generazione “impegno”

Tempo scaduto, ora ci ascoltate

Il successo della frase-tormentone “Ok boomer”, diffusa sui social dai 20/30enni, riflette la frustrazione di una generazione stufa degli stereotipi. Che prova ad alzare la voce e a combattere con i mezzi a sua disposizione

di Manuela Stacca

Greta Thunberg effigiata come una paladina d'altri tempi e portata in trionfo durante una manifestazione ambientalista “Fridays for Future”

3' di lettura

Negli ultimi due, tre mesi è impossibile non aver notato un meme che ha preso piede sui social, e non solo. Si tratta di “Ok boomer”, lanciato negli Stati Uniti su TikTok, il social per eccellenza della Generazione Z – i nati tra la metà degli anni Novanta e la fine del Duemila –, come risposta sarcastica e polemica alle opinioni paternalistiche e retrograde dei cosiddetti baby boomers – i nati tra la metà degli anni Quaranta e Sessanta. Esempi: «I giovani non sanno fare sacrifici», «Ok boomer»; «Scioperano solo per saltare la scuola», «Ok boomer»; «Make America Great Again», «Ok boomer»; e via dicendo. Il meme è diventato così virale che ha fatto il giro del mondo: ha generato canzoni, video, felpe. In Nuova Zelanda una deputata di 25 anni, Chlöe Swarbrick, lo ha persino usato in Parlamento per zittire un collega più anziano che cercava di interromperla mentre teneva un discorso sul climate change. I teenager e i Millennials – i nati tra l'inizio degli anni Ottanta e la metà dei Novanta – si sono alleati usando “Ok boomer” come atto di accusa al paternalismo degli anziani, ritenuti insensibili e colpevoli degli attuali disastri finanziari e ambientali. Il New York Times ha parlato di «fine del rapporto amichevole tra le generazioni». Ma quando mai lo è stato?

I Millennials vengono bollati come bamboccioni, pigri, choosy; i teenager come viziati, irresponsabili e dipendenti dai telefoni. Luoghi comuni, pregiudizi che hanno alimentato una narrazione che non rispecchia la dura realtà con cui devono fare i conti. La disoccupazione giovanile in Italia è al 27,8 per cento, e supera il 50 per cento al Sud; negli ultimi 25 anni – riporta il Censis – la ricchezza dei Millennials è diminuita del 34,6 per cento mentre quella degli anziani è aumentata del 77 per cento. Secondo un rapporto inglese, la Generazione Z è quella che fa meno uso di alcol e droghe, fa sesso più tardi, è più consapevole, è anche più ansiosa e depressa. Eppure, i problemi dei giovani sono assenti dall'agenda politica; e quando prendono parola nel dibattito pubblico e si impegnano in battaglie ambientaliste, femministe o antirazziste, vengono denigrati e sminuiti dalla generazione dei padri e dei nonni. Le accuse e le offese rivolte a Greta Thunberg, Alexandria Ocasio-Cortez, Carola Rackete oppure al movimento delle “sardine” italiane rientrano spesso in questo quadro: giovani donne e giovani uomini scomodi, che rompono un'immagine stereotipata.

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“Ok boomer” ha spopolato tra i ragazzi più progressisti, di sinistra, e i boomers più conservatori non l'hanno presa bene; si è parlato persino di una discriminazione degli anziani in atto. Dietro il meme, infatti, non c'è soltanto una nuova incarnazione dell'eterno scontro generazionale, ma anche una contrapposizione di visioni ideologiche, che è il riflesso della polarizzazione che connota la nostra epoca. C'è chi vi vede i contorni di una nuova lotta di classe: ne ha scritto Raffaele Alberto Ventura, nel saggio Teoria della classe disagiata; mentre Concita De Gregorio, in In tempo di guerra, ha scritto dell'impotenza di una «generazione smarrita». “Ok boomer” racchiude tutto questo: la frattura forse insanabile tra generazioni che non comunicano, non si capiscono; e l'insofferenza di giovani stanchi di subire, che ripetono «Ok, basta, il vostro tempo è finito», provano ad alzare la voce e lottano per il proprio futuro con i mezzi di cui dispongono. Semplicemente, pretendono di essere rispettati, ascoltati. Di essere presi sul serio.

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