovrebbe essere fatto a pezzi.
Ma come è possibile che si intervenga in questo modo su una società che detiene asset protetti dal golden power, rete in primis? Le voci hanno una risposta anche per questo e chiamano in causa la Cdp. Fonti vicine alla Cdp fanno sapere però che dal lato della Cassa la cosa è destituita di fondamento.
I colloqui con Kkr
È uscita anche l’indiscrezione che qualche giorno fa l’ad di Telecom, Luigi Gubitosi, si sarebbe recato a Londra a colloquio con Kkr. Evento sul quale non si sono raccolte nè conferme nè smentite da entrambe le parti, ma che non si fa fatica a immaginare credibile dato che i contatti tra i due partner, impegnati sulla rete in Telecom, sono per ovvie ragioni frequenti. Sulle agenzie di stampa internazionali è stata accreditata anche la disponibilità di Kkr ad aumentare la propria quota in FiberCop o a investire in altri asset. Ma un portavoce Telecom, in relazione a questa ipotesi, ha commentato che «al momento la società non prevede una riduzione della quota in FiberCop».
La posizione di Vivendi
Da parte loro i francesi di Vivendi, primo azionista Tim con una quota che sfiora il 24%, hanno fatto sapere - da Parigi tramite un portavoce - di non essere a conoscenza di piani di Kkr per aumentare la loro quota in FiberCop. La media company che fa capo a Vincent Bollorè monitora comunque da vicino la situazione dopo la delusione sull’andamento dei conti.
Il titolo che la settimana scorsa, sull’inatteso profit warning, era sceso sotto i 31 centesimi, si è ripreso da giovedì quando nessuno ha smentito l’ipotesi che Telecom fosse pronta a cedere il controllo della rete pur di realizzare l’integrazione con Open Fiber (società della rete in fibra, dove Cdp sta per salire al 60%). Ieri, complici anche le ricoperture per il timore di sorprese nel weekend, la corsa è continuata. Tra più di una sospensione per eccesso di rialzo le quotazioni hanno toccato un massimo di 0,3555 euro, il 9% in più del giorno prima, per poi ripiegare a 0,3412 euro, in progresso del 4,76% dalla chiusura precedente.
Il faro della Consob
La Consob sta monitorando andamento del titolo e flussi informativi, ma per il momento non sono emersi eventi price sensitive che giustificassero ulteriori interventi. Telecom del resto non avrebbe ricevuto nulla da Kkr, altrimenti avrebbe dovuto comunicarlo.
Se non succederà nulla nel week-end, il prossimo appuntamento ufficiale sarà quello del consiglio di giovedì 11, convocato su richiesta dei due consiglieri di Vivendi e di tre altri consiglieri indipendenti per discutere di strategie e eventuale riorganizzazione. Un appuntamento troppo lontano per placare le voci che coinvolgono anche posizioni di vertice nell’organigramma, inverificabili per i no comment di rito.
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