Tensione Unesco-Turchia per la trasformazione di Santa Sofia in moschea
Dopo il sì del Consiglio di Stato, il presidente Erdogan annuncia la conversione in luogo di culto dal 24 luglio, ma l'organismo sovranazionale si oppone
di Giuditta Giardini
3' di lettura
Il Consiglio di Stato turco dà il via libera alla trasformazione del museo della Grande Hagia Sophia (Istanbul) in moschea accessibile soltanto ai fedeli del culto musulmano. Il supremo organo amministrativo turco si è espresso in favore della NGO islamica ((n(on)g(overnmental) o(rganization)) che aveva presentato ricorso contro un decreto presidenziale del 1934 con cui si apriva la moschea al pubblico. Nel 2019, in supporto ai ricorrenti, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha firmato un decreto per la ri-conversione del museo in moschea ritenendo “un grave errore” che quei luoghi non fossero più destinati al culto.
La vicenda fa discutere perché si tratta di un luogo sacro non soltanto per il culto islamico. Costruito nel 537 sotto l'Imperatore Giustiniano I, il padre del Corpus Iuris Civilis, fino al 1453 l'edificio fu una cattedrale cristiano-ortodossa dedicata al Logos, la parola di Dio, e sede del Patriarcato di Costantinopoli, con la sola eccezione del periodo dal 1204 al 1261 quando i crociati saccheggiarono il tempio e lo trasformarono in una cattedrale cattolica. Con la caduta dell'Impero Romano d'Oriente e la presa di Costantinopoli per mano dei turchi ottomani guidati dal sultano Maometto II, la cattedrale venne trasformata in una moschea innalzata alla Divina Sapienza e così rimase fino al 1934. Nel 1985, l' Unesco ha accolto la candidatura dell'area storica di Istanbul, in cui spiccava il museo di Hagia Sophia, iscrivendola nella lista dei Patrimoni dell'Umanità. Con la decisione della Suprema Corte amministrativa, la visita al museo sarà preclusa a tutti i soggetti professanti un culto diverso da quello islamico.
Una mossa politica
L' Economist definisce l'operato del presidente Erdogan e della magistratura come una mossa nazionalistica contraddistinta da uno spiccato favor religionis in sfregio al diritto pattizio. Secondo la testata inglese, il presidente turco starebbe preparando il terreno per le elezioni che si terranno tra due anni. Questa ipotesi spiegherebbe anche l'accentuarsi delle repressioni delle passate settimane, non soltanto contro membri dell'opposizione, ma anche contro giornalisti, attivisti per i diritti umani, tra cui due rappresentati di Amnesty International , canali televisivi e università.
Le reazioni
Appena appresa la notizia della ri-conversione, confermata dal Consiglio di Stato turco il 10 luglio, l'Unesco, che sotto la presidenza dell'ex ministro della Cultura francese, Audrey Azoulay, è diventato molto politico, non ha esitato ad esprimersi sull'accaduto con toni severi. Nel comunicato stampa sul sito Unesco si legge come l'iscrizione nel registro dei Patrimoni dell'Umanità comporta una serie di impegni ed obblighi legali. Lo Stato deve impegnarsi a preservare l'eccezionale valore culturale del sito e nessuna modifica può essere effettuata senza previa notifica all'Unesco e approvazione della misura da parte del Comitato del Patrimonio Culturale. L'Unesco non avanza solo istanze legali, ma ricorda inoltre come la fusione di elementi architettonici asiatici ed europei - derivata dalle differenti occupazioni – e quindi l'unicità dell'edificio sono stati decisivi al momento dell'iscrizione di Santa Sofia nella lista dei Patrimoni dell'Umanità. Santa Sofia sarà riaperta al culto islamico dalla preghiera del venerdì del 24 luglio, ha annunciato il presidente Erdogan nel suo discorso alla nazione, sostenendo che la riconversione in moschea del monumento simbolo di Istanbul è un «diritto sovrano» della Turchia. L'Unesco ricorda, invece, al Governo turco che uno degli impegni presi è proprio quello di garantire l'accesso a ogni individuo senza discriminazioni. Si legge sul sito dell'organizzazione internazionale: “questo requisito [il libero accesso da parte del pubblico] serve a preservare e, allo stesso tempo, trasmettere il valore universale eccezionale del patrimonio culturale e fa parte dello spirito della Convenzione del Patrimonio dell'Unesco del 1972”. Lapidario è il congedo dell'Unesco, che ribadisce la preoccupazione internazionale per le misure che sono state adottate unilateralmente e si rammentano i “molti scambi” con il governo di Ankara. La porta dell'Unesco resta aperta ad una conversazione costruttiva, “richiamiamo le autorità turche al dialogo prima che vengano prese decisioni che abbiano un impatto sul valore universale del sito.”
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